Il computer come macchina [multimediale] universale (2001)

22- Il 1995 segna l’avvento di Internet, il segno più rappresentativo della globalizzazione. E alla fine del decennio si capirà anche che la graduale computerizzazione della cultura ha finito per trasformarla completamente. La base economica della società moderna alla fine degli anni Cinquanta comincia a spostarsi verso un’economia dei servizi e delle informazioni, dando vita negli anni Settanta alla cosiddetta “società post-industriale” (Daniel Bell) e successivamente alla “società dei network” (Manuel Castells). Con gli anni Novanta la sovrastruttura comincia a percepire pienamente l’impatto di questo cambiamento [Cultural lag?]. Se il postmoderno degli anni Ottanta è il primo segnale, ancora debole, del cambiamento prossimo venturo, la rapida trasformazione della cultura in ‘e-culture’, dei computer in vettori universali di cultura, dei media in nuovi media ci obbliga a rivedere le nostre categorie e i nostri modelli.

37- E’ assai probabile che, così come la stampa a caratteri mobili nel XIV sec. e la fotografia nel XIX secolo ebbero un impatto rivoluzionario sullo sviluppo della società e della cultura moderne, oggi ci troviamo coinvolti in una nuova rivoluzione mediale: il passaggio di tutta la cultura, in ogni sua espressione, verso forme di produzione, distribuzione e comunicazione mediate dal computer [il computer come strumento per la produzione dei media e per la loro archiviazione, non solo esposizione e distribuzione].

41- Sia le macchine mediali, sia le macchine da calcolo erano assolutamente necessarie per il funzionamento delle moderne società di massa. La capacità di diffondere testi, immagini e suoni a milioni di cittadini -e quindi di assicurarsi le stesse convinzioni ideologiche- era essenziale quanto la capacità di registrare i dati anagrafici, lavorativi, sanitari e di pubblica sicurezza. La fotografia, il film, la stampante offset, la radio e la televisione hanno reso possibile la diffusione delle stesse ideologie, mentre i computer hanno reso possibile l’archiviazione di dati fondamentali per la collettività. I mass-media e l’elaborazione dei dati sono tecnologie complementari; compaiono contemporaneamente e si sviluppano fianco a fianco, permettendo la nascita della moderna società di massa. / Queste invenzioni hanno seguito a lungo un andamento parallelo, senza mai incrociarsi. Per tutto il XIX secolo e nella prima parte del XX vennero messi a punto numerosi tabulatori e calcolatori, sia meccanici, sia elettrici, sempre più veloci e diffusi. Contemporaneamente assistiamo all’ascesa dei media moderni, che permettono l’archiviazione di immagini, sequenze di immagini, suoni e testi su diversi supporti. (…) / Alla fine dell’Ottocento i media moderni ebbero un’ulteriore evoluzione quando si passò dalle immagini statiche alle immagini in movimento.

46- [I principi ispiratori dei nuovi media:

  1. Rappresentazione numerica -> La conversione dei dati continui in una rappresentazione numerica prende il nome di DIGITALIZZAZIONE (campionamento o sampling + quantificazione), i vecchi media, come fotografia o scultura, sono continui mentre i nuovi media sono discontinui, per es. cinema = fotografie continue + montaggio)
  2. Modularità-> Così come un frattale rimane invariato su scale diverse, il nuovo medium mantiene sempre la stessa natura modulare. Gli elementi mediali, immagini, suoni, forme o comportamenti, vengono rappresentati come insiemi organici di campioni discontinui (pixel, poligoni, voxel ecc.) Per esempio, uno dei film multimediali nel software Macromedia Director è composto di centinaia di fermi immagine, da filmati Quicktime e da suoni, archiviati separatamente e caricati a passo veloce. Poiché tutti gli elementi sono archiviati separatamente, si possono modificare in qualunque momento senza dover modificare il film contenuto nel software.
  3. Automazione [cfr. 116] -> La codifica numerica dei media (principio 1) e la loro struttura modulare (principio 2) consentono l’automazione di molte operazioni necessarie per la creazione, la manipolazione e l’accesso ai media. Quindi l’intenzionalità umana può essere rimossa, almeno in parte, dal processo. Automazione di basso livello è quella della creazione mediale, con cui l’utente modifica, o crea da zero, un mezzo espressivo, usando dei modelli o dei semplici algoritmi. /56- Automatizzare ricerca di informazioni rilevanti, nel XIX secolo tecnologie per automatizzare le riproduzioni: macchina fotografica, cinepresa, registratore ecc.
  4. Variabilità -> [=mutabilità, liquidità] I vecchi media implicavano un creatore, che assemblava manualmente gli elementi testuali, visivi e/o sonori in una determinata composizione o sequenza. Quella sequenza veniva poi immagazzinata in un certo formato, in un ordine fisso e immodificabile. (…) I nuovi media sono invece caratterizzati dalla variabilità. (…) Invece di riprodurre tante copie identiche, un nuovo oggetto mediale riproduce tante versioni diverse e invece di essere create integralmente da un essere umano, queste versioni vengono spesso assemblate da un computer. È il caso per es. delle pagine Web generate automaticamente da database che impiegano modelli creati dai progettisti del web stesso. Dunque il principio di variabilità è strettamente legato a quello dell’automazione. /58- La logica dei nuovi media corrisponde quindi alla logica post-industriale della ‘produzione on demand’ e alle logiche del ‘just in time’.
  5. Transcodifica -> la computerizzazione trasforma i media in dati informatici. I media computerizzati se da un lato mostrano ancora un’organizzazione strutturale che ha senso per i propri utenti (le immagini descrivono oggetti riconoscibili ecc.) dall’altro la loro struttura segue ormai gli schemi consolidati dell’archiviazione dei dati tipica dei computer. /278- transcodifica = ontologia del computer proiettata sulla cultura. Se nella fisica il mondo è costituito da atomi, e nella genetica è costituito da geni, la programmazione informatica inquadra il mondo nella propria logica. Il mondo si riduce a due tipi di oggetti software complementari: le strutture dei dati e gli algoritmi. Qualunque processo o compito viene ridotto ad algoritmo, una sequenza di operazioni che il computer esegue per rispondere a una determinata richiesta. Analogamente qualunque oggetto o fenomeno -la popolazione di una città, l’evoluzione dell’atmosfera nell’arco di un secolo, una sedia o il cervello umano- viene modellato come struttura di dati, cioè come serie di dati organizzati in modo da garantirne la ricerca.]

79- I nuovi media sono interattivi. Diversamente dai vecchi media, in cui l’ordine di rappresentazione è fisso, oggi l’utente può interagire con un oggetto mediale. Grazie all’interazione l’utente può scegliere gli elementi da visualizzare o i percorsi da seguire, generando così un output personalizzato.

85- [Interattività] Qual è il fine di questo moderno desiderio di riprodurre i processi mentali? Possiamo collegarci alla domanda di standardizzazione che caratterizza la moderna società di massa. Da qui l’oggettivazione di processi mentali interiori, privati, nonché la loro assimilazione a forme visive esteriori che si possono facilmente manipolare., produrre in grandi quantità e standardizzare separatamente. Il privato e l’individuale portati nell’area pubblica, diventano così regolamentati. / Ciò che era un processo mentale, uno stato specifico dell’individuo, è ormai parte della sfera pubblica. Processi e raffigurazioni interiori, non visibili, sono uscite dalla sfera individuale e trasportate all’esterno, sotto forma di disegni, fotografie e altre forme visive. Oggi possono essere commentate in pubblico, utilizzate nell’insegnamento e nella propaganda, standardizzate e distribuite su larga scala. Ciò che era privato è diventato pubblico. Ciò che era unico è diventato di massa. Ciò che era nascosto nella mente dell’individuo è diventato di dominio pubblico. / (…) Prima guardavamo un’immagine e seguivamo mentalmente le nostre associazioni private con altre immagini. Adesso invece il medium interattivo ci chiede di cliccare su un’immagine per andare su un’altra immagine. (…) Ci viene richiesto di seguire delle associazioni programmate, che esistono oggettivamente, in altri termini, secondo ciò che si può leggere come una versione aggiornata del concetto di ‘interpellazione’ [ideologica] -sviluppato dal filosofo Althusser- scambiamo la struttura della mente altrui per la nostra.

L’INTERFACCIA [GUI = Graphical User Interface]

91-La maggior parte delle teorie culturali moderne [si fonda sull’idea] della non trasparenza del codice. / L’interfaccia impone ai diversi media la propria logica dopo averli privati delle loro distinzioni originarie. Infine. Organizzando i dati immagazzinati nel computer in determinati modi, l’interfaccia fornisce delle particolari ‘mappe del mondo’-

97- L’HCI [Human computer interface o interfaccia universale è quella che usa la metafora dei file e dei folder e che offre svariate possibilità di manipolazione dei dati,] ovvero una grammatica di azioni significative che l’utente può effettuare su di essi. L’HCI permette di copiare, rinominare e cancellare un file, elencare i contenuti di una directory, avviare o arrestare un programma, sistemare la data e l’ora.

99- Perché le interfacce culturali -pagine Web, CD-ROM, videogiochi- sono strutturate in un determinato modo? Perché i designer organizzano i dati in certi modi e non in altri? / A mio avviso il linguaggio delle interfacce culturali è costituito in gran parte da elementi appartenenti ad altre forme culturali che già conosciamo. In questo paragrafo esaminerò il contributo fornito, negli anni Novanta, da tre tre forme culturali che fanno la loro comparsa nella sequenza di apertura del nuovo oggetto mediatico tipo degli anni Novanta, Myst. La prima forma è il cinema, la seconda è la parola stampata, la terza è l’interfaccia universale uomo-computer. /101- Il cinema, la parola stampata e l’interfaccia uomo-computer sono le tre principali aree di metafore e strategie dell’informazione che alimentano le interfacce culturali. [-> pagina, hiperlinking del WWW (≈ metonimia)] / 107- Negli anni Ottanta molti critici indicarono la spazializzazione come una delle principali caratteristiche del post-moderno, dunque il privilegiare lo spazio sul tempo, l’appiattimento del tempo storico, il rifiuto di narrazioni grandiose. I media progettati in quel periodo. realizzarono alla lettera la spazializzazione sostituendo l’archiviazione sequenziale con l’archiviazione casuale, l’organizzazione gerarchica con l’ipertesto appiattito. / (…) Il tempo è diventato un’immagine piatta o un panorama.

109- Diversamente dal cinema, dove la maggior parte della gente capisce il linguaggio cinematografico ma non lo parla (cioè non realizza film), tutti gli utenti del computer sono invece capaci di parlare la lingua dell’interfaccia [= interfaccia universale?] / 110- [La grammatica di accesso ai dati caratteristica della cinepresa: ingrandire, inclinare, fare una ripresa panoramica e riprendere il movimento: oggi tutti noi usiamo queste operazioni per interagire con spazi virtuali, modelli, oggetti, corpi] (…) La visione cinematografica trionfa sulla tradizione della stampa e la cinepresa cannibalizza la pagina. La galassia Gutemberg diventa un semplice componente dell’universo dei fratelli Lumiere. [111- Le tre metafore che sono alla base della moderna teoria filmica: cornice, finestra, specchio] / 113- Il programmatore di un mondo virtuale è un regista cinematografico e un architetto.

116- Il fatto che i videogiochi e i mondi virtuali continuano a codificare la grammatica dell’occhio cinematografico [cinepresa virtuale nell’hardware della consolle che governa il gioco], sia nel software sia nell’hardware, non è assolutamente un caso, ma è assolutamente coerente con il processo di computerizzazione della cultura in atto sin dagli anni Quaranta: l’automazione di tutte le operazione culturali./ 117- quando determinati codici culturali vengono inseriti in un software o in un hardware di basso livello, non appaiono più opzioni ma uno standard obbligatorio.

118. Un elemento dopo l’altro, il cinema viene letteralmente travasato nel computer: prima la prospettiva lineare da un unico punto di vista, poi la cinepresa e l’inquadratura rettangolare, poi le convenzioni cinematografiche e il montaggio; e ovviamente i personaggi digitali basati su convenzioni prese a prestito dal cinema (…) Invece di essere uno dei tanti linguaggi culturali il cinema sta diventando l’interfaccia culturale: una scatola di attrezzi per tutta la comunicazione culturale, che viene a prendere il posto della parola stampata.[filtro = cassetta di attrezzi per il recupero e l’utilizzo dei dati 119-120 -> 155- Dato che non esiste un occhio innocente non esiste neanche un ‘computer puro’. L’artista tradizionle percepisce il mondo attraverso filtri preesistenti quali codici culturali, linguaggi e modelli di rappresentazione. Anche il programmatore e l’utente dei nuovi media si avvicinano al computer attraverso una serie di filtri culturali. (…) Le forme culturali preesistenti, la parola stampata e il cinema, aggiungono le loro convenzioni nell’organizzazione delle informazioni. Queste forme interagiscono con le convenzioni dell’interfaccia per creare quelle che ho definito ‘interfacce culturali’: nuove convenzioni per l’organizzazione dei dati culturali. Infine, costrutti come lo schermo aggiungono un ulteriore livello di convenzioni] ->131- Lo schermo invece di essere un mezzo neutrale di informazione è un’entità aggressiva. Funziona come filtro per tagliare tutto ciò che non rientra nei suoi confini. / L’interfaccia a finestra ha più a che fare con il design, che tratta la pagina come un insieme di blocchi di dati diversi e ugualmente importanti -testo, immagini, elementi grafici- che con lo schermo cinematrografico. D’altra parte, con la realtà virtuale lo schermo scompare del tutto. La realtà virtuale utilizza una sorta di ‘cuffia’ le cui immagini riempiono completamente il campo visivo dello spettatore. (…) [STORIA DELLO SCHERMO] Entrambe le situazioni -l’interfaccia a finestra e la realtà virtuale- interrompono il regime di visione che caratterizza il periodo storico dello schermo dinamico [= cinema = visione frontale, superficie rettangolare, differenza di scala dimensionale, buio della sala e identificazione con lo spettatore -> schermo dinamico = intrattenimento vs schermo del pc = sorveglianza-> tECNOLOGIE DELL’INTRATTENIMENTO VS TECNOLOGIE DELLA SORVEGLIANZA].

139- [Schermo dinamico classico vs schermo interattivo] Lo schermo classico [fotografia?] mostra un’immagine statica e permanente, lo schermo dinamico [=cinema] mostra un’immagine del passato in movimento; infine, lo schermo che opera in tempo reale mostra il presente. / “La rappresentazione non viene definita direttamente dall’imitazione. Anche se ci liberiamo dai concetti di ‘reale’, di ‘verisimile’ e di ‘copia, ci sarà sempre la rappresentazione finché un soggetto (autore, lettore, spettatore o voyeur) getterà lo sguardo verso un orizzonte su cui ritaglia la base di un triangolo , di cui il suo occhio (o la sua mente) costituisce un vertice. ‘L’organo della rappresentazione (di cui oggi è possibile scrivere proprio perché abbiamo cognizione di ciò che è altro) avrà un doppio fondamento: la sovranità dell’atto di estrapolazione (decoupage [=taglio]) e l’unità del soggetto di azione… La scena, il quadro, la fotografia, il rettangolo a rilievo; ecco la condizione specifica che ci permette di concepire il teatro, la pittura, il cinema, la letteratura, ovvero tutte le arti diverse dalla musica, che potremmo definire arti diottriche.” (Barthes, Diderot,Brecht, Ejsenstein 1973)./ 140- [schermo ≈ apparato rappresentativo (che può essere anche non visuale, per es. la letteratura] /Qual è il prezzo che paghiamo per acquisire la padronanza del mondo, focalizzato e unificato nello schermo? L’atto di suddividere la realtà in ciò che esiste e in ciò che non esiste duplica simultaneamente la figura dello spettatore che si trova così ad esistere in due diversi spazi: lo spazio fisico e familiare del suo corpo reale e l’immagine virtuale dell’immagine racchiusa nello schermo. (…) [I misteri del giardino di Compton House, 1982, P. Greenway] E’ come se il soggetto che tenta di catturare il mondo, immobilizzandolo e fissandolo attraverso l’apparato rappresentativo (in questo caso il disegno prospettico) venisse intrappolato dall’apparato. Dunque, il soggetto si ritrova imprigionato. /Questa immagine sembra una buona metafora per quella che sembra essere una tendenza generale dell’apparato rappresentativo occidentale. In questa tradizione il corpo deve rimanere immobile nello spazio. (…) L’imprigionamento del corpo avviene sia a livello concettuale , che a livello letterario.

157- La differenza tra la società industriale e la società delle informazioni è il fatto che in quest’ultima, sia il lavoro, sia il tempo libero, comportano l’utilizzo delle stesse interfacce. Questa nuova relazione tra lavoro e tempo libero si accompagna a una relazione più stretta tra autori e lettori (e in generale tra produttori e utenti di oggetti culturali). Ciò non significa che i nuovi media eliminino del tutto la differenza tra produttori e utilizzatori (…) Anzi, visto che stiamo passando da una società industriale a una società delle informazioni, dai vecchi media ai nuovi media, la sovrapposizione tra produttori e utilizzatori è sempre più ampia. Ciò vale per il software che utilizzano entrambi i gruppi, le loro rispettive conoscenze e capacità, la struttura degli oggetti mediali tipici, e le loro operazioni sui dati informatici. / Alcuni software sono destinati ai produttori professionali o al dilettante; altri vengono utilizzati da entrambi i gruppi: browser e motori di ricerca, word processor e programmi di editing come Photoshop (impiegato normalmente nel montaggio dei film di Hollywood) o Dreamweaver. Inoltre, le differenze di funzionalità e di prezzo tra i programmi professionali e amatoriali sono minime (qualche centinaio di dollari o anche meno) rispetto al divario reale che separava attrezzature e formati usati da professionisti e dilettanti prima che si affermassero i nuovi media./ 158- Comunque i nuovi media non modificano sostanzialmente la natura della relazione professionista-dilettante. Il divario si restringe ma continua ad esistere, ed esisterà sempre, finché i produttori professionali esisteranno sul mercato. Con i vecchia media, come la fotografia, il cinema o la videocassetta, questo divario coinvolgeva tre aree fondamentali, tecnica, competenza ed estetica. Con i nuovi media abbiamo una nuova area di separazione. A mano a mano che la tecnologia professionale si rende disponibile anche ai dilettanti, i professionisti dei nuovi media creano nuovi standard e nuovi formati e nuove soluzioni estetiche pur di mantenere il loro status. La continua introduzione di nuove caratteristiche nella progettazione di siti web (…) può essere considerata come una strategia dei professionisti per mantenere un differenziale competitivo rispetto al pubblico comune.

183- Insieme alla selezione, la composizione è l’operazione chiave della creatività post-moderna a base informatica. Nel loro insieme queste due operazioni riflettono e permettono, simultaneamente, la pratica postmoderna del pastiche e della citazione, la prima selezionando elementi e stili dal database della cultura, l’altra assemblando questi elementi in nuovi oggetti.

185- Il desiderio di attivare i diversi sensi o, per usare il linguaggio dei nuovi media, le diverse tracce mediali, che ha stimolato molti artisti nell’arco del XX secolo (tra cui Kandinsky, Ejsenstein e Godard, solo per citarne alcuni, è estraneo ai prodotti multimediali. I quali seguono invece il principio della semplice addizione collocando, uno accanto all’altro, elementi appartenenti a media diversi senza alcun tentativo di contrasto, complementarità o dissonanza. Lo si vede bene nei siti web anni Novanta, che contengono immagini jpeg, videoclip, Quick Time, file audio e altri elementi mediali./ Possiamo rilevare delle forti tendenze antimontaggio nella moderna GUI.[estetica della continuità vs estetica del montaggio -> cfr. pag. 351 e la nozione di post-moderno vs novecenteschi ‘rompere con il passato’]

187- La composizione digitale appartiene alle tecniche di simulazione. Parliamo di tecniche impiegate per creare realtà fasulle e, quindi, che ingannano lo spettatore: moda e trucco, pittura realista, diorami, trappole militari e realtà virtuale.

189- [cinema primitivo PERFORMATIVO (=gli spettatori erano liberi di andare e venire e di conservare una certa distanza psicologica) vs cinema hollywoodiano ILLUSIONISTICO e basato sull’inganno, che posiziona ogni spettatore all’interno dello spazio immaginario della narrazione)

193- Negli anni Settanta il keying elettronico divenne la normale prassi televisiva, la costruzione di immagini si basava generalmente sul montaggio all’interno di una stessa inquadratura: (…) il meteorologo davanti alla carta del tempo, l’annunciatore davanti al notiziario filmato, il cantante davanti all’animazione del suo video musicale. (…)L’immagine creata con il keying presenta una REALTA’ IBRIDA,  composta da due spazi diversi. I due spazi sono connessi sequenzialmente (…) ma sul piano visivo sono disconnessi perché non hanno in comune né la scala dimensionale, né la prospettiva.

207- Evidentemente siamo più impressionati (o meglio lo eravamo fino ai tempi di Internet) dalla capacità dei media di registrare determinati aspetti della realtà – e di simularla poi a beneficio dei nostri sensi- che dalla loro capacità di comunicare e far comunicare in tempo reale. (…) Questo perché le nuove tecnologie di registrazione hanno portato allo sviluppo di nuove forme artistiche mentre la comunicazione in tempo reale no. Il fatto che determinati aspetti della realtà sensibile si possano registrare, e che tali registrazioni si possano poi combinare, riorganizzare e manipolare -in breve editare– ha reso possibile le pratiche mediali che hanno dominato il Novecento. / Fin dai loro esordi le tecnologie mediali si sono sviluppate lungo due traiettorie distinte. La prima è quella delle tecnologie di rappresentazione: film, cassette audio e video, formati digitali vari. La seconda è quella delle tecnologie di comunicazione, ovvero tutto quello che comincia col suffisso TELE: telegrafo, telefono, telex, televisione, telepresenza.

214-La prospettiva è solo un esempio di strumento-immagine. Qualunque rappresentazione che catturi sistematicamente alcune caratteristiche della realtà si può usare come strumento. In effetti quasi tutti i tipi di rappresentazione che non rientrano nella storia dell’illusionismo -diagrammi, carte, mappe e raggi x, immagini agli infrarossi e immagini radar- appartengono al secondo filone storico, quello delle rappresentazioni come strumenti di azione. / Se il potere, secondo la definizione che ne dà Latour include la possibilità di manipolare risorse a distanza, allora la teleazione ci mette a disposizione un tipo di potere nuovo e unico: IL CONTROLLO A DISTANZA IN TEMPO REALE. Posso guidare un veicolo giocattolo, riparare una stazione spaziale, effettuare uno scavo sottomarino e persino uccidere: il tutto a distanza.

217- Umberto Eco ha definito il segno come qualcosa che si può usare per raccontare una bugia. Questa definizione descrive correttamente una funzione della rappresentazione visiva: l’inganno. Ma nell’era della telecomunicazione elettronica ci occorre una nuova definizione, il segno è qualcosa che si può usare per teleagire.

218- I saggi di Benjamin e di Virilio [L’opera d’arte nell’epoca… (1936) e Big Optics (1992)] si concentrano sullo stesso tema: la rottura causata da un prodotto artistico -in particolare una nuova tecnologia di comunicazione (il cinema nel caso di W. Benjamin, la telecomunicazione nel caso di Virilio) – nei modelli familiari della percezione umana; in sintesi, dall’intervento della tecnologia sulla natura umana. Ma cos’è la tecnologia, cos’è la natura umana? Come si traccia il confine tra le due cose nel Novecento? Benjamin e Virilio risolvono il problema nello stesso modo. Assimilano la natura alla distanza spaziale tra l’osservatore e l’osservato e vedono nella tecnologia ciò che annulla questa distanza. / 219- Il rispetto per la distanza che è comune alla percezione naturale e alla pittura, viene rovesciato dalle tecnologie di riproduzione di massa, specialmente dalla fotografia e dal film. Il cameraman, che Benjamin paragona al chirurgo, ‘penetra profondamente nella rete della sua realtà’, la sua cinepresa effettua uno zoom per ‘staccare l’oggetto dalla conchiglia in cui è racchiuso’. [Cfr. L’uomo con la macchina da presa di D. Vertov] Questi primi piani, scrive Benjamin soddisfano il desiderio delle masse di ‘avvicinare le cose spazialmente e umanamente’, ‘di possedere visivamente da vicino un determinato oggetto’. Quando le fotografie vengono messe su un’unica rivista o un unico filmato, sia la scala dimensionale che la localizzazione specifica degli oggetti vengono ignorate, rispondendo così alla domanda di ‘eguaglianza universale delle cose’ tipica della società di massa.

219- [Per Virilio] il concetto di small optics si basa sulla prospettiva geometrica comune alla visione umana, alla pittura e al film. Implica le distinzioni tra vicino e lontano, tra un oggetto e l’orizzonte su cui si staglia. Il concetto di big optics indica la trasmissione elettronica in tempo reale delle informazioni (…) 220- Poiché la ‘piccola ottica’ viene rimpiazzata dalla ‘grande ottica’ le distinzioni caratteristiche della small optics vengono cancellate. Se le informazioni provenienti da qualunque punto si possono trasmettere alla stessa velocità, i concetti di vicino e lontano, di orizzonte, distanza e persino di spazio perdono ogni significato. Quindi se per Benjamin l’era industriale ha rimosso tutti gli oggetti dal loro contesto originario, per Virilio l’ea post-industriale elimina totalmente la dimensione dello spazio (…) Di conseguenza la grande ottica ci rinchiuderebbe in un mondo claustrofobico privo di profondità e di orizzonte; la terra diventerebbe la nostra prigione. (…) / Lamenta il venir meno delle distanze, della grandiosità geografica, della vastità dello spazio naturale: quella vastità che garantiva uno scarto temporale tra gli eventi e le nostre reazioni, lasciandoci così il tempo per la riflessione critica, indispensabile per arrivare a una decisione corretta.

232- I nuovi media modificano il concetto di immagine perché trasformano lo spettatore in utente attivo. (…) I nuovi media trasformano la maggior parte delle immagini in interfacce-immagine, in strumenti-immagine. (…) I nuovi media ci traghettano dall’identificazione all’azione.

252- Nella storia della computerizzazione cinematografica degli anni Novanta [immagine sintetica]Terminator 2 e Jurassic Park sono pietre miliari. (…) Quello che la grafica computerizzata ha realizzato non è il realismo , ma più semplicemte il FOTOREALISMO: ovvero la capacità di falsificare non la nostra esperienza percettiva e materiale della realtà, ma solo la sua immagine fotografica. (…) / 253 – Se c’è un equivalente odierno delle cattedrali medievali , sta proprio nel film di Hollywood coi loro effetti speciali. Sono veramente epici sia nella dimensione, sia nell’attenzione ai dettagli. Assemblato nel corso degli anni da migliaia di tecnici specializzati ognuno di questi film si propone come la massima rappresentazione della professionalità collettiva contemporanea. Ma se gli architetti del Medioevo lasciavano dietro di sé meraviglie costruttive fatte di pietra e vetro, e impregnate di fede religiosa, i creativi di oggi si lasciano dietro solo dei pixel che vengono proiettati su schermi cinematografici o presentati su monitor di computer. Sono cattedrali immateriali.

262- L’esempio tipico di questa organizzazione ciclica dell’esperienza dell’utente sono i videogiochi che alternano fasi in ‘full motion video’ a fasi che richiedono l’imput dell’utente. (…) Lo spazio tridimensionale diventa una superficie, una fotografia diventa un diagramma, un personaggio diventa un’icona. IPossiamo dire che lo schermo alterna senza sosta la dimensione rappresentativa con la dimensione di controllo. / Mentre i registi modernisti di cinema e teatro d’avanguardia mostravano deliberatamente i meccanismi e le convenzioni che consentivano di produrre e mantenere l’artificio delle loro opera -per esempio facendo parlare direttamente gli attori al pubblico o girando la cinepresa rivelando la troupe e il set- l’’auto-decostruzione’ sistematica attuata dagli oggetti, dalle applicazioni, dalle interfacce e dall’hardware, non sembra distrarre l’utente dall’immersione nell’effetto realtà. / 263- Il vecchio realismo corrispondeva al funzionamento dell’ideologia della modernità, alla dinamica totalizzante di un campo semiotico, la ‘falsa consapevolezza’, la completa illusione. Oggi l’ideologia funziona diversamente, decostruisce continuamente e sapientemente se stessa, presentando al soggetto una serie infinita di scandali e di indagini. I leader della metà del XX secolo venivano rappresentati come personaggi quasi mitici, incapaci di errori e debolezze. Oggi invece siamo abituati agli scandali che coinvolgono i nostri leader politici, eppure questi scandali non ne diminuiscono la credibilità. (…) L’autocritica, lo scandalo e la rivelazione dei meccanismi sono diventate nuove componenti strutturali dell’ideologia contemporanea. [azione-partecipazione-simulazione vs percezione- visione-rappresentazione]

268- Negli anni Settanta il modello dell’interfaccia grafica per l’utente (GUI) emulava le interfacce più comuni: l’archivio, la scrivania, il cestino della carta straccia, il pannello di controllo (…) Con la migrazione in ambiente informatico , la raccolta dati e lo spazio navigabile sono cambiati nella misura in cui hanno incorporato le tecniche specifiche del computer per strutturare i dati, come la modularità , nonché la sua logica fondamentale, la programmazione. Quindi per esempio un database informatico è completamente diverso da una tradizionale archiviazione dei documenti: permette di accedere, classificare e riorganizzare milioni di informazioni nel giro di pochi minuti, può contenere vari tipi di media e assume più forme di indicizzazione dei dati, visto che ogni registrazione contiene più campi che vengono definiti dall’utente. (…) Oggi (…) a una biblioteca, a un museo, a qualunque ricca collezione di dati, si sostituisce un database. (…) Il database diventa la nuova metafora che concettualizza la memoria individuale e collettiva, una raccolta di documenti, di oggetti, di altri fenomeni, di esperienze.

270- La creazione di nuovi oggetti mediali può essere intesa come la costruzione dell’interfaccia migliore per un database multimediale o come la definizione di metodi di navigazione attraverso narrazioni spazializzate. Il primo approccio è quello degli ipermedia autocontenuti e dei siti Web, cioè laddove l’obiettivo è di produrre un’interfaccia per i dati. Il secondo approccio è tipico soprattutto dei videogiochi e dei mondi virtuali, laddove l’obiettivo principale è il coinvolgimento psicologico in un mondo immaginario. (…) Spesso i due obiettivi, di accesso alle informazioni e di coinvolgimento psicologico si combinano all’interno all’interno dello stesso oggetto mediale. ACCANTO ALLA CONTRAPPOSIZIONE TRA SUPERFICIE E PROFONDITA’, L’OPPOSIZIONE TRA INFORMAZIONE E ‘IMMERSIONE’ PUO’ ESSERE VISTA COME ESPRESSIONE PARTICOLARE DELLA CONTRAPPOSIZIONE PIU’ GENERALE CHE CARATTERIZZA I NUOVI MEDIA: AZIONE E RAPPRESENTAZIONE.

271- Nell’era dell’informazione, narrazione e descrizione si sono scambiate i ruoli. Se le culture tradizionali offrivano narrazioni ben definite (miti, religioni) e scarse informazioni, oggi abbiamo troppa informazione e poche narrazioni capaci di integrare il tutto. Bene o male, l’accesso all’informazione è diventata un’attività chiave nell’era digitale. Perciò quello di cui abbiamo bisogno è quella che potremmo chiamare un’‘info-estetica’, un’analisi teorica dell’estetica dell’accesso alle informazioni, nonché della creazione di nuovi oggetti mediali che ‘estetizzino l’elaborazione dell’informazione. (…) “Il motore di ricerca assume il comando”, l’accesso all’informazione non è più solo una forma essenziale di lavoro, ma anche una nuova ed essenziale categoria della cultura. Di conseguenza è corretto affrontarla dal punto di vista teorico, estetico e simbolico. [Information design].

274- [Il database come nuova forma simbolica nell’era dei computer o della società digitale]. Se, dopo la morte di Dio (Nietzsche), la fine del grande sogno illuministico (Lyotard) e l’arrivo del Web (Tim Berners-Lee) il mondo ci appare come una raccolta infinita e destrutturata d’immagini, testi e altri record di dati, è perfettamente logico assimilarlo a un database. [276- Logica antinarrativa del Web-> se si aggiungono sempre nuovi elementi il risultato è una collezione non una narrazione]

279- La computerizzazione della cultura implica la proiezione di queste due componenti fondamentali del software [algoritmi + database] -e dell’ontologia specifica del computer- sulla sfera culturale

279- [Negli anni Novanta si impose il nuovo ruolo del COMPUTER COME MACCHINA MULTIMEDIALE UNIVERSALE]

280- L’ascesa del Web, questo corpus gigantesco ed eternamente mutevole di dati, ha regalato a milioni di persone un nuovo hobby o una nuova professione, l’indicizzazione dei dati.

281- In genere la creazione di un’opera, nell’ambito dei nuovi media, può essere assimilata alla costruzione dell’interfaccia per un database.

289- Perché i nuovi media insistono su una sequenzialità simile a quella del linguaggio? [Anche se al paradigma (database) viene data un’esistenza materiale, mentre il sintagma (la narrazione) viene dematerializzata, al contrario del linguaggio] La mia ipotesi è che seguono l’ordine semiologico predominante nel Novecento, quello del cinema. Il cinema ha sostituito tutte le altre forme narrative con una narrazione sequenziale, una linea di montaggio in cui le inquadrature compaiono sullo schermo una dopo l’altra. [cinema ≈ fumetto = narrazione spazializzata pre-cinematografica] / 290. Invece di mettere in relazione le forme-database e le forme narrative con gli attuali media e tecnologie dell’informazione (…) preferisco considerarli come due forme d’immaginazione concorrenti, due impulsi creativi diversi , due risposte essenziali al mondo [Diderot fu autore di romanzi ma anche della monumentale Encyclopedie]/ 306- Uscendo dalla dicotomia narrazione-descrizione appare più utile considerare i videogiochi in termini di AZIONI NARRATIVE E DI ESPLORAZIONE.

311- Sia l’organizzazione dello spazio sia il suo utilizzo allo scopo di presentare o visualizzare qualcos’altro , hanno sempre costituito una parte fondamentale della cultura umana. L’architettura e la mnemonica antica, la pianificazione urbana e la rappresentazione per diagrammi, la geografia e la topologia sono soltanto alcune discipline e tecniche che sono state sviluppate per sfruttare il valore simbolico ed economico dello spazio. (…) Per la prima volta LO SPAZIO DIVENTA UN MEDIUM. Proprio come gli altri media -audio, video, immagine e testo- oggi lo spazio può essere trasmesso, immagazzinato e recuperato all’istante; si può comprimere, riformattare, trasformare in un flusso, filtrare, computerizzare, programmare e gestire all’istante. /331 [spazio navigabile come nuova forma espressiva]/334 – Il flaneur e l’esploratore [come il cowboy solitario del western] ritrovano la loro espressione in diverse figurazioni soggettive assunte dagli utilizzatori dei nuovi media. Geert Lovink chiama ‘Data Dandy’ l’odierno utente dei media, il navigatore della rete. (…)]Il dandismo dei dati è nato per evitare di esser esiliati in una sottocultura.

340- Vertov nella sua ricerca  [sui limiti della visione]si colloca a metà strada tra il flaneur di Baudelaire e l’odierno utente dei computer, non più solo un curioso che passeggia lungo una strada , ma non ancora il data cowboy di Gibson, che cavalca tra i dati armato di algoritmi.

351 – Le due forme post-moderne del database e dello spazio navigabile sono complementari nei loro effetti sulle forme della modernità. Da una parte la narrazione viene appiattita in un database. La traiettoria che attraversa gli eventi e/o un arco temporale diventa uno spazio piatto. Dall’altra parte uno spazio piatto dell’architettura o della topologia viene narrativizzato , diventando un supporto per i singoli utenti. E’ chiaro che abbiamo lasciato la modernità per qualcos’altro.

358- [Uso tipico delle immagini al computer: interfaccia (icona?) vs strumento (mappa)]

362- Il cinema, definito come ‘supergenere’ di film narrativi dal vivo, appartiene alle media arts che diversamente dalle arti tradizionali, si basano sulla registrazione della realtà [sorveglianza?]. Un altro termine, decisamente meno popolare di ‘media arts’, ma forse più preciso è ‘recording arts’.

363- La costruzione manuale delle immagini che caratterizza il cinema digitale rappresenta un ritorno alle pratiche pre-cinematografiche del XIX secolo, quando le immagini erano dipinte e animate a mano. All’inizio del Novecento il cinema delega queste tecniche manuali all’animazione definendosi mezzo espressivo basato sulla registrazione. Adesso che il cinema sta entrando nell’era digitale, queste tecniche stanno ridiventando abituali nel processo di realizzazione di un film. Di conseguenza un film non si può distinguere nettamente dall’animazione. Non è più una tecnologia mediale basata sull’indicizzazione delle immagini, ma piuttosto un sottogenere di pittura.

371- Dati i principi appena formulati, possiamo definire il cinema digitale con questa equazione: cinema digitale = ripresa dal vivo +pittura + elaborazione di immagini + montaggio + animazione computerizzata a 2D + animazione computerizzata a 3D.

400- Il linguaggio cinematografico, che in origine era un’interfaccia della narrazione nello spazio tridimensionale , sta ormai diventando un’interfaccia per tutti i tipi di dati e di media digitali.

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