
Per l’antropologo Goody quello che è universale non sono le forme artistiche tradizionali (pittura, teatro, romanzo) ma l’ambivalenza nei loro confronti che le varie società hanno mostrato nel tempo e nello spazio: ambienti sociali iconoduli e iconoclasti si sono succeduti nel tempo nello stesso luogo e si sono distribuiti variamente in luoghi diversi.
Quello che è interessante in questa prospettiva è la rottura con la tradizione di studi fondata solo sulla tradizione classica o sulla tradizione giudaico cristiana.
Goody in “Eurasia. Storia di un miracolo” spiega l’alternanza dell’egemonia mondiale tra Oriente e Occidente, in quanto società basate sulla tradizione scritta contro l’Africa per esempio in cui non è mai cresciuta autonomamente questa tradizione.
Le fasi iconodule e iconoclastiche in Goody sono basate sulle tensioni cognitive che contraddistinguono il processo conoscitivo umano. Sul lungo periodo sembra più importante l’apparato di base del processo cognitivo umano che non i fenomeni di apprendimento sociale o di trasmissione culturale. Il fatto che la rappresentazione, come ri-presentazione di un oggetto o di un’azione attraverso qualche forma di linguaggio, sia finta e manipolata porta al diffondersi della tendenza a diffidare dei prodotti rappresentativi del linguaggio.
Di solito, ma non sempre, sono state le culture aristocratiche ad amare la rappresentazione, mentre la gente comune era animata da spirito “puritano”.
Oggi alla culture del lusso si è sostituita la cultura del consumo, dove, come aveva visto Benjamin, la riproducibilità tecnica delle immagini ha messo fine alle trdizionali tendenze aniconiche o iconoclastiche.
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Un osservazione da “La logica della scrittura” : summa e glossa sono i generi scolastici per eccellenza.