
Baricco parla a pag.233 del suo I barbari di questa mutazione culturale che mette fuori gioco le figure e le tecniche del borghese colto. “[Posso dire che mi pare che questa mutazione poggi su due pilastri fondamentali: una diversa idea di cosa sia l’esperienza e una differente dislocazione del senso nel tessuto dell’esperienza. Il cuore della faccenda è lì: il resto è solo una collezione di conseguenze: la superficie al posto della profondità [dell’anima? anima=brevetto della borghesia ottocentesca], la velocità al posto della riflessione [sic!], le sequenze al posto dell’analisi, il surf al posto dell’approfondimento, la comunicazione al posto dell’espressione [letteraria?], il multitasking al posto della specializzazione, il piacere al posto della fatica. Uno smantellamento sistematico di tutto l’armamentario mentale ereditato dalla cultura ottocentesca romantica e borghese. Fino al punto più scandaloso: la laicizzazione brusca di qualsiasi gesto , l’attacco frontale alla sacralità dell’anima, qualunque cosa essa significhi”.
[189 CULTO = DISCIPLINA IRRIGIDITA]
In The Game Baricco ci dà anzitutto una cronologia della mutazione verso la quale ci stiamo dirigendo.
| 1978 | La vertebra zero = il gioco al computer [di solito si fa cominciare il post- modernismo- dal 1980] |
| 1981-1998 | Dal Commodore 64 a Google – L’epoca classica
La rivoluzione digitale nasce da tre gesti lunghi che tracciano un nuovo campo da gioco: 1. Digitalizzare testi, suoni e immagini: ridurre allo stato liquido il tessuto del mondo. E’ un gesto che va dal CD al DVD, passando per l’MP3: dall’82 al ’95. Più o meno lo stesso arco del PC 2. Realizzare il Personal computer. E’ un gesto che viene da lontano e diviene visibile a metà degli anni ’80, diventa irreversibile a metà degli anni ’90 con l’avvento di Windows 95 3. Mettere in contatto tutti i computer, metterli in rete. E’ un gesto che inizia con Arpanet nel 1969 [invenzione della posta elettronica?] e passando attraverso l’invenzione del Web [=messa in comune di tutti gli archivi realizzati= Oltremondo], arriva al traguardo con l’invenzione di Google. [gli iniziatori della mutazione] venivano per lo più da un’elite tecnica, maschile, razionale, pragmatica e se avevano talento era nella direzione del problem solving , non nell’elaborazione di sistemi concettuali [come gli Illuministi]. Quindi istintivamente affrontarono il problema dal fondo INTERVENENDO SUL FUNZIONAMENTO DELLE COSE. Iniziarono a risolvere problemi (qualsiasi, anche solo quello di mandare una lettera) SCEGLIENDO SISTEMATICAMENTE LA SOLUZIONE CHE TOGLIEVA LA TERRA SOTTO I PIEDI ALLA CIVILTà DA CUI VOLEVANO EVADERE. Non la soluzione migliore o più efficace : quella che intaccava i capisaldi della civiltà da cui si volevano liberare. Venivano da una civiltà che si fondava sul mito della fissità , della permanenza, dei confini, delle separazioni: loro cominciarono ad affrontare i problemi adottando sistematicamente la soluzione che assicurava la massima quota di movimento, di mobilità di fusione tra i diversi, di smantellamento delle barriere. Era una civiltà che stava in bilico sul punto fermo di un’elite sacerdotale cui era affidato un rassicurante sistema di mediazioni. Loro si misero ad adottare sistematicamente la soluzione che saltava più passaggi possibili , rendeva inutili le mediazioni e metteva fuori gioco tutti i sacerdoti che c’erano. Fecero questo in modo rapinoso, feroce, velocissimo e con una certa dose di urgenza, disprezzo e perfino desiderio di vendetta.Più che una rivoluzione fu un’insurrezione. |
| 1999-2007 | Da Napter all’Iphone – La colonizzazione
Sulla strada del Game niente è destinato a sopravvivere se non ha il patrimonio genetico del videogame e cioè: 1. un design piacevole e capace di generare soddisfazioni sensoriali 2. una struttura riconducibile allo schema elementare problema/soluzione ripetuto più volte 3. Tempi brevi tra qualsiasi problema e la sua soluzione 4. aumento progressivo delle difficoltà di gioco 5. inesistenza e inutilità dell’immobilità 6. apprendimento dato dal gioco e non dallo studio di astratte istruzioni per l’uso 7. fruibilità immediata, senza preamboli 8. rassicurante esibizione di un punteggio ogni tot passaggi. 9. [La cosa importante della figura mentale dell’iceberg è la seguente:] Io ci sono cresciuto con quella figura novecentesca nella testa, quindi posso disegnarvela bene. In superficie , a galleggiarci sotto il naso, c’era il caos o, nel migliore dei casi, l’infida rete delle percezioni superficiali. Il gioco consisteva nel superarle, opportunamente guidati da appositi maestri. Attraverso un cammino di fatica [un lavoro che dura nel tempo?] applicazione e pazienza , occorreva scendere in profondità dove, come in una piramide rovesciata, l’articolazione complessa del reale si sarebbe lentamente riassunta nella chiarezza di pochi elementi e poi nell’accecante epilogo di un’essenza vera e propria, là dove era custodito il SENSO AUTENTICO DELLE COSE. Chiamavamo ESPERIENZA il momento in cui riuscivamo ad accedervi. Era un avvenimento raro e quasi impossibile senza una qualche mediazione sacerdotale , che fossero dei professori, o anche semplicemente dei libri, o dei viaggi: alle volte delle sofferenze. Comunque qualcosa che implicava dedizione e sacrificio. L’idea che potesse essere un gioco o anche solo una cosa semplice ci era estranea. Così l’esperienza finiva per essere un lusso infrequente , talvolta il risultato di qualche privilegio, sempre il lascito di qualche casta sacerdotale. Era nondimeno un premio di cui amavamo il riverberare nel vuoto esausto delle nostre vite. 167 L’esperienza, come la immaginava il ‘900 era compimento, pienezza, rotondità, sistema realizzato. La post-esperienza al contrario squarcio, esplorazione, perdita di controllo, dispersione. L’esperienza era la conclusione di un gesto solenne, il risultato rassicurante di un ‘operazione complessa , il finale ritorno a casa. La post-esperienza, al contrario, è l’inizio di un gesto, è l’apertura di un’esplorazione, è un rito d’allontanamento: come le serie TV , che sono infatti animali dell’era digitale, non ha un finale e non è un finale. Lasciatemi riassumere bene: una delle cose di cui non teniamo abbastanza conto è che il Game è un habitat molto difficile , che offre intensità in cambio di sicurezza , genera disuguaglianze e non è adatto a un sacco di gente, che pure vi abita. Aggiungete pure il fatto che gran parte delle istituzioni pubbliche, prima fra tutte la scuola, non allena le capacità utili a vivere nel Game, non aiuta i meno adatti a vivere nel Game. A essere generosi le istituzioni aiutano a vivere in un brillante mondo novecentesco post-bellico e democratico: non certo nel Game. E allora cominciate a capire perché una sostanziosa fetta dell’umanità sia regredita a un uso basico dei tool digitali dedicando il grosso della propria attenzione a racimolare tutte le sicurezze a portata di mano. Se vi state chiedendo, ad esempio, com’è che ci ritroviamo con questo ritorno al nazionalismo o alla rivalutazione dei confini , dimentiche dei disastri che solo due generazioni fa avevano generato , ora potete iniziare a darvi una spiegazione: perché se ti ritrovi nel bel mezzo del game e ti è passata la sbornia da umanità aumentata e d’improvviso ti prende la sensazione di galleggiare in un gioco che non ti hanno insegnato , in cui stai perdendo e che forse non fa per te allora tutto quello che puoi fare è camminare all’indietro fino a quando non trovi un muro a cui appoggiarti ed essere almeno sicuro che alle spalle non ti prenderanno |
| 2008-2016 | Dalle App ad AlphaGo – The Game
[Il capitalismo delle piattaforme] Da Google a Wikipedia, passando per YouPorn, troverai solo mondi conclusi, in cui l’immane è la regola e il tutto è una misura ragionevole a cui inzi ad abituarti. Moltiplicate quella sensazione per decine di volte al giorno , per giorni, per anni e inizate a capire che nel Game l’infinito è una specie di categoria in disuso (…) Ovunque altrove domina una razionalità tecnica che ha immense capacità di calcolo e che dunque inclina a immaginare che reali bordi irraggiungibili del mondo non ce ne siano . Anche qui il modello sembra essere quello dei videogame: pochi li finiscono , ma si sa che al fondo ci sono bordi raggiungibili e non un infinito incontrollabile (…) Si afferma così, a poco a poco, di tool in tool, questa singolare strategia formale che è forse uno dei piloni portanti del Game , una delle forze che lo tiene insieme: immagazzinare tutto il mondo in locali immensi che eliminano l’incognita dell’infinito ; quindi andare a vivere lì, protetti da muri che non si raggiungeranno mai , ma che si sanno reali. |
Individualismo di massa e tramonto delle élite
Non lasceremo nessuno indietro non è una frase da Game
Contemporary Humanities = 25 tesi sul Game
3. si può comprendere il Game solo se si tiene conto del principale scopo per cui è nato: rendere impossibile la ripetizione di una tragedia come quella del ‘900. [il ‘900 fu molte cose ma soprattutto una: uno dei secoli più atroci nella storia degli umani , forse il più atroce.]
- Qualsiasi cosa si pensi del Game, è un pensiero inutile se non si parte dalla premessa che il Game è la nostra assicurazione contro l’incubo del ‘900.
- Attualmente le principali disfunzioni del Game sono tre:
- La prima è che il Game è difficile
- La seconda è che un sistema nato per ridistribuire potere ha finito per distribuire più che altro possibilità.
- la terza disfunzione è stata sta in quella decisione di lasciare intatte le grandi fortezze del ‘900: lo Stato, la Scuola, le Chiese.
- Più di ogni altra cosa il Game ha bisogno di umanesimo.Il Game ha spinto la sua gente a una quota di vita artificiale che può essere congeniale a uno scienziato o a un ingegnere , ma è sovente innaturale per tutti gli altri. Nei prossimi cento anni , mentre l’intelligenza artificiale ci porterà ancora più lontano da noi , non ci sarà merce più preziosa di tutto ciò che farà sentire umani gli uomini.
- Non è il Game che deve tornare all’umanesimo . E’ l’umanesimo che deve colmare un ritardo e raggiungere il Game. Una restaurazione ottusa dei riti (…) sarebbe una perdita di tempo. Abbiamo fretta di cristallizzare un umanesimo contemporaneo dove le orme lasciate dietro di sé dagli umani siano tradotte nella grammtica del presente e immesse nei processi che generano ogni giorno il Game.