
Regalzi sostiene che Public Opinion e Phantom Public non siano tanto libri sull’opinione pubblica e sulla stampa quanto sui fondamenti della democrazia e in particolare sul rapporto tra governati e governanti.
Afferma Lippmann in Public Opinion “In qualsiasi società che non sia tanto piccola che tutti siano in grado di sapere ciò che via accada, le idee si riferiscono a fatti che sono fuori dal campo di visuale dell’individuo e che per di più sono difficili da comprendere”. Ciò che l’individuo fa si fonda non su una conoscenza diretta e certa, ma su immagini che egli si forma e che gli vengono date. (…) Cos’è la propaganda se non lo sforzo di modificare le immagini a cui reagiscono gli individui? di sostituire un modello [una mappa] sociale a un altro?” “Il nocciolo della mia tesi –dice Lippmann- è che la democrazia, nella sua forma originaria [che chiama in altri luoghi “democrazia mistica”] non abbia seriamente affrontato il problema derivante dalla non automatica corrispondenza delle immagini che gli individui hanno nella loro mente al mondo esterno. Il governo rappresentativo nella sfera politica (…) non può funzionare bene, quale che sia la base del sistema elettorale, se non c’è un’organizzazione indipendente che renda i fatti non visti comprensibili a quelli che devono prendere decisioni”[=intellettualità di massa o gruppo di tecnocrati?-> A questo proposito dice Regalzi che Lippmann “figlio dell’età progressista, ne subì l’influenza nei decenni a seguire tanto che si potrebbe dire che il suo elitismo fosse frutto, più che della lettura dei teorici italiani e di una svolta conservatrice, proprio di quell’atteggiamento sofocratico e tecnocratico tipico dell’America a cavallo del ‘900 [importanza che dagli anni ’30 agli anni ’50 assunse l’ideale dell’efficienza del governo]
In Phantom Public Lippmann sostiene che l’uomo comune “da privato cittadino, non sa per certo cosa sta accadendo o chi lo sta facendo o dove lo si sta conducendo. Questo non era solo disinteressato, ma era in fondo ben conscio che “la sua sovranità è una finzione” [ANEMIA = DISINTERESSE PER LA SCENA UMANA VS APPARTENENZA = CONNESSA AL CLAN BIOLOGICO Più CHE ALLA CLASSE SOCIALE, ALL’AMORE, AL MATRIMONIO E AI FIGLI, O PER PARLARE Più ESATTAMENTE AGLI ATTEGGIAMENTI E AI DESIDERI CHE VI SONO IMPLICATI]. L’intero meccanismo dello Stato era in serio pericolo perché, come Michels aveva insegnato, la maggioranza non è in grado di autogovernarsi. Lippmann non intendeva denunciare l’atteggiamento distaccato del cittadino comune, ma anzi simpatizzava esplicitamente con lui, dal momento che il compito che la teoria democratica gli aveva attribuito era evidentemente troppo complicato perché egli lo potesse svolgere veramente. “Non mi è mai capitato di incontrare nessuno, dal presidente degli Stati Uniti al professore di scienza politica, che sembrasse anche solo avvicinarsi all’incarnazione dell’ideale del cittadino sovrano e onnicompetente”. [181 l’uomo egocentrico o individualista dei pensatori politici dell’800 = piccolo gruppo autogovernante di individui indipendenti e di pari competenza. La premessa della democrazia negli Usa è la comunità chiusa e autosufficiente (dove i soli veri disaccordi potevano essere nei giudizi sugli stessi fatti, ma non c’era bisogno di garantire le fonti dell’informazione) vs un ambiente più vasto]. Lippmann infatti spiegava “Il singolo uomo non ha opinioni su tutte le questioni pubbliche. Non sa come dirigere gli affari pubblici. Non sa cosa sta avvenendo, cosa dovrebbe avvenire. Non riesco a immaginare come potrebbe e non c’è la benché minima ragione per pensare, come hanno fatto i democratici mistici, che la ricomposizione delle ignoranze individuali in masse di persone possa produrre una perdurante forza direttrice negli affari pubblici”.
186 Public Opinion –IL DOCUMENTO COME INVENZIONE PER ESPORRE IL MONDO CHE NON SI VEDE
I primi democratici non possedevano strumenti per risolvere il conflitto tra il campo di attenzione dell’individuo e la fede illimitata nella sua dignità. I loro postulati erano antecedenti non solo al giornale moderno, alle agenzie mondiali , alla fotografia e ai film, ma ciò che importa di più erano antecedenti alle misurazioni e ai documenti , all’analisi quantitativa e comparativa, ai canoni dell’evidenza e alla capacità dell’analisi psicologica di correggere e far la tara sui pregiudizi del testimone. Non voglio dire che i nostri documenti siano soddisfacenti, che la nostra analisi sia priva di pregiudizi, che le nostre misurazioni siano sicure. Quel che voglio dire è che invenzioni-chiave sono state fatte per portare il mondo lontano entro il raggio del nostro giudizio. Non erano state escogitate al tempo di Aristotele, e non erano ancora abbastanza importanti per venir notate dalla teoria politica al tempo di Rousseau, Montesquieu e Thomas Jefferson. (…) Sarebbe stato allora utopistico pensare che sarebbe venuto un tempo in cui si sarebbero potuti riferire, analizzare e presentare fatti lontani e complicati in modo tale che un dilettante potesse fare una scelta realmente valida. Questo tempo è ora in vista.
163 visione di stereotipi vs precisione
164 macchina = cristallizzazione di un’organizzazione di iniziati (per esempio macchina giornalistica)
mondo invisibile = regno delle cose sconosciute, nei confronti delle quali sono ponti gli uomini autorevoli
Regalzi 42 – la ragione per cui ci affidiamo a un uomo e non a molti è che un uomo può negoziare , mentre una pluralità non può.Due masse di persone non hanno modo di accordarsi direttamente l’una con l’altra.
84- Quando coloro che controllano le notizie si arrogano il diritto di determinare in base alle loro coscienze cosa deve essere riportato e per quale proposito la democrazia è impraticabile e l’opinione pubblica è bloccata -> Gli uomini smettono di dire quello che pensano e , quando smettono di dirlo, smettono anche di pensarlo.
Tra qualche generazione sembrerà assurdo agli storici che un paese che professa il governo attraverso la volontà popolare non abbia fatto nessuno sforzo serio per garantire quell’informazione senza cui non può esistere un’opinione in grado di governare.
Senza protezione contro la propaganda, senza criteri stabili di evidenza o di importanza, il cuore di ogni decisione popolare è esposta a ogni pregiudizio o a infiniti utilizzi.
122- Negli anni Venti intercorse tra Lippmann e il filosofo pragmatista John Dewey un dibattito su democrazia e comunicazione. Dewey segnalava subito come il volume Public Opinion non fosse tanto o almeno non solo unlibro sull’opinione pubblica, quanto più in generale un libro sulla democrazia, in cui però Lippmann per Dewey forniva una pars costruens insufficiente e troppo segnata dal pessimismo. L’organizzazione di esperti a cui Lippmann anelava pareva a Dewey , seppur desiderabile, poco realizzabile e le sue argomentazioni, diceva il filosofo, “mi sembrano esagerare l’importanza della politica e dell’azione politica e anche evadere il problema di come quest’ultima possa essere effettivamente diretta da un’intelligenza organizzata senza che ci sia una corrispondente illuminazione diretta dell’opinione pubblica”. Il libro successivo Phantom Public era per il filosofo ancora più “pregnante”. Stavolta, sosteneva il recensore, il contributo di Lippmann non era solo distruttivo, ma anche costruttivo, in quanto i forti attacchi alle teorie democratiche non sembravano preoccupare particolarmente il filosofo: “Il libro esprime una rivolta non contro la democrazia, ma contro una teoria della democrazia la quale (…) ha distratto la comprensione e infiammato le passioni e così ha enormemente aumentato le difficoltà del governo democratico”. La democrazia per poter funzionare aveva bisogno di una lucidità e di una razionalità che andavano recuperate, seppure in questo caso le soluzioni prospettate da Dewey e da Lippmann non si muovessero nella stessa direzione. Mentre l’autore di Phantom Public mostrava una massa ineducata , le cui capacità di formulare un’opinione e un giudizio non potevano esprimersi se non nella magra possibilità di formulare un sì o un no in poche limitate occasioni, il recensore ottimista sembrava intravedere le basi per una nuova stagione democratica in cui la funzione popolare di intervento , seppure solo occasionale, era giudicata positivamente senz’altro. Lo stesso ricorso agli esperti era descritto come “un appello potente, da un nuovo punto di vista, al decentramento degli affari governativi”, laddove nelle pagine di Lippmann esso appariva piuttosto come una rinuncia, dettata in nome del realismo, alle forme classiche di governo democratico.
La differenza tra le letture del medesimo fenomeno da parte di Dewey e Lippmann non può comunque essere ridotta all’antitesi pessimismo-ottimismo. Entrambi gli autori erano figli dell’età Progressista e queste influenze erano ben evidenti nel ruolo che essi assegnavano al processo educativo , che rispecchiava quell’ideale sofocratico tipico del progressismo. Il vero terreno di discussione era costituito dalle potenzialità dell’istruzione. Lippmann proponeva una soluzione per così dire “scientifica” o elitistico-manageriale , affidando determinati compiti a una gerarchia di esperti, quella di Dewey era invece una risposta di tipo comunitario , che poneva grande fiducia nel ruolo della scuola. La divergenza era così significativa che Dewey senti il bisogno di rispondere frontalmente alle tesi contenute in Phantom Public con un altro libro , The Public and Its Problems, in cui il riferimento a Lippmann, raramente esplicitato era tuttavia costante.(…) La prospettiva elitista delineata da Lippmann , che rischiava di produrre una maggiore alienazione del pubblico , poteva per Dewey essere evitata grazie al soccorso della stampa , su cui non condivideva un giudizio così negativo come il suo interlocutore, e dell’educazione , convinto che “la democrazia ritroverà se stessa, perché la parola democrazia vuol dire vita in libera e feconda comunione”.
213 The Good Society (1937) critica di Lippmann al totalitarismo , difesa della Costituzione e rifiuto della credenza che la democrazia vera significhi la dittatura di maggioranze transitorie. Lippmann deve molto all’economista viennese F. Von Hayek, autore di critica al collettivismo.
303 Essay in public philosophy -> liberali (antropologia pessimista) vs giacobini (=Rousseau= fuga dalla realtà che nega il valore dell’educazione)