
I quattro libri sono, anzi cinque perché Prandestraller l’ho riletto sulla scia dei quattro successivi:
G.P. Prandstraller, L’intellettuale tecnico, Comunità, 1972
I. Illich, Esperti di troppo. Il paradosso delle professioni disabilitanti, Erikson, 2008 (ed or.1977)
D. A. Schon, Il professionista riflessivo. Per una nuova epistemologia della pratica professionale, Dedalo, 1993 (ed.or. 1983)

L. Mortari, Ricercare e riflettere. La formazione del docente professionista, Carocci, 2011
A. Plebe, P. Emanuele, L’euristica. Come nasce una filosofia, Laterza, 1991
Il tema del lavoro e della sociologia degli intellettuali mi ha sempre interessato, ma forse solo ultimamente ne ho capito qualcosa di più. In primis: la società moderna come società dei servizi, cioè come società di intellettuali professionisti.
Se Prandestraller mostra come l’intellettuale filosofo romantico viene sostituito dall’intellettuale tecnico, Schon, insieme a Illich, per certi versi, mostra come l’intellettuale tecnico, dopo i fasti degli anni ’60, mostri tutti i suoi limiti disabilitanti.
Per Schon è decisivo il concetto di pratica e di teoria della pratica: l’intellettuale “che funziona” è un decision-maker riflessivo, fondamentalmente un bricoleur, che interviene in situazioni di necessità a risolvere problemi insieme a tutti quelli che si aggirano intorno al problema stesso.
I mondi della pratica (educazione, infermieristica, terapia, lavoro sociale ecc. per L. Mortari) sono diversi dai mondi della tecnica, dove si aggirano gli ingegneri che risolvono con interventi di routine situazioni standard.
La vecchia epistemologia positivistica della pratica era animata da valori e scopi non conflittuali (per esempio la conoscenza), mentre la nuova epistemologia critico-razionalista della pratica è costretta ad agire in mezzo a valori e scopi conflittuali che la condizionano caso per caso.
Forse Schon direbbe che un’insegnante ha a che vedere più con un carpentiere che con un ingegnere.