Valutare nella grande Vienna secondo Ludwig Wittgenstein e Stephen Toulmin

grandevienna_LITEcAMBRIDGE

La grande Vienna (1973)

grande vienna

Wittgenstein ebbe un effetto emancipatorio

Stephen Toulmin

27 – Quando Kraus auspicò una critica del linguaggio come strumento decisivo del pensiero, lo fece con una insofferenza morale per quella sciatteria del pensiero e dell’espressione che è nemica dell’integrità individuale e che lascia senza difesa di fronte agli inganni politici di uomini corrotti ed ipocriti. (…) Come poteva ogni “mezzo” essere adeguato a ogni “messaggio”? come poteva ogni cosa servire per esprimere o per simbolizzare ogni altra cosa? Ovunque, nel campo artistico e intellettuale, troviamo uomini che fanno propria questa stessa critica. In che senso (se ne esiste uno) ogni musica, per esempio, o pittura, o architettura o linguaggio quotidiano, potevano essere considerati come una “rappresentazione” o Darstellung? E quale funzione simbolica alternativa si poteva dire che avesse? Tutti questi problemi, che Marshall McLuhan ha divulgato in questi ultimi anni furono dibattuti con ben altra serietà e rigore nella Vienna di Kraus e di Boltzmann, Loos e Schönberg.

268 – Come ogni scienziato sa, i casi estremi possono servire a mettere in luce, in forma chiara e apodittica, relazioni che restano indistinte in situazioni più normali e ambigue. Vale la pena di trarre una o due conclusioni generali dalla nostra indagine , che possano aiutarci a capire in che modo le società e le culture, le filosofie e gli individui interagiscano gli uni con gli altri, e non solo nel caso specifico della Vienna fin de siecle, ma nella natura stessa delle cose.

Per mettere in luce il punto principale e più significativo useremo la terminologia dell’ultimo Wittgenstein. Il linguaggio dei valori e dei giudizi viene appreso e codificato nel contesto dei problemi e della vita reale [=gioco linguistico]. Generalmente gli uomini si rendono conto di ciò che comporta il compito della valutazione (ed anche il modo in cui deve essere sostenuta da giustificazioni [=argomentazione]) e riconoscono il modo in cui i linguaggi gioco-rispondenti vengono giocati nell’ambito comunitario delle forme di vita entro le quali essi stessi sono cresciuti. Naturalmente gli esempi da cui essi imparano hanno una diversa importanza e autenticità, perché per capire cos’è una valutazione onesta e che cosa deve essere  bisogna anche imparare a separarla dalle espressioni sfuggenti, insincere o prive di pensiero, che sono spesso manifestazioni di approvazione o di disgusto e passano per giudizi di valore [=opinioni non argomentate]. Ciascuno di noi può però riconoscere i valori più alti quando li incontra, che li ami o no, dato che ha accumulato un’esperienza sufficiente durante l’infanzia e la giovinezza.

Ma chiediamoci cosa succede se le Lebensformen di una particolare società viene strutturata in modo da vanificare ogni giudizio onesto e di alto livello : cosa succede quando non vi è vera possibilità di trasformazione politica o sociale o di moralità personale e quando non si può discutere pubblicamente di queste cose per arrivare a delle conclusioni davvero operative su alcuni problemi della vita reale. Quando si creano situazioni del genere possiamo esser sicuri che si ha a che fare con un’alienazione intellettuale e morale estrema , simile a quell’alienazione individuale che abbiamo visto svilupparsi nei circoli della Kakania. La dimensione sociologica e filosofica del ritornello di Kraus sull’impossibilità di mescolare la sfera dei fatti con quella dei valori senza corrompere entrambe, si rifà alla situazione viennese dove non esisteva più un incentivo politico, sociale o culturale che rendesse possibile sollevare problemi morali o estetici in contrasto coi fatti correnti.

Nella situazione allora esistente si poteva arrivare a dei veri principi morali o estetici solo con delle astrazioni ideali che potevano trovare una specie di incarnazione solo nelle vite personali di pochi puritani capaci di queste astrazioni. Per questo è esatto dire che in mancanza dei corrispondenti giochi linguistici che li realizzassero, questi valori astratti erano davvero “indicibili”. I linguaggi gioco  comunemente accettati facevano del termine “buono” un uso non più rigoroso di quello in uso nella frase “buon gusto”, mentre per i lealisti austriaci il problema di sapere se le decisioni dell’imperatore erano corrette o sbagliate, era privo di senso (è questo infatti l’unico significato che si può dare al diritto divino della Casa Imperiale). Si è sviluppata allora una situazione in cui i normali linguaggi-gioco di valutazione sono stati eliminati a causa della mancanza di una politica sociale cosciente. Ogni problema di moralità e di principio diventava estraneo all’ordine sociale e politico così stabilito, e chiunque dimostrasse troppo attaccamento a questioni di morale o di principio si trovava ipso facto “alienato “ dalla società e dai circoli politici.

Gli Asburgo in realtà stavano facendo uno sforzo decisivo per abolire la storia proprio nel momento in cui l’industrializzazione e tutte le sue conseguenze sociali e politiche cominciavano a premiare l’adattabilità sul piano istituzionale e costituzionale. Persino società a sviluppo più pragmatico come l’Inghilterra o gli Stati Uniti nella seconda metà del secolo scorso attraversarono un periodo di cambiamenti e di tensioni che sfociarono a volt e nella violenza e nelle guerre civili. Ma anche se molte persone in quei paesi erano incapaci di riconoscere i problemi sociali più complessi e urgenti , raramente ne negavano l’esistenza, come facevano invece gli Asburgo, secondo i quali si poteva risolvere ogni cosa con un atto di volontà.

271 – Non sorprende che in una società decisa a ignorare la menzogna che sta alle sue fondamenta, faccia nascere problemi di comunicazione e difficoltà di distinguere tra apparenza e realtà in ogni problema di etica e di gusto. In questa situazione i metri di giudizio erano talmente corrotti che solo un puritanesimo altrettanto estremista poteva offrire un’alternativa. Per Kraus e i krausiani non vi era possibilità alcuna in politica, perché al centro la richiesta di cambiamenti politici si cristallizzava nel nazionalismo, in periferia attorno alle aspirazioni degli operai e nessuna di queste richieste poteva interessare un uomo dell’integrità individuale di Kraus. Restavano solo due possibilità di azione. La prima era quella di emarginarsi recitando la parte del coro greco ( cosa che Kraus fece nel Di Fakel), in modo che i contemporanei che mantenevano ancora dei criteri di giudizio si rendessero conto del modo in cui il linguaggio, le capacità sociali e i valori culturali venivano degradati da una società costruita sulla menzogna e sull’artificio. Il secondo modo era di disinteressarsi completamente degli affari pubblici, ed affermare che l’individuo poteva vivere coi suoi grandi pensieri , come Wittgenstein, dando un esempio vivente , col proprio comportamento, dell’umanità, dell’onestà intellettuale, della padronanza del mestiere e della propria integrità personale.

276 – L’invenzione di “giochi linguistici artefatti”, fondati sulla mistificazione continua dei fatti reali, costituì il vero tentativo di eliminare i problemi politici e sociali austriaci. Questo avvilimento del linguaggio ha posto le premesse per la confusione universale dei problemi dell’espressione e della comunicazione. Il fenomeno dei giochi linguistici artefatti può essere considerato l’aspetto linguistico di quella che Marx chiamava falsa coscienza.

242 – PROFESSIONISMO E CULTURA: IL SUICIDIO DEL MOVIMENTO MODERNO. Anche quando Wittgenstein abbandonò le sue iniziali posizioni russe liane sull’esistenza di una struttura universale delle forme logiche, e passò ad un’analisi del linguaggio più vicina a quella di Mauthner e Loos, secondo la quale il linguaggio è una riflessione funzionale sulle forme di vita, non accettò mai le implicazioni storiche di questa impostazione. (…) Wittgenstein mostrò, nel suo ultimo insegnamento filosofico, di saper riconoscere in un senso chiaramente in un senso quasi antropologico la diversità culturale e la relatività dei giochi linguistici rispetto ai modi della vita umana entro i quali essi operano. Non mostrò invece alcuna sensibilità di fronte a problemi quali il progresso umano e il senso che esso ha nelle nostre forme di vita o nei processi linguistici nati per rispondere alle loro domande.

250 – Nel sistema asburgico la vita artistica e culturale era da tempo organizzata attorno a un complesso sistema di mecenatismo e durante tutto il grande periodo classico [‘600-‘700] ogni famiglia della nobiltà e ogni prelato manteneva un organista, un compositore, o anche un’orchestra completa che lavorava a metà tempo nella cappella di famiglia o nella cattedrale; il resto del tempo gli artisti potevano dedicarlo allo sviluppo originale della loro opera; la stessa cosa avveniva in qualche misura per pittori e scultori, architetti e scrittori.(…) Con lo sgretolamento del sistema dinastico e l’edificazione di una società nuova e più democratica , anche la vita culturale prese una direzione diversa e il processo di liberazione dal gusto e dalle convenzioni precedenti diede origine, nel decennio tra il 20 e il ’30 a una grande fioritura di innovazioni tecniche nelle arti, nelle scienze naturali e nella vita intellettuale. In ogni arte era il momento di un nuovo inizio e tutti  i dubbi critici degli anni precedenti la guerra – se il linguaggio poetico, la musica e la pittura fossero o no capaci di esprimere e rappresentare [Cfr le tele di Hans Makart]-

1200px-Hans_Makart_003

erano messi da parte, in quanto l’atteggiamento positivista incitava all’azione e quel che importava era di andare avanti così,: lasciando fiorire cento stili e permettendo che gli artisti interessati decidessero da soli sulla validità dei nuovi esperimenti. (…) Da allora in poi il giudizio estetico divenne importante non per un singolo mecenate e neppure per il grande pubblico borghese. Gli stessi artisti furono in grado di organizzare i loro affari su basi professionistiche, assumendosi la responsabilità di dare giudizi professionali sull’opera dei loro colleghi. Era scomparsa l’autorità culturale in modo simile a come era venuta meno l’autorità sociale e politica. (…) Il circolo degli psicanalisti freudiani e il Circolo filosofico di Vienna (Wiener Kreis) sono gli esempi più noti di un fenomeno più vasto. (…) La cultura si era in una parola balcanizzata e alla lunga anche burocratizzata. Le vecchie ortodossie convenzionali erano morte da un pezzo, ma invece di dar luogo alla democrazia culturale e all’”uomo integrale” krausiano, libero di creare con la fantasia, con mezzi e procedimenti liberamente scelti, la professionalizzazione delle arti finì spesso con l’imporre una nuova ortodossia al  posto della vecchia. Dati i tempi poi le nuove ortodossie professionali vennero definite come insiemi di tecniche, e dal punto di vista professionale la cosa giusta era impadronirsi fino in fondo di un particolare metodo o stile (per esempio, mostrare la propria abilità in quartetti per archi costruiti col sistema dodecafonico su una sequenza di note). L’estetismo del 1890 trovò una base sociologica nelle professioni artistiche trent’anni dopo , con una fondazione epistemologica assai diversa (un musicista è un musicista e nient’altro che un musicista, mentre un pittore è un pittore e nient’altro che un pittore). D’ora in poi ci sarà assai poco spazio per la nascita di un genio autodidatta, versatile ed esperto in molti campi come Arnold Schoemberg. Provvederanno ad evitarlo le strutture corporative dei sindacati artistici.

260 –  Nel primo incontro con i filosofi del Circolo di Vienna Wittgenstein  insistette perché si leggessero alcune poesie di Tagore (…) In tal modo egli si dissociava apertamente dalla concezione tecnica o professionale della filosofia che riteneva il Tractatus un nuovo metodo per fondare una disciplina autonoma e di grande prestigio. Certamente il disaccordo con i positivisti logici era sia intellettuale sia sociologico, in quanto i positivisti, come i compositori atonali e gli architetti del Bauhaus scambiavano semplicemente una vecchia ortodossia con una nuova e trasformavano le teorie che Wittgenstein aveva avanzato in un nuovo insieme di principi quasi matematici.

64- La vera malattia di Vienna era il problema dell’identità e della comunicazione, ad ogni livello politico e sociale, individuale o internazionale (…). Resta da narrare in qual modo geni come Kraus e Schoenberg, Loos e Wittgenstein abbiano capito che la fuga nell’estetismo [della Jung Wien] era solo una pseudosoluzione narcisistica. Musil riteneva che “il linguaggio di ogni giorno in cui le parole non sono definite è un mezzo col quale nessuno può esprimersi in modo univoco” (…)Kraus e Schoenberg, Loos e Wittgenstein trovarono una soluzione di tutti questi problemi in una critica di fondo, ma essenzialmente positiva, dei mezzi di espressione comunemente accettati. Dato che tutti presero l’imbeccata da Karl Kraus, è di lui ora che dovremo occuparci.

78 la concezione dell’artista come perfetto stilista era agli antipodi di quella di Kraus che in Die Fackel si lasciò sfuggire ben poche occasioni per prendere in giro i realizzatori di tali opere d’arte [ la forma letteraria del feuilleton]

149 [ sulla differenza tra limite e confine della ragione in Kant: per Kant la ragione ammette limiti ma non confini]

157 Diversamente da Kant Schopenhauer suppone che le basi della moralità non stiano in una concezione pura a priori, ma in qualcosa di empirico, perché solo ciò che è empirico è reale e solo l’empirico può muovere la volontà. Dire che qualcosa a priori e concettuale muove la volontà significa sostenere che la volontà non è stimolata all’azione da qualcosa di reale. Con una polemica distruttiva Shopenhauer attacca l’idea kantiana che il ragionevole e l’umano, e quindi il virtuoso, siano sinonimi, (…) Schopenhauer individuò il vero meccanismo delle motivazioni nel principio scolastico operatio sequitur esse. Per lui ciò significa che le azioni visibili compiute da diversi uomini sono manifestazioni dell’immutabile natura di ciascuno di essi. (…) 158 la vera moralità si può trovare soltanto nella compassione, nella dedizione reciproca, in quella relazione che più tardi Buber avrebbe descritto come tipica di un “Io” e di un “ (…) 158 la vera moralità si può trovare soltanto nella compassione, nella dedizione reciproca, in quella relazione che più tardi Buber avrebbe descritto come tipica di un “Io” e di un “Tu”. Schopenhauer ricavò questa idea dai suoi studi sul misticismo indiano.

185 – Le traduzioni correnti del Tractatus celano la continuità essenziale tra l’uso del termine Bild fatto da Hertz in fisica e da Wittgenstein in filosofia. Capiamo molto traducendo la parola Bild con “modello”  e la stessa cosa avviene anche per il Tractatus: per esempio l’idea wittgensteiniana che un disco, un tema musicale, le note scritte e le onde sonore sono collegati tra loro in virtù di un comune abbildenden internen Beziehung (4.014) si capisce meglio in termini di un semplice “modello” piuttosto che di un’”immagine”. L’ordine spaziale presente in un’immagine è di tipo molto diverso dall’ordine logico caratteristico di un modello teorico e matematico delle scienze naturali. I modelli di Wittgenstein come quelli di Hertz si riferiscono a delle “rappresentazioni” nel senso di Darstellungen; ciò aiuta a capire che esse sono delle costruzioni logiche del tutto diverse dalla riproduzione dell’esperienza sensibile o Vorstellungen. (…) Il termine Darstellungen può significare “modelli” nel senso più ampio, perché abbraccia tanto i progetti di un architetto, quanto i modellini dei bambini, i ritratti dei pittori (ma non le fotografie) e ogni tipo di forme; i modelli matematici costituiscono dunque solo una specie di rappresentazioni o Darstellungen . Wittengstein sottolinea la natura logica del suo modello quando dice “Ogni modello è nello stesso momento un modello logico ( d’altra parte non ogni modello, ad esempio, è spaziale)”. Egli sottolinea il fatto che i suoi modelli sono delle costruzioni dicendo “Ci facciamo dei modelli per noi stessi”, un modello è “come un metro applicato alla realtà”.

193- Il problema che Wittgenstein aveva affrontato era, secondo la nostra ipotesi, quello di costruire una critica generale del linguaggio che mostrasse sia che la logica e la scienza hanno un ruolo fondamentale nel comune linguaggio descrittivo (linguaggio con cui produciamo una rappresentazione del mondo analoga ai modelli matematici dei fenomeni fisici), sia che i problemi, sull’”etica, il valore e il significato della vita”, i quali vanno oltre i limiti del linguaggio descrittivo, possono tutt’al più diventare oggetto di una visione mistica esprimibile solo con comunicazioni “indirette” o poetiche. [pag 233 su Lebensformen e caratteriologia].

237 – In seguito Wittgenstein generalizzo la sua definizione comportamentista di “significato”, mettendoci in guardia contro l’idea che verità, falsità o significanza delle proposizioni linguistiche derivino dal loro essere delle “raffigurazioni” (Gleichnis) e le sue ultime teorie affermano che tutte le espressioni linguistiche sono significanti come elementi del comportamento (Bestandteilen der Handlung). Quando giunse al termine di questo cambiamento sembrava aver lasciato da parte ogni distinzione netta o assoluta tra enunciazioni letterali e descrittive (linguaggio come Gleichnis) ed enunciazioni rituali o esecutive (linguaggio come Handlung) . Con quest’ultimo passo aveva però distrutto proprio quel criterio in base al quale aveva tracciato originariamente una distinzione assoluta tra fatti “dicibili” che il linguaggio può circoscrivere e i “valori “ trascendentali che nella natura delle cose devono rimanere sempre inespressi. In quest’ultima fase Wittgenstein non poteva negare che l’etica e la religione comportano forme di esigenza [ forme di necessità?] loro proprie e che entro queste Lebensformen i giochi linguistici etici e religiosi diventano a modo loro altrettanto dicibili e significanti (persino veri e falsi) di tutti gli altri, ed in definitiva non riusciva più a sostenere la sua visione individualistica dell’etica richiamandosi a una netta dicotomia fra esprimibile e trascendentale. (…) [“La teologia come grammatica”].

La lite di Cambridge (2001)

liteCambridge

20 – nel torrenziale flusso di aforismi di Wittgenstein Kreisel trova irresistibili i più impudichi, tipo “Non cercare di cacare più in alto del tuo culo” che Wittgenstein applicava a filosofi come Popper che pensavano di poter cambiare il mondo.

47 – “Se un persona mi dice di essere stata nel peggiore dei posti , non ho diritto di giudicarla, ma se mi viene a dire che è stata la sua superiore erudizione a permettergli di andarci, allora capisco che è un impostore” (Wittengstein)

69 – L’idea sviluppata poi nelle Ricerche filosofiche che ogni comunità potesse usare il linguaggio in svariate maniere perfettamente valide.

77 – La filosofia di Wittengstein aveva conosciuto una drastica evoluzione dai tempi del Tractatus. Allora egli credeva in un linguaggio perfetto, ideale, privo di ambiguità. Ora credeva invece che se le comunità adottavano un linguaggio contenente contraddizioni interne, bé, non c’era niente da fare.

83- Karl Kraus e il suo attacco alle forme linguistiche (cliché, metafore) che occultavano la realtà nella politica e nella cultura. La richiesta di Kraus che il linguaggio della vita pubblica venisser ripulito dalla disonestà culturale faceva da parallelo alle riflessioni linguistiche di Wittengstein.

127 Per il Circolo di Vienna c’erano solo due tipi di affermazioni valide. Quelle vere e false in funzione del significato dei loro termin (2+2=4), poi c’erano quelle empiriche soggette a verifica (“La terra è piatta”). Per il Circolo tutte le altre affermazioni erano letteralmente prive di significato. Quindi poiché è impossibile verificare se Dio esista, le asserzioni religiose venivano prontamente spedite nel cestino dei rifiuti intellettuali a cui , di conseguenza apparteneva anche la metafisica. Insieme a questa spazzatura finivano le affermazioni sull’estetica, sull’etica e sul senso della vita. Dichiarazioni come “Uccidere è sbagliato/ Si dovrebbe essere sempre onesti/Picasso è un artista superiore a Monet” potevano essere comprese solo in quanto espressione di giudizi personali: “Disapprovo l’omicidio/ Secondo me la gente dovrebbe dire sempre la verità/ Preferisco Picasso a Monet”. “Tutto è accessibile all’uomo” proclamava il manifesto del Circolo. “L’uomo è la misura di tutte le cose”. La funzione principale della filosofia, sostenevano, non è indulgere nella metafisica, ma affinare e chiarire i concetti utilizzati dagli scienziati. Gli scienziati sono i giocatori più importanti in campo. I filosofi si limitano ad assistere la squadra analizzando le tattiche di gioco. La filosofia sarà sempre subordinata alla scienza.

140 – [Differenze tra Popper e il Circolo di Vienna]. La “verificazione” era stata usata dal Circolo per distinguere ciò che aveva senso da ciò che non ne aveva. Popper invece non era interessato a tracciare tali demarcazioni linguistiche. Il suo obiettivo caso mai era quello di distinguere la scienza dalla non scienza o dalla pseudo-scienza- Sicuramente non avrebbe mai tacciato un’affermazione come “ Mahler è un compositore meraviglioso” di essere una sciocchezza, né l’avrebbe relegata alla pura soggettività : semplicemente era convinto che ricadessero al di fuori del regno della scienza. “ Vedevo chiaramente che tutta quella gente era alla ricerca di un criterio di demarcazione non tanto tra scienza e pseudo-scienza , quanto fra scienza e metafisica. E vedevo chiaramente che il mio vecchio criterio di demarcazione era migliore del loro” (Popper)

176 In definitiva ciò che mise Popper ai ferri corti con il mondo della filosofia britannica fu il suo assunto fondamentale: che valga la pena analizzare problemi, mentre sia banale analizzare rompicapi.

177- Ernst Gellner attribuisce a Popper il merito di aver trovato la chiave per ciò che di più prezioso possediamo, ossia il sapere e la libertà. Ma i popperiani non costituiscono certo una scuola. Anche perché Popper affrontava un problema per volta, laddove Wittgenstein proponeva un metodo, un approccio universale.

184 – Nel secondo Wittgenstein la metafora del linguaggio come immagine viene sostituita dalla metafora del linguaggio come strumento. Se vogliamo conoscere il significato di un termine non dobbiamo chiedere al posto di che cosa sta: dobbiamo invece esaminare il modo in cui viene effettivamente utilizzato. Se lo faremo ci accorgeremo subito che sotto non c’è una struttura singola. Alcune parole, che a prima vista sembrano svolgere funzioni simili, in realtà operano su serie di regole ben distinte [la metafora della cabina della locomotiva].

192 – Nel suo libro La mia filosofia Russel respingeva la tardiva visione wittgensteiniana secondo cui il linguaggio ordinario sarebbe in ottima forma e i nostri interessi filosofici meri rompicapi, crampi linguistici.

239- Cronologia della vita di Wittgenstein e Popper.

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.