
————————————-1. UNA TEORIA FILOSOFICA DELL’ARGOMENTAZIONE
9-Una teoria dell’argomentazione ha per oggetto lo studio delle tecniche discorsive che mirano a provocare o ad accrescere l’adesione delle menti alle tesi che si presentano al loro assenso.(…) Io affronto l’antica retorica con preoccupazione di logico (…) io estendo le ricerche della teoria dell’argomentazione a tutti gli uditori immaginabili, e più specificamente allo studio della discussione con un singolo e anche alla deliberazione intima, in cui si esamina il pro e il contro nel proprio foro interiore.
10 – Notiamo che quest’arte dell’argomentare, i cui elementi sono stati sviluppati da Gorgia, Protagora e Zenone riguarda sempre l’adesione a tesi che vengono confrontate [l’arte di interrogare e rispondere, di criticare e confutare]: si rinforza quest’adesione o la si diminuisce per mezzo d’argomenti d’ogni specie (…) per influire in fin dei conti sull’individuo preso nella sua totalità che deve, grazie al discorso, essere incitato ad agire o reso disponibile ad un’azione eventuale. NELL’ARGOMENTAZIONE NON SI SEPARA LA RAGIONE DALLA VOLONTA’, NE’ LA TEORIA DALLA PRATICA./ Quello che, dopo Socrate e Platone, si è tradizionalmente opposto a questa ricerca dell’adesione, al DISCORSO CHE MIRA ALL’EFFETTO SU ALTRI, a questa PSICAGOGIA, è il pericolo che presenta il perseguimento ad ogni costo del successo, caro ai DEMAGOGHI, senza preoccuparsi della verità che importa ai FILOSOFI.
11- “Se tu ed io fossimo in disaccordo, dice Socrate a Eutifrone, sul numero degli oggetti in un paniere, o sulla lunghezza di un pezzo di stoffa, o sul peso di un sacco di grano, noi non litigheremmo per questo; (…) ci basterebbe contare, misurare o pesare, e la nostra questione sarebbe risolta. Le controversie si prolungano e si inacerbiscono solo là dove ci mancano questi procedimenti di misura , tali criteri d’obiettività; è un caso del genere , precisa Socrate, quando si è in disaccordo sul giusto e sull’ingiusto, il bello e il brutto, il bene e il male, in una parola sui valori “(Platone, Eutifrone,7 d)(…) Ora poiché le questioni propriamente filosofiche sono proprio quelle che riguardano i valori e poiché non si è trovato un mezzo per sottrarle alla controversia, si può sì ricercare la verità riguardo ad esse, ma questa non viene stabilita in modo che sfugga a ogni contestazione.[l’antichità classica ha conosciuto conflitti di competenza fra filosofi e retori].
12-Soltanto in una prospettiva dogmatica o in una visione scientista, dialettica e retorica , non avendo più valore probatorio , si trasformano in tecniche pedagogiche, psicologiche e letterarie , che mirano a rinforzare l’adesione a verità stabilite per mezzo d’altri procedimenti./ Si capisce molto bene come in una prospettiva religiosa, in cui le verità rivelate non sono contestate dai fedeli, queste tecniche abbiano potuto servire , non per stabilire queste verità, ma per imprimerle nella mente e nel cuore del credente, per rendere presenti alla sua coscienza e per dare una direzione alla sua condotta. TUTTAVIA FINO ALLA FINE DEL CINQUECENTO LA LORO IMPORTANZA NON FU MAI CONTESTATA./Ma quando l’unità del mondo cristiano fu spezzata dalla Riforma, dopo che le guerre di religione ebbero insanguinato per quasi un secolo le città e le campagne europee, si aspirò generalmente, negli ambienti colti, allo stabilimento di un ordine nuovo, fondato sulla ragione, e che fosse riconosciuto da tutti, indipendentemente dalle divergenze religiose. Questa aspirazione comune spiega lo straordinario prestigio della filosofia nei secoli XVII e XVIII. / Si affacciò l’idea e si diffuse progressivamente , tanto sul continente europeo che in Gran Bretagna, che i filosofi avrebbero fatto bene a ispirarsi ai metodi così felicemente riusciti in geografia, in fisica e in astronomia , per stabilire un sistema che apparisse a tutti incontestabile. Questa è l’ambizione di Descartes, come per altro della maggioranza dei suoi contemporanei e successori.
12-13- Poiché in certi domini, e specialmente nelle matematiche, si è giunti a stabilire l’unanimità degli scienziati per mezzo di prove incontestabili, e poiché Dio conosce la soluzione giusta di tutti i veri problemi che tormentano gli uomini, perché non tentare di estendere alla filosofia i metodi così felicemente riusciti nelle scienze deduttive? BASTA TROVARE DELLE REGOLE PER GUIDARE LA MENTE, PARTENDO DA UN’ANALISI DEI METODI MATEMATICI, E APPLICARLE CON CURA AI PROBLEMI FILOSOFICI. In questo stato d’animo Descartes si è proposto di eliminare le sabbie dell’opinione e di ricostruire sulla roccia delle intuizioni infallibili un nuovo sistema del mondo, coronato da una morale e una religione razionali.
13- Questa impresa, di cui nessuno può negare la grandezza, destinata ad essere completata dai sistemi razionalisti del diritto naturale,era completamente fondata sul ricorso all’evidenza, che caratterizza l’intuizione razionale dei cartesiani [e] l’intuizione sensibile dei filosofi empiristi. L’INSTAURAZIONE DEL CRITERIO DELL’EVIDENZA DOVEVA FATALMENTE PORTARE ALL’ELIMINAZIONE DELL’ARGOMENTAZIONE COME TECNICA DI RAGIONAMENTO FILOSOFICO./ L’evidenza è concepita (…) non come una caratteristica puramente psicologica, MA COME UNA FORZA, che si impone a ogni mente dotata di ragione, e che manifesta la verità di quel che si impone in questo modo. QUEL CHE è EVIDENTE E’, NELLO STESSO TEMPO, NECESSARIAMENTE VERO E IMMEDIATAMENTE RICONOSCIBILE COME VERO. La proposizione evidente non ha bisogno di prova, POICHE’ LA PROVA NON E’ ALTRO CHE UNA DEDUZIONE NECESSARIA DI QUEL CHE NON E’ EVIDENTE CONDOTTA SUL FONDAMENTO DI TESI EVIDENTI. In tale situazione non c’è alcun posto per l’argomentazione. Infatti, questa riguarda soltanto il verisimile, il plausibile, al quale, per principio e per metodo, non si tratta di accordare alcun credito, quando si tratta di scienza.
14 [Descartes dice che quando “i giudizi di due persone intorno alla medesima cosa sono contrari , è certo che l’uno o l’altro almeno si inganna”] Questa affermazione che vale per le matematiche può diventare per Descartes la regola di un metodo universale [“Quelle lunghe catene di ragioni, tutte semplici e facili, di cui sono soliti servirsi i geometri per giungere alle loro dimostrazioni più difficili, m’avevano dato occasione di supporre che tutte le cose che possono cadere sotto la conoscenza degli uomini, si concatenino nella stessa maniera”]/Ma in questa impresa , di cui sapeva che avrebbe preso del tempo , Descartes non può impegnarsi senza provvedersi di una morale provvisoria [“è verità certissima che, quando non sia in nostro potere discernere le opinioni più vere, bisogna seguire le più probabili”]
15- DAL MOMENTO CHE SI TRATTA DELLA PRATICA, E NON DELLA SCIENZA, DESCARTES SI RENDE CONTO DELL’URGENZA CHE IMPONE L’AZIONE e accetta, fino a nuovo ordine, di non dubitare né delle regole tradizionali né delle opinioni probabili, perché di queste, che egli crede di poter eliminare dalla scienza, non può fare a meno nella vita.
16- Nessuno ha mai messo in dubbio che, in ogni momento della nostra riflessione, ci siano delle evidenze che non pensiamo di contestare. Ma che l’intuizione evidente costituisca una garanzia infallibile della verità irrefragabile del suo oggetto, ecco ciò che non è permesso d’affermare SE L’EVIDENZA NON E’ CHE UN DATO PURAMENTE PSICOLOGICO. Esistono infatti delle evidenze relative e mutevoli; esse possono anche essere ingannatrici./L’ERRORE DI DESCARTES è stato quello di credere che ci siano delle nozioni chiare e distinte i cui rapporti diano luogo a proposizioni evidenti e che queste nozioni possano essere afferrate grazie a una intuizione infallibile, che poggia su una natura semplice a proposito della quale l’errore è impossibile. Ma questa affermazione dell’esistenza di nature semplici , che si potrebbero conoscere perfettamente, indipendentemente da ogni contesto e da ogni relazione con altra cosa, CORRISPONDE AD UNA VISIONE ATOMIZZATA DEL REALE , di cui noi abbiamo imparato a conoscere l’insufficienza. (…) Le nozioni fondamentali del diritto, della morale e della filosofia, che possono essere inserite in contesti che variano in modo imprevedibile, avranno dei significati che non corrispondono né a delle nature semplici, né ad una combinazione unica di tali nature.
17-Le teorie moderne del linguaggio (…) ci hanno fatto capire che le tecniche matematiche(…) invece di fornirci un modello di applicazione universale, si limitano a trattare delle situazioni del tutto eccezionali, in cui il sistema formale, isolato dal contesto o applicabile a un contesto ben delimitato, si trova al riparo da ogni imprevisto nella sua interpretazione e nella sua applicazione./ [Invece] (…) nel campo del diritto, della morale o della filosofia , l’applicazione di una nozione non è delimitata artificialmente , la sua chiarezza costituisce una qualità ipotetica, soggetta alla prova di ogni nuovo caso d’applicazione. Si capisce come, in queste circostanze, affermare d’una nozione o di un testo che sono chiari non sia, molto spesso, descrivere uno stato di cose obiettivo, MA DAR PROVA DI UNA MANCANZA DI ESPERIENZA O DI IMMAGINAZIONE.
17- La visione cartesiana dell’Universo era atomista e meccanicista: ci dà la concezione di una scienza che progredisce in modo puramente quantitativo, aumentando il numero delle verità evidenti, senza mai dover rimettere in discussione nessuna di esse. UNA TALE SCIENZA NON CONOSCE NE’ TRADIZIONE, NE’ INIZIAZIONE: ognuno infatti la può ritrovare partendo dalle idee innate della ragione./18- LA RAGIONE NON DEVE ESSERE FORMATA, L’EDUCAZIONE NON PUO’ CHE OFFUSCARLA inculcando nei fanciulli dei pregiudizi dei quali si potranno liberare solo con estrema difficoltà. NE RISULTA IL CARATTERE ASOCIALE E ASTORICO DELLA CONOSCENZA SCIENTIFICA. (…) La sola educazione scientifica raccomandata è appunto questa liberazione della mente da tutto ciò che è stato insegnato prima del suo contatto con questa filosofia dell’evidenza.
18- Questa concezione [cartesiana, razionalista] fondata sull’intuizione, presuppone metodologicamente una separazione tra la teoria e la pratica, perché se la teoria avesse bisogno della pratica per l’elaborazione e il controllo delle sue tesi, non potrebbe mai essere completamente sicura. (…) Mentre se si separa l’una dall’altra, la teoria, resa indipendente, ritrova il suo significato antico ed etimologico di ϑἑωρία, CIOE’ DI INTUIZIONE, DI CONTEMPLAZIONE./OPPONENDOSI A OGNI PLURALISMO METODOLOGICO, IL METODO CARTESIANO ESIGE L’ELIMINAZIONE DALLA NOSTRA CONOSCENZA DI TUTTO QUELLO CHE E’ APPORTO INDIVIDUALE, SOGGETTIVO, SOCIALE O STORICO, IN UNA PAROLA CONTINGENTE, PER RITROVARE UN USO UNIVERSALMENTE VALIDO DI QUESTA RAGIONE , COMUNE A TUTTI GLI UOMINI, CHE E’ UN RIFLESSO IMPERFETTO DELLA RAGIONE DIVINA. L’uomo di scienza ha il compito di ritrovare il vero sapere , solido come una roccia, dopo aver rimosso le sabbie mobili dell’opinione. L’EPISTEMOLOGIA NON DEVE OCCUPARSI D’ALTRO CHE DI RIMUOVERE GLI OSTACOLI CHE SI FRAPPONGONO A UNA CONOSCENZA PERFETTA, PRECOSTITUITA, CHE SI RIVELA APPENA I VELI INGANNATORI DEI PREGIUDIZI SONO STATI ALZATI.
19- La scienza così concepita non è una creazione umana, elaborata grazie all’immaginazione feconda dei più grandi geni dell’umanità, e che, trasmessa di generazione in generazione come un’opera imperfetta, ma perfettibile, si elabora lentamente e con pena, grazie al concorso di tutta la città scientifica; essa sembra data, in una sola volta, del tutto compiuta, a coloro che sono illuminati dalla ragione divina./ Identificando il razionale con l’evidente e con l’incontestabile, si separa la ragione dalle altre facoltà umane [per es. volontà], perché in questa prospettiva immaginazione e volontà non possono essere altro che causa degli errori, delle prevenzioni e dei pregiudizi. SI TOGLIE ALLA RAGIONE LA CAPACITA’ DI GUIDARCI IN TUTTO QUELLO CHE RIGUARDA IL PLAUSIBILE. L’idea di una scelta razionale, e di una argomentazione che consente di giustificarla, è spogliata di ogni significato. Da Descartes fino al neopositivismo contemporaneo, le stesse esigenze nell’ambito del sapere hanno condotto progressivamente, dall’imperialismo razionalista , in cui la ragione umana aspira a ritrovare la ragione divina, fino alla rinuncia ascetica del positivismo, che si confessa incapace di fornire alla nostra azione, oltre che una tecnica, un significato, gettando a mare l’ideale stesso della ragion pratica.
21- Solo una teoria dell’argomentazione, filosoficamente elaborata, ci permetterà (…) di riconoscere, tra l’evidente e il razionale, l’esistenza di una via intermedia , che è il cammino difficile e mal tracciato del ragionevole.
—————————————2. LA TEMPORALITA’ COME CARATTERE DELL’ARGOMENTAZIONE
22- [Argomentazione vs] il termine tradizionale DIMOSTRAZIONE è riservato ai mezzi di prova che consentono di dedurre, partendo dalla verità di certe proposizioni, quella di altre proposizioni [≈ nei sistemi di logica formale](…) Mente la dimostrazione, nella sua forma più perfetta, è una sfilata di strutture e forme il cui concatenamento non potrebbe essere respinto, L’ARGOMENTAZIONE HA UN CARATTERE NON COSTRITTIVO [propone ma nessuna delle soluzioni prevale a colpo sicuro]../Le opposizioni che si possono notare tra dimostrazione classica e logica formale da una parte e argomentazione dall’altra , possono, sembra, ricondursi a una differenza essenziale: IL TEMPO NON GIOCA ALCUN RUOLO NELLA DIMOSTRAZIONE, MENTRE NELL’ARGOMENTAZIONE E’ FONDAMENTALE.
23 Il fatto è che la dimostrazione ha affinità con la contemplazione; essa si colloca nell’istante o almeno in un tempo vuoto. Al limite ha i caratteri di una mistica.[premesse come evidenze cartesiane e conclusioni non rivolte a tutto l’uomo ma solo a certe facoltà in temporali, come intelletto o ragione.]/L’argomentazione, al contrario, che sollecita un’adesione, è prima di tutto un’azione: azione di un individuo, che si può chiamare in modo generico, l’oratore, su di un individuo, che si può chiamare in modo altrettanto generico l’ascoltatore, e questo allo scopo di far iniziare un’altra azione.
24-[Negli antichi tuttavia c’è la tendenza a considerare anche l’argomentazione come contemplazione]La sentenza del giudice, dice Aristotele, verte sul passato [il verdetto]. L’argomentazione dunque per gli antichi approda soprattutto a una visione, e questo senza dubbio perché la loro tendenza filosofica generale è la contemplazione e anche perché I PROBLEMI DI CONGETTURA, considerati come ricostituzione di quelli che furono gli avvenimenti e i PROBLEMI DI QUALIFICAZIONE, intesi come giusta attribuzione di certi termini a certi esseri, atti e situazioni, sembrano costituire l’essenziale del compito dell’oratore. Una visione più ampia di questi ed anche la concezione con la quale ci hanno familiarizzato le filosofie più recenti, particolarmente il PRAGMATISMO, aiutano oggi a SCOPRIRE L’ASPETTO ATTIVO DELL’ARGOMENTAZIONE. / L’AZIONE DELL’ORATORE E’ UN’AGGRESSIONE, PERCHE’ TENDE SEMPRE A CAMBIARE QUALCOSA, A TRASFORMARE L’ASCOLTATORE. [scuotere la tranquillità, credenze messe in crisi]
25- Si sa che gli effetti di un’argomentazione non sono definitivi, che l’adesione è modificabile col tempo (…) in ogni modo mentre la memoria basta a ricordare una dimostrazione, l’argomentazione deve essere rivissuta.[L’adesione è sempre precaria: ogni impegno può essere sempre revocato] [L’oratore è sempre alla ricerca di segni di adesione per poter costruire su di essi una nuova argomentazione -> Cfr tecniche come quella del giuramento, della confessione, della cosa giudicata] (…) DI QUI L’INTERESSE DELLA RIPETIZIONE E DELL’INSISTENZA , CHE IN UNA DIMOSTRAZIONE SONO SENZA UTILITA’. (…) Legata a tutti i cambiamenti che comportano il tempo, il cambiamento della persona, il cambiamento del contesto argomentativo , l’argomentazione non è mai definitivamente chiusa ; non è mai inutile rinforzarla.[Cfr. istituzioni che mirano a far rispettare i limiti di tempo.
27- Ripetere un’affermazione, esporre minutamente le conseguenze di un’ipotesi, possono essere altrettanti esempi di gerarchizzazione./D’altra parte si coglie il ruolo che può giocare in un dibattito la DIVERSIONE. Essa confonde le piste, ma più semplicemente ancora, essa mangia il tempo disponibile: il filibuster che praticano i senatori americani ne è un caso estremo.
28- [la morsa del tempo che stringe l’argomentazione] E’ frequente che tra gli argomenti messi avanti compaia quello dell’opportunià: c’è un’occasione da cogliere o da perdere, una circostanza che non si ripeterà più, e nella quale la decisione sollecitata deve inserirsi./ IL PROBLEMA DELLA DECISIONE, QUANDO SI TRATTA DI UN’AZIONE, SI PRESENTA IN CONDIZIONI MOLTO DIVERSE DA QUELLO DELLA DECIDIBILITA’ DI UN SISTEMA FORMALE. (…) L’obbligo di decidere è dato, esso precede ogni esame dei mezzi di prova. In certi casi è imposto dai testi: “Il giudice che rifiuterà di giudicare sotto il pretesto del silenzio, della oscurità o della insufficienza della legge, potrà essere perseguito come responsabile di denega-giustizia” (Codice napoleonico, art. 4) (…)/29- Se il giudice è obbligato a giudicare, è anche obbligato a motivare i suoi giudizi.
29- In tutte le società ci si preoccupa che certi dibattiti possano essere ripresi, e questo malgrado l’importanza attribuita alla cosa giudicata. Talvolta questa ripresa è sottomessa a certe restrizioni: bisogna, per esempio, che possa essere invocato un “fatto nuovo”.
30- Ci sono due modi possibili per far sfuggire i dati ad ogni influenza del contesto: isolando il sistema artificialmente o anche considerando che debba coprire la totalità dell’universo [la dimostrazione usa il primo mezzo, il secondo mezzo, che bisognerebbe chiamare non più isolante ma totalizzante, entra in gioco soltanto in una concezione teorica della dimostrazione a scala divina]
31-32- Accade anche che delle distinzioni tra linguaggio e oggetti di linguaggio e fra linguaggi di livelli differenti siano introdotte al solo scopo di giocare in seguito come fattori di valorizzazione o di svalutazione. E’ noto il deprezzamento che si fa subire a certi enunciati qualificandoli come “parole” in opposizione a cose”. La dissociazione fra ciò che è “verbale” e ciò che è “reale” non è tuttavia che uno dei modi di deprezzamento connesso a delle differenziazioni di livelli. (…) Così un’argomentazione relativa ai doveri verso la nazione potrà trattare quest’ultima come un oggetto di cui si analizzano i caratteri, sia come un oggetto di cui si verifica la denominazione, , sia ancora come un oggetto di cui si sono delineati i contorni, o come un concetto di cui si discute la fondatezza, sia infine come un’espressione di cui si cerca il significato o ancora come un’espressione di si valuta la risonanza. NON C’E’ LIMITE AL GIOCO DEI LIVELLI POSSIBILI, perché questi punti di vista non sono fissati una volta per tutte.
32- [Nella dimostrazione si sopprime l’influenza del simbolo sul simbolizzato e del simbolizzato sul simbolo.]L’argomentazione, al contrario, è essenzialmente un atto di comunicazione. Essa implica la comunione delle menti , la presa di coscienza comune del mondo in vista di un’azione reale; essa suppone un linguaggio vivente, con tutto quello che comporta di tradizione, di ambiguità, di permanente evoluzione./ LE NOZIONI UTILIZZATE, POICHE’ INSERITE IN UN LINGUAGGIO NATURALE, QUELLO DI UNA COMUNITA’ SOCIALE, NON POSSO ESSERE STACCATE COMPLETAMENTE DALLA LORO STORIA.
33- La cooperazione del linguaggio col pensiero, la creazione di pensiero attraverso la sola forza del linguaggio è stata spesso messa in evidenza. Cassirer cita elogiandole, alcune pagine di H. Von Kleist, Sulla graduale produzione del pensiero tramite il discorso [Cfr.Opere COMplete in Meridiani mondadori](…) Si tratta di una formazione del pensiero tramite il linguaggio che soltanto lo scorrimento del tempo consente, ma in cui il simbolo non crea, propriamente parlando il suo oggetto. Le cose stanno già diversamente del tutto quando attraverso la sola ripetizione di certi termini si crea nell’uditore un modo di pensare nuovo [Antonio dopo l’assassinio di Cesare “Bruto è un uomo d’onore”]
34- Il discorso esercita sull’uditorio un’azione tale che, secondo come esso si svolge, si modifica il modo in cui l’uditorio reagisce e in cui apprende i dati. DI QUI L’IMPORTANZA CONSIDEREVOLE, NELL’ARGOMENTAZIONE DELL’ORDINE ADOTTATO. QUESTO PRODUCE UN VERO CONDIZIONAMENTO DELL’UDITORIO. (…)Descartes considera l’ordine come un passaggio dal semplice al complesso .
35- Gli argomenti della direzione e dello spreco prendono il loro senso soltanto in una prospettiva temporale [prospettiva in cui l’avvenire condiziona il passato o viceversa] [36 Intervallo come indeterminazione che si inserisce fra i termini che costituiscono un ordine]
36- [trasformazione abituale e insidiosa di certi argomenti per es:] una enumerazione di esempi che mirano a promuovere una generalizzazione, tenderà a trasformarsi in una enumerazione di illustrazioni che confermano una regola. [anche ogni analogia tende a superarsi]
37- La forza degli argomenti non sarà indipendente dalla loro situazione nella storia. Infatti noi pensiamo che questa forza sia determinata dalla regola della giustizia: quello che è stato considerato valido in una data situazione sarà considerato valido in una situazione simile.: LA REGOLA DI GIUSTIZIA VUOLE, IN EFFETTI, CHE SI TRATTINO NELLO STESSO MODO ESSERI, SITUAZIONI, OGGETTI QUALUNQUE CHE APPARTENGONO A UNA STESSA CATEGORIA ESSENZIALE. E’ l’INERZIA che spiega l’applicazione della regola di giustizia agli esseri che si succedono nel tempo e che fa sì che si trattino nello stesso modo le situazioni nuove e quelle che si sono già incontrate. Inerzia che secondo Schopenhauer è essa stessa una legge di volontà tanto nelle abitudini di pensiero umano che nei movimenti dei corpi fisici e che, dice scherzosamente Sterne, fa assomigliare l’uomo a un cane che rifiuta di imparare un nuovo trucco.
38 [Bisogna dunque pensare che nell’argomentazione tutto è dipendenza, incertezza, instabilità? NO] L’argomentazione è al contrario strutturata da una serie di fattori di stabilità e fa pensare più a una successione di nodi che a uno scorrimento fluido./39 La materia dei nostri ragionamenti è in effetti costruita in modo tale da minimizzare il ruolo distruttore e creatore del tempo [“Se prima d’agire io vi avessi chiesto di accordarmi una statua in caso di successo, voi me l’avreste concessa. Adesso che ho avuto successo me la rifiuterete?]/[ Il pensiero scientifico come quello corrente ha creato oggetti di pensiero stabili, le cose con le loro proprietà…]Anche l’argomentazione se ne serve[fattori di stabilità parziale]: la nozione di persona con la sua opposizione agli atti è il prototipo di una di queste creazioni che permettono contemporaneamente di conservare la spontaneità, la variabilità e l’imprevedibilità degli atti e di dare nondimeno all’agente un carattere di permanenza sufficiente perché si possa inserire nei ragionamenti. Analogamente la nozione di essenza, nella sua opposizione a quel che è solo accidente è un procedimento di stabilizzazione, improntato al rapporto tra le persone e l’atto. Una serie di tecniche, come la qualificazione e l’epiteto, contribuiscono a questa stabilizzazione, consacrandola.
40-Nell’argomentazione non esistono contraddizioni: non ci sono che incompatibilità e l’obbligo di scegliere tra due esseri, due regole, due soluzioni, due azioni. Queste incompatibilità risultano da una decisione, esse sono POSTE, anche se per colui cui vengono presentate possono assumere un aspetto obiettivo./Rendendo simultanee certe esigenze si toglie ogni speranza di poterle rendere compatibili: è possibile adempiere successivamente agli obblighi verso diversi esseri, è spesso impossibile farlo nello stesso tempo.
40- Ogni generalizzazione è in qualche maniera un modo di sfuggire al tempo e , con ciò, di rendere delle norme incompatibili./Un altro mezzo consisterà nel sottolineare che ciò che sarà adoperato per l’appagamento di un fine immediato, non potrà più essere riservato come un mezzo per un fine ulteriore./ due tendenze entrano in conflitto quando le azioni che comportano dipendono da una stessa persona che produce impedimento o cooperazione: il fanciullo non può contemporaneamente mangiare un frutto che la madre gli proibisce e ottenere da lei il permesso di andare a giocare con i suoi amici.
42-[argomentazione quasi-logica = che si sforza di modellare gli argomenti negli schemi della dimostrazione logica o matematica-> per es. argomento del sacrificio] che consiste nel misurare qualcosa sul sacrificio che si è disposti a fare per ottenerla = implica che quel che si mette sui due piatti della bilancia non vari-> Quando si misura il valore dell’oggetto dai rimpianti che comporta la sua perdita, si ragiona in modo in temporale.
[tautologia e doppia negazione _> non si cancella mai del tutto ciò che è
stato detto una volta]
47- L’ARGOMENTAZIONE , POICHE’ SI INSERISCE NEL TEMPO, E’ LEGATA ALL’ANTROPOLOGIA, ALLA SOCIOLOGIA, ALLA PSICOLOGIA. Mentre la dimostrazione è la stessa per tutti ed è considerata dal punto di vista di uno spirito unico e immobile.
———————–PROSPETTIVE RETORICHE SUI PROBLEMI SEMANTICI
50 [Alla concezione riduzionista del linguaggio nei sistemi-ordini logici e matematici, dove quest’ultimo è interamente definito dalla sua sintassi e dalle regole semantiche di natura puramente formale] io vorrei opporre l’approccio retorico che considera il linguaggio come uno strumento d’azione di uno spirito sull’altro/51- Nelle pagine seguenti noi cercheremo di dimostrare che per l’elaborazione di una lingua che sia strumento di comunicazione e di azione sugli spirito v’è la necessità di elementi sui quali esiste un accordo preventivo e sufficiente per i bisogni di comunicazione, accanto ad altri elementi la cui comprensione e interpretazione , mai completamente garantita, possa elaborarsi e progredire nel corso di scambi d’idee più o meno prolungati. UNA LINGUA E’ IDEALE QUANDO E’ ADATTA NON SOLO AL DISCORSO ANALITICO, MA ANCHE AI DISCORSI DIALETTICI E RETORICI, NONCHE’ POETICI E RELIGIOSI.
52-“ Quale religione professo? Nessuna di tutte quelle che tu mi nomini. E perché nessuna? Per religione” (Schiller)
—————————-OPINIONI E VERITA’
61- E’ tradizionale, e non soltanto in filosofia, opporre la verità alle opinioni molteplici, la realtà alle apparenze diverse, l’obiettività alle impressioni fuggitive. La verità, la realtà e l’obiettività devono permettere di troncare il dibattito, di distinguere il falso dal vero, l’illusione da quel che è conforme al reale, l’allucinazione da quel che è conforme all’oggetto. La verità, la realtà, l’obiettività tracciano il retto cammino della conoscenza e ci mettono in guardia contro tutte le divagazioni. Esse forniscono la norma a cui bisogna sottomettere le opinioni, le apparenze e le impressioni, il cui statuto è equivoco e il fondamento incerto, perché sono contemporaneamente fonte di conoscenza e d’errore. Non facciamoci trarre in inganno : senza le opinioni, le apparenze e le impressioni l’accesso alla verità, alla realtà e all’obiettività ci è precluso: bisogna che la verità sia creduta, che la realtà si manifesti, che l’obiettività sia percepita.(…) Siamo noi che, disponendo del materiale elaborato da una tradizione critica, parliamo [a proposito del fanciullo fiducioso e credulo]di confusione, mentre lo spirito non prevenuto è ancora in uno stato preliminare. Il momento della distinzione viene soltanto quando, in rapporto a uno stesso oggetto, le opinioni si urtano, le apparenze si oppongono, le impressioni cessano di concordare. POICHE’ TUTTE LE OPINIONI , LE APPARENZE E LE IMPRESSIONI NON SONO COMPATIBILI, BISOGNA DISSOCIARE LA VERITà DALLE OPINIONI, LA REALTA’ DALLE APPARENZE, L’OBIETTIVITA’ DALLE IMPRESSIONI (…): OCCORRE UN CRITERIO PER SALVARE CIO’ CHE LO MERITA ./62- QUESTO CRITERIO NON E’ IMMEDIATAMENTE DATO INSIEME ALLE OPINIONI, ALLE APPARENZE, ALLE IMPRESSIONI PERCHE’, SE LO FOSSE, L’ERRORE SAREBBE DEL TUTTO INSPIEGABILE.
——————-IL METODO DIALETTICO E IL RUOLO DELL’INTERLOCUTORE NEL DIALOGO
71 – Nel Gorgia Platone ci indica la ragione per la quale gli sembra che il dialogo convenga maggiormente alla presentazione di tesi filosofiche. Il lungo discorso continuo (…) mira essenzialmente a persuadere gli uditori attraverso un accumulo di procedimenti più diversi che si sostengono reciprocamente e che impressionano più per l’effetto di insieme che per la solidità degli argomenti proposti. NON AVVIENE COSI’ NEL DIALOGO CONFORME ALLA DIALETTICA PLATONICA. Il ragionamento si avanza passo passo e ogni passo deve essere provato e confermato dall’interlocutore .
72- “Il dialettico procede attraverso domande e risposte, per non passare mai da una asserzione alla seguente senza essersi assicurato l’assenso [l’adesione] dell’interlocutore.[Ma]Platone ritiene certo che nessun interlocutore potrebbe rispondere diversamente da colui che egli introduce a parlare. Questa e tutta l’arte della dialettica” (Goblot) (…) Se l’interpretazione di Goblot è giusta, se lo svolgimento del dialogo non è influenzato per nulla dalla personalità di chi risponde, dato che quest’ultimo rappresenta soltanto le reazioni di una mente normale di fronte all’evidenza , LA FORMA DIALOGATA NON E’ CHE UN’ILLUSIONE che rischia, come mostra (…) Pareto, di indurci in errore, attribuendo all’interlocutore un ruolo che non ha. Al contrario, in questa prospettiva, la dialettica platonica costituisce un abbozzo di sistema deduttivo in cui le tesi deriverebbero le une dalle altre grazie ad un MECCANISMO INTERNO che condurrebbe, nella sua forma moderna,alla costruzione di macchine dialettiche, sul modello delle macchine calcolatrici. [METODO DIALETTICO = SISTEMA DIALETTICO = MONOLITICO ≠ PENSIERO DIALOGATO] 73- Diventando una logica, la dialettica diventa un sistema di concatenazioni necessarie , ma al prezzo dell’abbandono di ogni conformità con un dialogo reale. / Per Aristotele è il ragionamento analitico che avrebbe il carattere di univocità e di necessità [costringente] che noi attribuiamo alle dimostrazioni formali.
77- [Gli argomenti non danno mai luogo a una conclusione costrittiva]/ Il metodo dialettico , come si manifesta nel dialogo, presenta questa particolarità, che le tesi esaminate e le conclusioni adottate non sono né evidenti né stravaganti, ma rappresentano delle opinioni che, in un ambiente determinato, sono considerate le più sicure.
—————-[FILOSOFIA] DIALETTICA E DIALOGO
82- L’oggetto proprio della dialettica platonica [critica e non costruttiva come in Kant]è la discussione sui valori. Come ci mostra chiaramente un passo di Platone, là dove esiste un criterio non controverso come il calcolo, il peso, la misura o qualunque tecnica fondata sull’esperienza, le discussioni sono superflue e non è affatto necessario ricorrere alla dialettica per risolvere le controversie. Essa è al contrario indispensabile, quando mancano tecniche accettate per porre fine alle discordie.
90- [Per Aristotele] solo i ragionamenti analitici e formali sono necessari, i ragionamenti dialettici sono soltanto plausibili e ragionevoli.(…) Il discorso filosofico mira all’adesione di un uditorio privilegiato, l’uditorio universale, che è costituito da tutti gli uomini normali e competenti, ai quali si rivolge il filosofo. Ma poiché quest’uditorio è soltanto un’elaborazione di ogni filosofo, anch’esso è legato all’ambiente e all’epoca di quest’ultimo. L’UDITORIO UNIVERSALE ESSENDO UN’INCARNAZIONE CONCRETA E STORICA DELLA RAGIONE, PUO’ DIVENTARE L’OGGETTO DI STUDIO DELLA SOCIOLOGIA DELLA CONOSCENZA.(…) Niente dice che a ciascun momento della storia corrisponda un solo sistema filosofico. (…) Se ogni società è il campo di contestazioni e lotte, non è ragionevole ammettere che, se diverse tendenze hanno ciascuna il proprio portavoce filosofico, diversi sistemi in opposizione esprimono questa lotta nella storia della filosofia. (…) /91-“Tale contrasto è ripugnanza reale; esso può prendere anche direttamente la forma del conflitto, anzi della battaglia aperta. Ma non ha alcuna somiglianza con la contraddizione, poiché il contrasto non implica mai il rapporto di un A con un non-A, di un positivo con un negativo; piuttosto si ha sempre positivo di fronte a positivo. Espresso logicamente il rapporto è piuttosto contrario che contraddittorio, (…)” (N Hartman). A questo aspetto delle cose sarebbe dovuta la differenza essenziale tra la dialettica greca, che è sperimentazione ed eventuale rigetto di una tesi, e la dialettica hegeliana, che è passaggio da una tesi più astratta a una tesi più concreta, da una tesi più povera, formale, a una tesi più ricca più vicina al reale. Effettivamente il modo in cui si esprime la lotta e l’opposizione, sia nella realtà sia nella filosofia, richiama piuttosto i “dissoi logoi”, le antilogie di Protagora e Tucidite. Niente, d’altra parte, obbliga ad ammettere una sola antitesi per una tesi data. (…) Così tanto Marx quanto Kierkegaard si sono opposti all’idealismo speculativo di Hegel./92 (…) Solo il pluralismo filosofico può salvarci dalla idolatria che si manifesta nella storia col culto della personalità e nella filosofia col dogmatismo. [Il posto di Hegel nel dialogo dei grandi filosofi]
———————-L’EVIDENZA IN METAFISICA
103-[Il mondo di essenze obiettive di Descartes e il concetto di “morte naturale”] Questi esempi attinti a due ambiti diversi ci sembrano dimostrare che una nozione è chiara non indipendentemente dal suo contesto, ma perché nei contesti conosciuti non si intravedono casi la cui applicazione potrebbe ragionevolmente prestarsi a controversia. Il passaggio da ciò che è conosciuto attualmente ad una conoscenza assoluta può effettuarsi grazie all’intervento di un pensiero divino , per il quale tutte le questioni non presentano difficoltà: l’intuizione evidente di una natura semplice coinciderebbe con la visione di Dio, la cui chiarezza è fuori dubbio, e l’evidenza deve garantire agli uomini una conoscenza di carattere divino. Ma se ci si rifiuta a questa facilità, se ci si sforza di restare a livello dell’uomo, si ha il dovere di esaminare con maggiore attenzione le condizioni che assicurano la chiarezza delle nozioni e l’evidenza delle proposizioni che risulta dal metter in rapporto delle nozioni chiare. (…) La chiarezza di una nozione resta un’ipotesi soggetta alla prova di ogni caso di applicazione imprevisto. Si capisce che in questa situazione affermare di una nozione o di un testo che sono chiari, non è il più delle volte esprimere uno stato di cose obiettivo ; ma dar prova di mancanza di immaginazione e di mancanza di esperienza.
104 Secondo i teorici d’oggi [Cfr. Bachelard] quel che conta prima di tutto nel progresso della conoscenza e che permette di definirlo meglio è l’eliminazione dell’errore. La scienza cartesiana, al contrario, deve, per costituirsi, rompere completamente non solo con l’errore, ma anche con l’opinione e la verosimiglianza.
106- La conoscenza valida non è il prodotto di uno sforzo umano, di una lunga tradizione, che raccoglie in un tutto il più coerente possibile quel che il genio dei creatori ha prodotto nel corso dei secoli e che si inculca nei giovani spiriti per mezzo di una paziente iniziazione: essa è data, bisogna vederla e questa visione è alla portata di tutti. Ne risulta dall’altra parte una PEDAGOGIA DEI METODI ATTIVI , che noi troviamo preconizzata in J.J. Rousseau: “Che il vostro allievo non sappia nulla perché glielo avete detto voi, ma perché l’ha compreso da sé; che non impari la scienza, ma l’inventi. Se mai sostituirete nel suo spirito l’autorità alla ragione , egli non ragionerà più; non sarà più che il giocattolo dell’opinione degli altri.” ALL’EPISTEMOLOGIA DELL’IMMEDIATO SI ADDICE UNA PEDAGOGIA DELL’IMMEDIATO, la scienza è totalmente compiuta, bisogna soltanto trovarla./ Questa prospettiva, che io posso chiamare teologica, non può condurre che al disprezzo di tutto quello che è prodotto della storia, della cultura, di ogni creazione specificamente umana. La diversità vi è sempre segno d’errore, il disaccordo, se non è espressione di cattiva volontà, risulta da una mancanza di chiarezza e di distinzione e dimostra l’intervento di elementi perturbatori di cui bisogna liberarsi. (…) Quel che conta è il ritorno a Dio, sorgente di verità e di salute.
—————————————————–8. FILOSOFIA, RETORICA, LUOGHI COMUNI
113- La distinzione fra giudizi di fatto e giudizi di valore che si diffonde nel Novecento, sarà legata all’opposizione tra scienza e filosofia, dato che le scienze hanno per compito, grazie ai procedimenti di dimostrazione e di verifica, di stabilire i giudizi di fatto, mentre i giudizi di valore devono essere fondati dalla filosofia.
114- Ma che fare al momento di un conflitto tra i giudizi di valore? Il filosofo può guidarci, elaborando delle soluioni accettabili per tutti , o bisogna rassegnarsi al fatto che la ragione del più forte sia sempre la migliore? Per rispondere a quest’ultima domanda mi sono messo alla ricerca di una logica dei giudizi di valore. [ma dieci anni di ricerche mi hanno convinto di un’inesistenza di una logica dei giudizi di valore. Quello che invece le mie analisi mi hanno permesso di trovare sono le tecniche dell’argomentazione].
117- Il disprezzo abitualmente manifestato dai filosofi nei confronti della retorica risulta dal fatto che Aristotele e quelli che l’hanno seguito, hanno elaborato una tecnica destinata a persuadere, prima di tutto, un uditorio di ignoranti. Ma perché non concepire una teoria generale dell’argomentazione , una retorica adattabile a qualsiasi genere di uditorio, il che permetterebbe di introdurre, accanto all’efficacia del discorso, la qualità dell’uditorio come elemento per apprezzare il valore di un’argomentazione. COSI’ LA METODOLOGIA DI UNA DISCIPLINA SCIENTIFICA O GIURIDICA, PER ESEMPIO, CI INSEGNEREBBE QUAL GENERE D’ARGOMENTI, QUAL TIPO DI PROVA, SEMBRI Più CONVINCENTE AI SOSTENITORI DI QUESTA DISCIPLINA. Il discorso filosofico, considerato tradizionalmente come un richiamo alla ragione, sarebbe caratterizzato dal suo adattamento a un uditorio ideale che, per Platone e per gli spiriti religiosi, sarebbe incarnato dalla divinità, MA CHE IO QUALIFICO, PER PARTE MIA COME UDITORIO UNIVERSALE. Ai miei occhi il discorso filosofico si ispira , nel campo dell’argomentazione, all’imperativo categorico di Kant: IL FILOSOFO DEVE ARGOMENTARE IN MODO CHE IL SUO DISCORSO POSSA OTTENERE , SECONDO LUI, L’ADESIONE DELL’UDITORIO UNIVERSALE./L’argomentazione così concepita si riconnette a un’idea di ragione , che non è più unicamente concepita come strumento di ricerca della verità , ma come capace di esercitare una competenza nel campo dell’azione. Essa non è più limitata ai soli metodi scientifici, che determinano la conoscenza razionale, ma si estende a tutto il campo del ragionevole , il che dà un significato all’ideale della ragione./ Facendo appello alla ragione, o all’uditorio universale, il filosofo nel suo punto di partenza, può appoggiarsi a delle tesi (…) che nel suo spirito dovrebbero imporsi a tutti. Questo perché il suo discorso si appoggia sul senso comune e l’esperienza comune, o tiene conto di verità e di fatti, di evidenze e di necessità , che tutto il mondo dovrebbe ammettere. Di qui deriva l’importanza, per la comunicazione filosofica di quei principi comuni che gli daranno il punto di partenza per l’argomentazione. Importa a questo proposito mettere l’accento sul termine “comune” perché è grazie a questa comunanza che il discorso del filosofo può aggrapparsi a tutto quel che è ritenuto essere ammesso dall’uditorio universale.
——————————-9. LA FILOSOFIA DEL PLURALISMO
124-La filosofia di Spinoza, prototipo di una filosofia monista, affermerà nell’Etica, che è libero colui che è condotto dalla sola ragione e che, poiché la libertà è conformità alla ragione, quel che la ragione consiglia ad un uomo, lo consiglia a tutti. Gli uomini liberi sono dunque necessariamente concordi./ Il monismo ontologico o assiologico il più delle volte, d’altra parte, andrà di pari passo con un MONISMO METODOLOGICO secondo il quale non c’è che un metodo per attingere la verità, che è il metodo dimostrativo, quello dei matematici e che dovrebbe, in tutti gli ambiti, procurarci lo stesso genere di certezza di quello che ci procura la conoscenza matematica.[Cfr. il monismo sociologico di Durkeim-> lo Stato = la nazione politicamente e giuridicamente organizzata, inculcherebbe in tutti i suoi membri , grazie alla tradizione e all’educazione, l’insieme dei valori riconosciuti e dei comportamenti obbligatori]
127- [Il pluralismo sociologico di Dupreel, maestro di Perelman] risulta dal fatto che gli individui fanno simultaneamente parte di parecchi gruppi che ora collaborano e ora si oppongono, mentre ciascuno d’essi cerca di dimostrare la sua esistenza e, nella misura del possibile, la sua autonomia. La vita spirituale, con le sue particolarità , si spiega in gran parte con il modo in cui l’individuo regola la sua partecipazione alla vita sociale, a tutti quei gruppi viventi in simbiosi, ciascuno dei quali reclama il suo soccorso , facendo appello alla sua lealtà e alla sua solidarietà./ (…) Più una società è omogenea e isolata dalle influenze esterne, più sarà conformista e tradizionalista. Ma appena una società si diversifica e un individuo si integra in una pluralità di gruppi viventi in simbiosi, si producono necessariamente dei conflitti, per il fatto che le regole dei due gruppi di cui un individuo fa simultaneamente parte possono risultare incompatibili. Il caso tipico è quello dell’individuo che fa parte di un gruppo nazionale e di un gruppo religioso, che nelle società evolute non si confondono più. Che cosa deve fare se il gruppo nazionale esige da lui che presti il servizio militare , mentre il gruppo religioso gli proibisce di uccidere e anche, qualche volta, di portare le armi? (…)/128- Così in opposizione alla società chiusa, si elaborano degli ideali universalistici, quelli della società aperta (…) e l’individuo, non identificandosi più interamente con questo o quel gruppo di cui fa parte, acquista una certa consistenza propria. La sua autonomia, la sua libertà il progresso della sua coscienza sono una conseguenza del pluralismo sociologico, del fatto che egli no si identifica più completamente con uno dei gruppi di cui è membro.
128-La vita sociale consiste contemporaneamente in sforzi di collaborazione, ma anche in conflitti, fra individui e gruppi che tendono al dominio, alla gerarchizzazione e talvolta all’annientamento dell’avversario.
129- E’ la fondazione di un ordine giuridico statuale, con i suoi tribunali, la sua polizia e il suo esercito che serve di fondamento, dalla fine del Medioevo, all’ordine pubblico internazionale./ Nella concezione pluralista, lo Stato può adempiere efficacemente al suo ruolo di guardiano dell’ordine, di arbitro tra individui e gruppi che vivono in simbiosi sul suo territorio, soltanto se non si identifica con nessuno di essi. Alla concezione liberale dello stato guardiano dell’ordine sono venute col tempo ad aggiungersi altre missioni, essenzialmente quelle che individui e gruppi sono incapaci di adempiere o adempiono in modo imperfetto. Ma se lo Stato dovesse identificarsi con l’uno o l’altro dei gruppi presenti,assumendosi i suoi interessi e le sue aspirazioni, rischierebbe di non poter più adempiere la sua missione essenziale di guardiano dell’ordine, che gode del monopolio della forza.
130- La vita sociale e politica, in una società democratica, con le libertà di pensiero , di stampa, di riunione,e di associazione che la condizionano, ci presenta una forma ben conosciuta di PLURALISMO SOCIOLOGICO. Va da sé che ciascuna di queste libertà può dar luogo a degli abusi, a delle usurpazioni dei diritti e delle libertà altrui. Il ruolo del legislatore, dei tribunali, della giurisprudenza è quello di mantenere un equilibrio, sempre fragile, fra pretese legittime. Si tratta di ricercare in ogni situazione una soluzione accettabile , ragionevole, equa perché equilibrata.
131- Il pluralismo non si adatta a regole precise e quantificabili, perché queste implicano la riduzione di un valore ad un altro, dell’eterogeneo all’omogeneo. Al contrario il rispetto delle diversità implica la ricerca di soluzioni adatte a situzioni i cui elementi possono variare da una volta all’altra, il che esige sensibilità per tutti i valori presenti. (…) Notiamo che la concessione del potere di valutazione sia al potere giudiziario, sia al potere esecutivo, significa che l’autorità competente può scegliere , fra un certo numero di opzioni, quella che avrà il suo gradimento.
132- (…) I metodi di ragionamento utilizzati nel campo del diritto, non dipendendo di solito né dalla semplice constatazione, né dal calcolo [sono di tutt’altra natura rispetto a quelli delle matematiche o delle scienze naturali]. Il pluralismo, come si manifesta in politica, in diritto e in morale, è inconcepibile senza PLURALISMO METODOLOGICO. ALLA PLURALITA’ DELLE DISCIPLINE CORRISPONDE LA PLURALITà DEI METODI. [cfr. Aristotele in Etica Nicomachea]
135- [Il filosofo deve sforzarsi di convincere l’UDITORIO UNIVERSALE = UDITORIO IDEALE = RINUNCIARE ALLE TECNICHE DI PERSUASIONE E AGLI ARGOMENTI CHE NON SIANO IN GRADO DI CONQUISTARE L’ADESIONE DI UN SIMILE UDITORIO] Ma va da sé che, nel pluralismo filosofico, contrariamente che nel razionalismo classico, l’idea di ragione non si limita alle tecniche di ragionamento utilizzate dai matematici./(…) Mentre il razionalismo monista ricorre all’evidenza, il che gli permette di passare dall’adesione di uno solo a quella di tutti, squalificando quelli che non condividono le stesse evidenze, non essendo mai l’argomentazione costrittiva, il filosofo seguace del pluralismo, ammetterà che argomentazioni diverse possano corrispondere a concezioni variabili dell’uditorio universale. Il filosofo pluralista non pretenderà di imporre una verità eterna, avrà pretese minori: si accontenta di presentare una visione dell’uomo, della società e del mondo che gli si sembra ragionevole, e come tale capace di conquistare l’adesione dell’uditorio universale.
—————10. ANALOGIA E METAFORA NELL’AMBITO DELLA SCIENZA, POESIA E FILOSOFIA
138- Noi teniamo a sottolineare che secondo il nostro punto di vista c’è analogia soltanto quando è affermata una somiglianza di rapporti e non semplicemente una somiglianza tra termini. Se si afferma che A è B (Quest’uomo è una volpe), per noi non si tratterà di un’analogia, ma di una metafora, che è un’analogia condensata, ma di questa ci occuperemo in seguito. Per noi lo schema tipico dell’analogia è l’affermazione che A sta a B, come C sta a D. A e B, C e D possono essere diversi l’uno dall’altro in sommo grado: bisogna anzi che siano eterogenei in sommo grado perché l’analogia non si riduca a una proporzione. / E’ essenziale che l’analogia svolga un ruolo argomentativo, che la prima coppia (A-B) sia meno conosciuta della seconda (C-D) che deve strutturarla grazie all’analogia. Noi chiameremo la coppia che costituisce l’oggetto del discorso il TEMA, la seconda, grazie alla quale si effettua il trasferimento , il FORO dell’analogia.[Cfr. Lakoff “Metafora e vita quotidiana]
144-A seconda che il discorso sia concepito come una catena o come un tessuto, la prospettiva in cui è visto l’insieme del discorso e ciascuno dei suoi elementi, diventa subito radicalmente diversa. IN EFFETTI OGNI FORO STRUTTURA DIVERSAMENTE IL TEMA, SPINGENDO A METTERE IN EVIDENZA ALCUNI DEI SUOI ASPETTI E METTENDO IN OMBRA ALTRI. (…) Così [per esempio] descrivendo una battaglia con termini mutuati dal gioco degli scacchi, se ne elimina l’aspetto emotivo. / E’ facile capire che, molto spesso, la discussione filosofica oppone un’analogia ad un’altra, corregge quella dell’avversario o la prolunga in un modo al quale non aveva pensato. /Abbiamo visto come opponendo il foro del tessuto a quello della catena, si presenta in modo diverso un discorso ragionato. Ma accade spesso che la discussione filosofica utilizzi uno stesso materiale tradizionale, uno stesso foro, per svilupparlo o correggerlo in modi diversi.
145 [(Descartes (aspetto individuale della conoscenza) vs Leibniz. aspetto sociale della conoscenza) VS Hegel sull’idea di metodo come percorso della conoscenza, come cammino e come strada]/ [Per Hegel la conoscenza è un cammino che si costruisce da sé] A questa concezione impersonale della dialettica, io vorrei opporre una visione che tiene conto (…) nel progresso della conoscenza, della tradizione, dell’iniziazione e dell’esercizio. Per esprimerla io direi che il nostro cammino individuale è aiutato dai nostri genitori e dai nostri maestri, che prima di costruire nuove strade e di migliorare le antiche, noi abbiamo utilizzato un gran numero di percorsi tracciati dalle generazioni che ci hanno preceduto; che certi percorsi a furia d’essere trascurati si degradano e si coprono di una vegetazione che ci fa perdere il loro tracciatom che si è talvolta felici di ritrovare dopo secoli d’abbandono; che certi percorsi sono così scoscesi che solo gli alpinisti ben equipaggiati e allenati osano avventurarvisi.
——————————–MORALE – 11. CONSIDERAZIONI SULLA RAGION PRATICA
157- Se si circoscrive il campo dell’evidenza, tutto quello che gli è esterno si colloca in questa prospettiva al di fuori della razionalità: è per questo che soprattutto dopo Hume, ma già un secolo prima in Pascal, fautore dell’identificazione del razionale con ciò che è di competenza dello spirito di geometria, il dominio dei valori dipenderà da fattori irrazionali, come il cuore, il sentimento o la rivelazione.
158- Notiamo per cominciare che il dominio dell’evidenza è quello da cui sono escluse decisione e scelta, e deliberazione preliminare ad esse. Davanti all’evidenza, infatti, ci si può soltanto inchinare (…) In assenza di alternative all’azione , ogni considerazione di giustificazione è fuori proposito. /159- La giustificazione infatti riguarda le nostre azioni e le nostre pretese, le nostre scelte e le nostre decisioni: essa non riguarda, propriamente parlando né delle proposizioni (statements) che si possono dimostrare o verificare, ma che non si possono giustificare , né degli agenti che si possono rendere responsabili oppure no degli atti che hanno commesso, ma sono questi atti stessi che saranno criticabili o giustificabili./(…)Ma se la giustificazione concerne sempre un’azione o una disposizione ad agire, ammettere la possibilità di una giustificazione razionale significa nello stesso tempo AMMETTERE NELLO STESSO TEMPO UN USO PRATICO DELLA RAGIONE, NON LIMITANDO QUESTA A DISCERNERE DEI RAPPORTI NECESSARI E NEANCHE DEI RAPPORTI TRA IL VERO E IL FALSO. INFATTI OGNI GIUSTIFICAZIONE RAZIONALE SUPPONE CHE RAGIONARE NON SIA SOLTANTO CALCOLARE E DIMOSTRARE, MA ANCHE DELIBERARE, CRITICARE E CONTROBATTERE, PRESENTARE RAGIONI PRO O CONTRO, IN UNA PAROLA ARGOMENTARE. L’idea di giustificazione razionale infatti è inseparabile da quella di argomentazione razionale.
162-L’assolutismo si riduce a una aspirazione all’assoluto, perché i problemi concreti sono suscitati e risolti effettivamente , soltanto prendendo in considerazione valori e norme molteplici, ai quali noi aderiamo di fatto con intensità variabile. Queste norme e questi valori, costituiranno il contesto necessario senza il quale nessuna ragione potrebbe orientare i nostri atti, le nostre decisioni e i nostri orientamenti , perché né la critica né la giustificazione [≠ scusa] possono esercitarsi in un vuoto spirituale.
162-163- Il caso più banale di giustificazione risulta dalla prova che il comportamento criticato è conforme alla norma, realizza il valore o il fine invocato. Questa giustificazione comporta degli elementi di fatto e di diritto. Si proverà che i fatti criticati non si sono prodotti o che non sono imputabili a colui che viene criticato, dovendo quest’ultima giustificazione fornire una ragione di scusa per l’agente. La descrizione dei fatti potrà, dandosene il caso, essere accompagna da un’altra interpretazione della norma, del valore o del fine, in modo da giungere a una qualificazione dei fatti, da cui risulterà il rigetto della critica.
166- Una ragion pratica, che non si pretende apodittica, ma semplicemente ragionevole, deve, per non risultare dispotica, aprirsi alla discussione e al dialogo [dell’umanità illuminata?]. Come il regime monarchico si adatta meglio a realizzare le concezioni di una ragione sicura delle sue evidenze, così il regime democratico della libera espressione delle opinioni e della discussione di tutte le tesi presenti, è il concomitante indispensabile della RAGION PRATICA SEMPLICEMENTE RAGIONEVOLE.
————————————–12. GIUSTIZIA E RAGIONAMENTO
167- La scelta del qualificativo GIUSTO o INGIUSTO suppone che si faccia appello a un criterio stabilito, a un campione comune, talvolta anche comunitario, e che non si tratti soltanto di un partito preso.
168 Si sente come INGIUSTA ogni violazione della REGOLA DELLA GIUSTIZIA, CHE ESIGE IL TRATTAMENTO UGUALE D’ESSERI E SITUAZIONI ESSENZIALMENTE SIMILI. Al contrario, chi si conforma alla regola di giustizia, o segue un procedimento adeguato, sfugge a prima vista all’accusa di ingiustizia e non deve giustificare la sua condotta. Chi al contrario è accusato di violare la regola, di allontanarsi da un precedente stabilito, non può fare a meno di dare una giustificazione se vuole che la sua condotta non sia considerata ingiusta. Questa giustificazione consisterà in ragionamenti relativi alla materialità dei fatti, alla loro qualificazione o alla regola stessa che è stata violata.
170- La decisione di qualificare i fatti in un certo modo va di pari passo con la determinazione del campo di applicazione di una norma o della portata di un precedente. Questa può risultare da certe teorie dottrinali ( che hanno permesso l’elaborazione di nozioni come l’abuso di diritto o ordine pubblico internazionale ) che invocano delle ragioni d’ordine generale limitanti la portata di una regola di diritto.
173- [le] norme fondamentali non devono essere assimilate a degli “assiomi matematici”, evidenti ed univoci, ma piuttosto a dei “luoghi comuni”, cioè dei principi comunemente ammessi , che però restano vaghi e che possono in certi casi entrare in conflitto con altri principi: il ruolo delle autorità sarà quello di precisare la portata di ciascuno fra di essi e di gerarchizzarli per risolvere le incompatibilità alle quali può dar luogo l’applicazione simultanea nelle situazioni concrete.
———————14. LA GIUSTIFICAZIONE DELLE NORME
185-191 [DIALETTICA (=argomentazione= giustificazione) vs LOGICA (= dimostrazione= prove come evidenze)]
—————————DIRITTO – 15. DIRITTO, FILOSOFIA, ARGOMENTAZIONE
195- [Logica formale vs teoria generale dell’argomentazione]
196 [Teoria dell’argomentazione = filosofia ispirata, come il diritto e la pratica sociale, all’azione e ai problemi che essa suscita vs. Descartes e la diffusione a ogni ambito della metodologia delle scienze esatte] Vicolo cieco in cui la filosofia si trova da Hume ad oggi per la mancanza di una LOGICA DEI GIUDIZI DI VALORE. [-> LA FILOSOFIA CONTEMPORANEA OPPONE VOLONTA’ A CONOSCENZA RINUNCIANDO A OGNI FILOSOFIA PRATICA DELL’AZIONE RAGIONEVOLE]
197 [i giudizi di valore e l’applicazione della regola di giustizia] Senza filosofia pratica, l’uomo diventa vittima del suo subconscio, o meglio, schiavo di tradizioni culturali, politiche e religiose che, in assenza di ogni metodo adeguato, non può né superare , né adattare ai nuovi bisogni e alle soluzioni nuove./ In seguito ai miei studi sulla giustizia sono arrivato alla conclusione che la sola formula di giustizia che possa trovar grazia agli occhi di un positivista , è quella della giustizia formale, secondo cui i casi essenzialmente simili devono essere trattati allo stesso modo. Va da sé che dei giudizi di valore sono indispensabili per passare da questa formula alla sua applicazione, perché senza di essi non si può dire quali siano i casi essenzialmente simili né come si debba trattarli. Ma questi giudizi sembravano del tutto arbitrari, non potendo essere fondati né sull’esperienza, né sul calcolo./[Davanti all’impossibilità di ammettere quest’ultima conclusione, dopo Hitler e il culto della violenza del Novecento, mi sono messo alla ricerca di una logica dei valori, ma non l’ho trovata, quel che ho trovato, al contrario] è l’antica tradizione, del tutto dimenticata in quel periodo, della retorica e della dialettica greco-romana.
198- [IL LINGUAGGIO COME MEZZO D’AZIONE GRAZIE AL QUALE CI SI PUO’ IMPEGNARE E SI PUO’ PROMETTERE]
199– [Descartes-> dimostrazione matematica e prova costringente]
200- [Opinione pubblica illuminata = uditorio del giudice]
205- Un testo, per quanto sia preciso, non può enunciare tutte le situazioni, spesso imprevedibili, in cui cesserà di essere applicabile.[Al massimo conterrà delle clausole come “a causa di forza maggiore”. ma il giudice o l’agente di polizia dovrà reinterpretarle in ciascuna situazione]/ Questo modo di vedere un testo legale soltanto come un mezzo in vista di un fine e non un enunciato, applicabile in qualsiasi circostanza, fa cadere ogni assimilazione di una regola di diritto a una regola di gioco, perché il gioco evita ogni conflitto, per definizione e finché non viene interrotto. Col vedere nel diritto soltanto una struttura normativa, ignorando le funzioni del diritto nella società, la teoria pura del diritto , per delle ragioni metodologiche, corre il rischio di isolare il sistema giuridico dal suo contesto sociale e politico, che sussiste sempre sullo sfondo. Infatti, in una sitazione anormale, non prevista dal legislatore, ci si troverà davanti a una lacuna della legge, che i poteri responsabili, l’esecutivo in primo luogo, il giudiziario in seguito, dovranno colmare in qualche modo. / Tutta la problematica delle lacune nel diritto – che include anche quella della soluzione delle antinomie- mette chiaramente in evidenza il ruolo dei valori, il ragionamento sui valori e, di conseguenza, l’argomentazione giocano nel diritto.
206- In regola generale, e contrariamente alla dimostrazione, l’argomentazione, anche guidata da principi metodologici e principalmente da quello che esige il trattamento uguale di situazioni essenzialmente simili, non impone una soluzione determinata. Il più delle volte, essa permette di eliminare delle soluzioni non conformi ai principi, senza imporre una soluzione unica. LA RAGIONE STA NEL FATTO CHE IL RAGIONAMENTO SUI VALORI FA APPELLO A DEI “LUOGHI COMUNI”, COMUNI NON A CAUSA DELLA LORO EVIDENZA, MA A CAUSA DELLA LORO AMBIGUITA’.
207-Per poter agganciare il ragionamento su dei valori , che sono oggetto di controversia, a delle tesi ammesse, per evitare una petizione di principio, colui che argomenta si mette alla ricerca di luoghi comuni (…) i luoghi comuni danno all’argomentazione dei punti di partenza comunemente ammessi in un ambiente culturale / Mentre in logica tutti i segni sono ritenuti provvisti di un senso unico ed invariabile (…) nell’argomentazione che si svolge in una lingua naturale l’accordo sulle parole ed anche sulle frasi non significa affatto l’accordo sul loro senso. /(…) Va da sé che lo sforzo d’interpretazione sarà proporzionale al rispetto dovuto all’autore della comunicazione, (…) E’ lo stesso (…) per un testo legislativo: BISOGNA TROVARGLI UN SENSO , CONTEMPORANEAMENTE UTILE E RAGIONEVOLE.
210- [Evidenza intemporale vs principio applicabile della filosofia pratica = presunzione] I principi qualificati da Day come principi conservatori, liberali e socialisti accordano una presunzione a ciò che esiste, alla libertà e all’eguaglianza, pur ammettendo la possibilità di deroghe che però si debbono giustificare.[bisogna confrontare sempre i principi con le condizioni concrete del loro impiego ≠ leggi formali della logica o delle matematiche]
212 – Quel che c’è di specifico nell’argomentazione giuridica e che la distingue specificamente dall’argomentazione politica o morale, è il posto eminente che è accordato alla sicurezza giuridica, con l’intento di precisare nella misura del possibile, i diritti e gli obblighi di ciascuno e di respingere, se non di eliminare completamente, ogni arbitrarietà nelle decisioni di giustizia.
215 La teoria dell’argomentazione ci incita a estendere il campo d’applicazione della ragione a tutto il dominio del ragionevole (…) Una riflessione sul diritto, i suoi problemi e i suoi metodi è in grado di illuminare una filosofia del ragionevole che, pur integrando l’elemento personale, cerca di elaborare prospettive che potrebbero essere proposte all’universalità degli uomini.
————————————16. DIRITTO, LOGICA ED EPISTEMOLOGIA
217- [La giustizia come pesatura e come calcolo]/Tradizionalmente, ed è ancora così per chi conosce il diritto molto approssimativamente, la decisione del giudice era schematizzata da quello che si chiama sillogismo giudiziario, di cui veniva detto che la premessa maggiore era costituita dalla regola del diritto, la minore dai fatti accertati in occasione del processo, e la conclusione dalle conseguenze legali che ne derivano, tenuto conto del sistema legale in vigore. IN REALTA’ UN LOGICO NON AMEREBBE MOLTO PARLARE A QUESTO PROPOSITO DI SILLOGISMO: NON SI TRATTA INFATTI DI UN SILLOGISMO, MA PIUTTOSTO DELL’APPLICAZIONE DEL MODUS PONENS. Ecco lo schema del ragionamento: ogni volta che si dà A- cioè che certe condizioni sono riunite- ne deriva B –ne derivano certe conseguenze legali; ora A si è prodotto, dunque B deve essere applicato: la premessa maggiore è data dal giudice, cioè la regola di diritto che deve regolare i fatti in questione, la minore è costituita dai fatti che deve accertare lui stesso, la conseguenza ne risulta per semplice deduzione.
222- Ne risulta che l’idea stessa di una logica giuridica non è affatto, come certuni credono, l’applicazione della logica formale al diritto. Si tratta di strumenti –metodologici- di tecniche intellettuali messe a disposizione del giurista per compiere il suo sforzo. Sono dei ragionamenti per analogia, degli argomenti a ratione legis o secondo la finalità del diritto, o a pari o a contrario ecc. e che, tradizionalmente sono conosciuti da secoli come facenti parte della logica giuridica. Fino al Settecento si sono pubblicate opere intitolate Le topiche giuridiche che, appunto, espongono questa metodologia del giurista.
224- Il giudice si chiede quale sia il valore che si vuole proteggere e quale sia il valore che è in competizione con quello. (…) Noi vediamo subito che queste decisioni riguardano dei valori che, talvolta, sono il rispetto della verità (la verità è alla base di queste DECISIONI DI GIUSTIZIA) ma non sempre: se il diritto conosce la finzione – che non è l’invenzione di una civiltà o di una cultura , la finzione si trova in tutti i sistemi di diritto- questo dipende dal fatto che la finzione è una decisione con la quale si qualificano i fatti in modo contrario alla realtà per ottenere il risultato augurabile e che sarebbe più conforme all’equità, alla giustizia e all’efficacia sociale. [per es. la finzione del pretore romano che assimila gli stranieri al cittadino romano per poterli giudicare]
226- Si è creata la teoria dell’abuso del diritto , quando si è sostenuto che il proprietario non è più protetto nell’esercizio del suo diritto di proprietà, se vuole servirsene con lo scopo di nuocere agli altri, si è sostituito il diritto di proprietà concepito come diritto assoluto, lo si è ricondotto alla sua funzione sociale e si è stabilito che il diritto deve essere protetto solo quando svolge la sua funzione.
227- Si vede che tutte queste teorie [abuso di diritto, ordine pubblico internazionale]servono a opporre un valore a un altro valore, a restringere o a estendere la portata della legge e non solo a chiarificarla. Il giudice ha per missione di esercitare il diritto, ma in modo conforme alla coscienza della società. Perché? Perché il suo ruolo è quello di stabilire la pace giudiziaria e la pace giudiziaria sarà stabilita soltanto quando avrà convinto le parti, il pubblico, i suoi colleghi, i suoi superiori di aver giudicato in modo equo. Non si può dimenticare che la giustizia è l’ars boni et equi, secondo la vecchia tradizione e definizione romana. Ma, nella misura in cui il giudice applica queste tecniche di logica giuridica , con le quali egli confronta dei valori per arrivare a una decisione si constata che esse non hanno il rigore e la mancanza d’ambiguità della logica formale.
228- Noi non abbiamo bisogno di un giudice per sapere quanto fa due più due, né per risolvere problemi in cui il calcolo o la pesatura forniscono la soluzione. (…) Si ha bisogno di un giudice quando queste regole non sono univoche , quando il ragionamento non arriva a una conclusione, ma giustifica una decisione. (…) Qui non c’è verità, c’è il ricorso ad un poter per far riconoscere la decisione. In questa prospettiva si comprende l’importanza del poteree anche del fatto che sia riconosciuto, che si ammetta la sua autorità.
231 [Contro Kelsen -> tecniche giuridiche e confronto fra i vari sistemi di diritto]
————————————SCIENZE- 17. SCIENZA E FILOSOFIA
242-[il filosofo non come profeta, artefice di un monumento isolato, ma che fa prova di qualche umiltà , aprendosi al dialogo, dando delle ragioni, ascoltando critiche ed obiezioni] /[Residuo di sovranità intellettuale lasciato dalle scienze alla filosofia
———————————–18. LA CONCEZIONE DELLA RICERCA SCIENTIFICA DI M. POLANY
242- L’azione umana non mira a descrivere [come la scienza] ma a realizzare un avvenire conforme ai nostri desideri.
244- [Descartes vs] sapere fondato su una tradizione trasmessa da maestro ad allievi e come tale riservata ad una elite. [245- sulla tradizione illuminista e Rousseau]
246 – [Contro il monismo metodologico] I razionalisti e i positivisti avrebbero voluto staccare le costruzioni filosofiche dal loro ambiente storico e dalla loro tradizione culturale, considerandoli dei pregiudizi da gettare a mare. Ma se ci si rifiuta a questa operazione che priverebbe la filosofia di una delle sue dimensioni essenziali il pluralismo diventa non un’imperfezione evitabile, ma una realtà senza la quale non si possono comprendere la funzione e il posto della filosofia [= opera umana non evidente e necessaria, ma libera, seppure non arbitraria]
246 [Polanyi sul problema dell’invenzione: psicologia vs tradizione -> sul carattere personale e non formalizzabile della conoscenza (≈ fiuto, intuizione)/247- [percezione dell’insieme e teoria della forma vs analiticità]
—————————19. OBIETTIVITA’ E INTELLIGIBILITA’ NELLA CONOSCENZA STORICA
258- Lo sforzo dello storico è quello di ricostruire con il suo racconto, in modo intelligibile e imparziale, il passato umano , partendo da uno studio il più scientifico possibile delle fonti capaci di illuminarci su questo passato. Il suo sforzo non è quello del geografo, il cui oggetto resta ancora accessibile all’investigazione e in cui l’indicazione di una macchia bianca sulla carta costituisce un invito a nuove esplorazioni: nessuno storico potrebbe immergersi nel passato come un palombaro, per descrivere ciò che vi vede.
265- Lo storico non potrà limitarsi a notare le relazioni causali , ma dovrà soprattutto costituire delle entità esplicative delle quali l’avvenimento diventerà un’espressione particolare. La sua tecnica consisterà nel tener conto di quelli che noi abbiamo chiamato LEGAMI DI COESISTENZA [tipo quel legame che esiste fra una persona e i suoi atti, fra un regime e le sue istituzioni caratteristiche, fra uno stile e le opere che lo esprimono, fra un’epoca della storia, della civiltà e le sue manifestazioni/ 275 strutturare o gerarchizzare gli elementi del passato ] e che abbiamo opposto ai LEGAMI DI SUCCESSIONE [per esempio la sequenza degli avvenimenti]./273- Il tipo stesso del legame di successione è il rapporto FINE-MEZZO: le azioni e gli avvenimenti acquistano un senso in rapporto ai fini che si pensa realizzino, potendo essere questi fini, progetti divini o umani o la realizzazione di un orientamento impersonale, che sarebbe all’opera nella storia [(il senso della storia: visione retorica o teologica della storia)/273 senso della storia: retorico, teologico e filosofico o razionle]/269 [importanza degli avvenimenti e filosofia della storia]
267 [Lo storico come spettatore imparziale, con atteggiamento distaccato e disinteressato, piuttosto che come arbitro, che si impegna, che agisce, che prende delle responsabilità sentenziando in modo conforme alle regole e ai criteri che ha in comune con le altre parti]
268- [UDITORIO UNIVERSALE = insieme degli uomini qualificati e ragionevoli]
————————-20. SENSO E CATEGORIE NELL’AMBITO DELLA STORIA
275- [INDIVIDUO/PERSONA VS STORIA DEGLI AVVENIMENTI]/276- [ATTI ESSENZIALI (significativi e caratteristici) di una persona vs ATTI TRASCURABILI [/ABERRANTI] (eccezionali nella sua vita)]/277. [LA PERSONA COME CATEGORIA DELL’INDAGINE STORICA (≈ DESCRIZIONE DEI GRUPPI UMANI)->278 TECNICHE CHE SI ADOTTANO PER IMPEDIRE CHE UN ATTO ECCEZIONALE, ABERRANTE INFLUISCA SULL’IDEA CHE CI SI FA DI UNA PERSONA]/ La persona insieme ai suoi atti serve di prototipo alla concezione del gruppo e del rapporto che intrattiene con i suoi membri.
278. I problemi di qualificazione sono inevitabili ogni volta che si passa da un’entità localizzata nel tempo e nello spazio allo studio di una categoria, come socialismo o città, che non è, per definizione legata ad una certa localizzazione spazio-temporale.
283 [problemi di periodizzazione]
284 [Storici nominalisti e positivisti vs storici realisti e partigiani delle essenze]
———————————–21. EDUCAZIONE E RETORICA
293 [EDUCAZIONE VS PROPAGANDA: cfr. Lasswell e l’esempio della propaganda religiosa che dimostra come non si possa differenziare tra le due ricollegandosi alla natura delle tesi che ci si sforza di far ammettere, né alle intenzioni di chi le propaga: lo sforzo del prete riguarda nei due casi le stesse tesi e può considerarsi come risultante di un’intenzione ugualmente onorevole]
294- Ogni sforzo di persuasione si rivolge ad un uditorio . Per persuadere bisogna farsi capire, per voler persuadere bisogna dare qualche valore all’adesione di coloro che ascoltano. La persuasione suppone dunque fra chi scrive e i suoi lettori l’esistenza di una certa comunanza di interessi, il che non va da sé. NON SI RIVOLGE LA PAROLA AD OGNI UOMO E OGNI UOMO NON MERITA SEMPRE D’ESSERE ASCOLTATO. Ogni società ben organizzata si è preoccupata della creazione di quelle istituzioni politiche, giudiziarie, educative, che facilitano lo stabilirsi di questo contatto preliminare alla persuasione nei domini che le sembrano importanti./ Colui che si trova di propagare una tesi e che si trova nella situazione più generale, quella in cui il contatto degli spiriti non è ancora organizzato , deve sforzarsi di stabilirlo , di avere l’orecchio al suo pubblico, di ispirargli un minimo di fiducia. Non dimentichiamo che nella misura in cui non compie una funzione socialmente organizzata , rischia di portare turbamento, perché vuole cambiare una situazione esistente modificando qualche credenza nel suo interlocutore. L’inerzia mantiene le abitudini e le opinioni (…) cambiare d’opinione è spesso sgradevole, perché significa riconoscere su quel punto la propria inefficienza./295- Colui che vuole consolidare quel minimo di contatto indispensabile, per essere ascoltato deve sforzarsi di provare, prima di tutto, che lui e quelli che l’ascoltano fanno parte della stessa COMUNITA’ perché si interessano agli stessi valori, siano essi concreti, come una patria, o astratti, come la verità e la giustizia.
296. Il posto che noi assegnamo all’argomento di autorità e il suo ruolo nell’educazione al primo stadio, possono sembrare strani in un’ambiente attaccato al PRINCIPIO DEL LIBERO ESAME. Noi siamo infatti tutti partigiani di quest’ultimo principio ma non possiamo dimenticare che il libero esame presuppone un minimo di spirito critico, il che non si dà senza un minimo di fiducia nel proprio spirito.
297 [Quando noi insistiamo sul ruolo indispensabile dell’argomento di autorità, non è per proporci come difensori di questo argomento quando si tratta di un pensiero formato. LO SCOPO DELL’EDUCAZIONE E’ LA FORMAZIONE DELLA RAGIONE DELL’ALLIEVO , PER INCULCARGLI DELLE CONVINZIONI GRAZIE ALLE QUALI EGLI SAPREBBE ESERCITARE LA SUA RIFLESSIONE IN UN MODO INDIPENDENTE DAL MAESTRO.
299 [Rousseau vs formazione della ragione -> pro educazione al disprezzo di ogni educazione /303- Questa concezione ha contribuito più di ogni altra a scalzare il prestigio e l’autorità del maestro[-> vergogna del maestro?] SE LE PAROLE SENZA ESPERIENZA SONO VUOTE, L’ESPERIENZA SENZA LINGUAGGI E’ CIECA./304- BISOGNA ADATTARE IL RUOLO DEL MAESTRO AL GRADO DI MATURITA’ DELL’ALLIEVO.
309 [IL LUOGO COMUNE DELL’IRREPARABILE -> se voi li abbandonate, cosa sarà di questi orfani (Vincenzo De Paoli)
310- [i classici amano i luoghi comuni astratti della verità, del bello, del giusto, del bene vs i romantici amano i valori concreti, gli individui insostituibili e le relazioni uniche di amore che ci legano ad essi ( popolo, patria, razza, classe_> sacrifici, impegno, fedeltà