Se la casa brucia, non ci si deve preoccupare in primo luogo di spegnere l’incendio, anziché ricercare il colpevole che l’ha attizzato? (1915)

La crisi della socialdemocrazia (Juniusbrochure) (1915)

2- Il principio socialdemocratico dell’autodeterminazione delle nazioni, non esprime il diritto e il dovere di ogni popolo a difendere la propria libertà e indipendenza? Se la casa brucia, non ci si deve preoccupare in primo luogo di spegnere l’incendio, anziché ricercare il colpevole che l’ha attizzato? Questo argomento della ‘casa in fiamme’ ha svolto un grande ruolo, da una parte e dall’altra, nel comportamento socialista, sia in Germania, sia in Francia. Anche in paesi neutrali ha fatto scuola: tradotto in olandese: se la nave fa acqua, perché non cominciare col chiudere le falle? /Certo, abietto il popolo che capitola di fronte al nemico esterno, come abietto il partito, che capitola di fronte al nemico interno. Solo una circostanza i pompieri della ‘casa in fiamme’ hanno scordato: che su labbra socialiste la difesa della patria ha tutt’altro significato che non il diventare carne da cannone al comando della borghesia imperialistica (…) Secondo la teoria poliziesca del patriottismo borghese  e dello stato d’assedio ogni lotta di classe costituisce un crimine contro gli interessi della difesa del paese (…) Eppure la storia moderna della società borghese sta dovunque a dimostrare che l’invasione straniera non rappresenta affatto per essa quell’orrore degli orrori che oggi vuol dare ad intendere, quanto piuttosto un metodo prediletto impiegato e sperimentato contro il ‘nemico interno’ [I Borboni e gli aristocratici francesi contro i giacobini, la controrivoluzione papalina e austriaca invocò l’invasione francese a Roma e quella russa a Budapest, l’accordo tra Thiers e Bismarck per l’appoggio alle truppe prussiane contro la Comune di Parigi. (…) A Karl Marx fu sufficiente l’esperienza storica per smascherare già quarantacinque anni or sono la frode delle ‘guerre nazionali’ dei moderni stati borghesi.[Cfr indirizzo al Consiglio generale dell’Intenazionale in occasione della caduta della Comune di Parigi: ‘il supremo sussulto d’eroismo di cui la vecchia società fosse ancora capace era la guerra nazionale, e anche questa si mostra ora come un semplice sotterfugio del governo , la cui unica funzione è allontanare lo spettro della lotta di classe, e che viene abbandonato non appena questa divampi in guerra civile. Il dominio di classe non è più in condizione di dissimularsi sotto uniforme nazionale, i governi nazionali sono uniti di fronte al proletariato’]

3-Invasione e lotta di classe non sono dunque nella storia borghese dei contrari, come vuole la mitologia ufficiale, ma fanno tutt’uno , strumento ed estrinsecazione l’una dell’altra. E se per le classi dominanti l’invasione rappresenta un mezzo ormai collaudato contro la lotta di classe, per le classi progressive la più aspra lotta di classe si è sempre ancora confermata come l’arma migliore contro l’invasione. [La storia delle città italiane (Firenze e Milano) nella loro lotta contro gli Hohenstaufen sta già a dimostrare non soltanto che la violenza e l’asprezza delle lotte di classe interne non indebolisce le capacità difensive della comunità verso l’esterno; poi c’è l’esempio della rivoluzione francese: se Parigi e la Francia non soggiacquero allora alla marea dell’Europa coalizzata (…) fu grazie all’illimitata liberazione delle forze interne della società che ebbe luogo nel grande movimento di risistemazione delle classi-> solo la dittature del popolo parigino e il suo spregiudicato radicalismo hanno saputo spremere dalla nazione mezzi e forze sufficienti per difendere e sostenere la giovanissima società borghese contro una folla di nemici] Come i secoli stanno a dimostrare la migliore difesa e la migliore arma di un paese contro i nemici esterni non è lo stato d’assedio ma la lotta di classe spregiudicata che risveglia la sensibilità, lo spirito di sacrificio e la forza morale delle masse popolari.

4- E’ veramente un diabolico scherzo della storia che i socialdemocratici, gli eredi dei patrioti tedeschi del 1848, innalzino in questa guerra il vessillo del ‘diritto di autodeterminazione della nazione’! E’ espressione di un’autodeterminazione della nazione francese la Terza Repubblica con i suoi possedimenti coloniali in quattro continenti e le relative atrocità in due?

5-Il socialismo internazionale riconosce il diritto di costruire nazioni libere, indipendenti, uguali , ma solo esso è in grado di crearle , solo esso è in grado di realizzare il diritto di autodecisione dei popoli. Ma questa parola d’ordine del socialismo , come ogni altra, non è una canonizzazione della realtà esistente, ma una guida e uno sprone per la politica rivoluzionaria, trasformatrice, attiva del proletariato. Fin quando esisteranno stati capitalistici, soprattutto fin quando la politica mondiale capitalistica determinerà e informerà la vita esterna e interna degli stati, il diritto di autodeterminazione nazionale non avrà niente in comune con la loro prassi, in guerra come in pace. / Più ancora: nell’attuale milieu imperialistico non possono più darsi guerre nazionali difensive [ 10-‘da quando il proletariato si è trasformato in un pericolo costante per le classi dirigenti sensibili, da quando al termine di ogni guerra la rivoluzione si fa minacciosa, come stanno a dimostrare la Comune di Parigi e il terrorismo russo dopo la guerra russo-turca, da allora la borghesia, anche di nazioni che non sono autonome e unificate, o lo sono solo in misura insufficiente, ha di fatto rinunciato alle proprie mete nazionali , qualora condizionate dall’abbattimento di un governo, perché odia le rivoluzioni più di quanto non ami l’indipendenza e la grandezza nazionali, donde la rinunzia all’indipendenza polacca e la conservazione di organizzazioni statali antidiluviane quali l’Austria o la Turchia (…) In queste circostanze una GUERRA DI DIFESA NAZIONALE nella quale si incontrino patriottismo borghese e proletario è sempre più inattendibile (…) 11-Gli attuali contrasti tra stati non possono più portare a una guerra, a cui il patriottismo proletario non abbia da opporsi con la massima decisione’ (K. Kautsky)], e qualunque politica socialista, che astragga da questo milieu storico determinante, e che in mezzo ai gorghi mondiali si lasci guidare solo dal punto di vista isolato di un paese è a priori costruita sulla sabbia / Abbiamo già cercato di mostrare il sottofondo dell’attuale conflitto fra la Germania e i suoi nemici. (…) Si tratta di una guerra preventiva , da anni preparata dall’imperialismo tedesco ai propri fini di politica mondiale e scientemente provocata nell’estate del 1914 dalle diplomazie tedesca e austriaca. Questo a parte, la questione della difesa e dell’aggressione , la questione della ‘colpa’, è assolutamente priva d’importanza per la valutazione complessiva della guerra mondiale  e del suo significato per la politica di classe del proletariato. Se la Germania è ben lontana da una posizione di legittima difesa, non lo sono anche Francia e Inghilterra, poiché ciò che esse difendono non è la loro posizione nazionale, ma quella internazionale, i loro vecchi possedimenti imperialistici minacciati dai progetti del parvenu tedesco.

6- La storia dalla quale è nata la guerra (…) affonda le sue radici nelle profondità plutoniche del divenire economico, le cui propaggini accennano all’indistinto albeggiare di un nuovo mondo – fenomeni, rispetto alla cui grandezza i concetti di colpa ed espiazione, di difesa e aggressione sbiadiscono nel nulla. La politica imperialistica non è l’opera di uno o più stati, è il prodotto di un determinato grado di maturità dello sviluppo mondiale del capitale, un fenomeno naturalmente internazionale, una totalità indivisibile, che è intellegibile solo nell’insieme dei suoi nessi e ALLA QUALE NESSUNO STATO PUO’ SINGOLARMENTE SOTTRARSI / Soltanto partendo da una posizione del genere la questione della ‘difesa nazionale’ nella guerra attuale può essere correttamente valutata. Stato nazionale, unità e indipendenza nazionali, questa l’insegna ideologica sotto cui nel secolo scorso si sono andati costituendo i grandi stati borghesi dell’Europa centrale. IL CAPITALISMO NON E’ CONCILIABILE CON UNA STRUTTURA A PICCOLI STATI, con la frantumazione economica e politica; per svilupparsi ha bisogno di un’area territoriali quanto più possibile estesa e concentrata e di una cultura, senza la quale né i bisogni sociali vengono sollevati al livello corrispondente alla produzione capitalistica, né il meccanismo del moderno dominio di classe borghese può funzionare. Prima che gli fosse dato di dilatarsi a economia mondiale estesa su tutta la terra, il capitalismo cercò di crearsi un regno chiuso entro i confini nazionali degli stati. Questo programma -sulla scacchiera politica e nazionale ereditata dal medioevo feudale perseguibile solo per via rivoluzionaria- è stato portato a compimento soltanto in Francia con la grande rivoluzione. Nel resto d’Europa è rimasto, come tutta la rivoluzione borghese in generale, un’opera incompiuta, troncata a mezza strada. Il Deutsches Reich e l’Italia attuale, la sopravvivenza dell’Austria-Ungheria e della Turchia, l’impero russo e il Commonwealth britannico ne sono la dimostrazione vivente / (…) Da allora l’imperialismo ha completamente sepolto il vecchio programma democratico-borghese, innalzando a programma della borghesia di tutti i paesi, l’espansione al di fuori dei confini nazionali, senza alcun riguardo per le strutture nazionali. La fraseologia nazionalista è, certo, sopravvissuta. Ma il suo contenuto reale, la sua funzione si è convertita nel proprio contrario, essa funge ancora soltanto da indispensabile foglia di fico per le aspirazioni imperialistiche; essa è l’unica arma ideologica, con la quale le masse popolari potranno essere arruolate come carne da cannone per le guerre imperialistiche / La tendenza generale dell’attuale politica capitalistica [la fraseologia nazionalista? Il nazionalismo? N.M.] domina come cieca legge superiore la politica dei singoli stati, come le leggi della concorrenza economica determinano irresistibilmente le condizioni di produzione del singolo imprenditore/ Il sistema di alleanza tra stati militari, che da decenni domina le relazioni politiche, induce ognuna delle parti belligeranti a cercarsi, anche per pura precauzione difensiva, degli alleati. In questo modo sempre altri paesi vengono trascinati in guerra, coinvolgendovi inevitabilmente i circoli imperialistici e sviluppandone di nuovi [8-Giappone contro Cina, Inghilterra e Usa-> processo di spartizione del mondo con modificazione di ordine territoriale e di rapporti di forza in senso espressamente espansionistico] / Così il concetto stesso di una guerra difensiva, modesta, nobile, patriottica, quale oggi la vaneggiano i nostri parlamentari e redattori è pura fantasia, estranea a ogni intelligenza storica della totalità e dei suoi nessi mondiali. Sul carattere della guerra non hanno peso le dichiarazioni solenni e neppure le più oneste intenzioni dei cosiddetti capi politici, ma la struttura storicamente data della società e della sua organizzazione militare/ Lo schema della pura guerra di difesa nazionale potrebbe a prima vista convenire forse a un paese come la Svizzera. Ma la Svizzera non può essere giudicata uno stato nazionale e perciò non costituisce regola per gli stati contemporanei. La sua stessa neutralità e il lusso che si concede di una milizia sono solo il frutto negativo del latente stato di guerra delle grandi potenze militari che la circondano [Cfr. pure il caso del Belgio] Mettiamo qui il dito sulla situazione specifica dei piccoli stati [9-Serbia e rifiuto dei crediti di guerra dei socialdemocratici serbi al parlamento austriaco, caso dell’Olanda e delle sue colonie] Ma la questione fondamentale è questa: dietro il nazionalismo serbo sta l’imperialismo russo /

11-Quale insegnamento se ne ricava per l’atteggiamento pratico della socialdemocrazia nella guerra attuale? [Il ruolo di un partito rivoluzionario come la socialdemocrazia], come avanguardia del proletariato militante, non è di porsi agli ordini delle classi dirigenti in difesa dello stato classista odierno, né di tirarsi silenziosamente da parte ad attendere che la tempesta passi oltre, ma di seguire quell’AUTONOMA POLITICA DI CLASSE che [in] ogni società borghese frusta AVANTI le classi dirigenti, sospinge la crisi al di là di se stessa. Invece, dunque, di mascherare la guerra imperialistica col manto della difesa nazionale, bisognava prendere sul serio il diritto di autodeterminazione dei popoli e la difesa nazionale, rivolgerle come leve rivoluzionarie CONTRO la guerra imperialistica. La più elementare esigenza della difesa nazionale della difesa nazionale è che la nazione assuma nelle proprie mani la difesa. Il primo passo, LA MILIZIA, VALE A DIRE:12-non solo armamento immediato di tutta la popolazione maschile, ma soprattutto ATTRIBUZIONE AL POPOLO DEL DIRITTO DI PACE E DI GUERRA, il che equivale alla eliminazione immediata di ogni discriminazione politica, perché a fondamento della difesa popolare è necessaria la maggiore libertà politica. Proclamare queste efficaci misure di difesa nazionale, esigerne la realizzazione, questo doveva essere il primo compito della socialdemocrazia. Per quarant’anni siamo andati dimostrando, sia alle classi dirigenti sia alle masse popolari, che solo alla milizia era data la possibilità di difendere efficacemente la patria, di renderla invincibile. E ora, alla prima prova, in tutta naturalezza, abbiamo consegnato la difesa del paese all’esercito permanente, nelle mani della carne da cannone inquadrata nel regime disciplinare delle classi dirigenti (…) I nostri parlamentari non si sono accorti che(…) così facendo non facevano che dar via, pulito pulito, la pietra angolare del nostro programma politico: la milizia e annullavano ogni pratico significato di quarant’anni di agitazione sulla milizia, facendone una grulleria utopistico dottrinaria che nessuno potrà più prendere sul serio [N.M. la guerra di Spagna nel 36 dimostra qualcosa a questo proposito?] / [‘Il primo decreto della Comune fu quindi la soppressione dell’esercito permanente e la sua sostituzione con il popolo armato (…) La Comune seppe annettere alla Francia i lavoratori di tutto il mondo’ (Marx. Indirizzo del Consiglio generale dell’Internazionale + La pace assicura la vittoria del partito socialdemocratico tedesco entro una decina d’anni. La guerra gli porterebbe la vittoria entro due o tre anni, o la completa rovina per almeno quindici o vent’anni’ (Engels)]

14- [Che cosa dovevano fare i socialdemocratici tedeschi di fronte alla crisi storica dell’agosto 1914?] Mostrare l’autentico retroscena di questa guerra imperialistica, lacerare il tessuto di menzogne patriottiche e diplomatiche di cui era intessuta questa trama ai danni della patria; dire chiaro e tondo che in questa guerra al popolo tedesco sono ugualmente fatali vittoria e sconfitta; opporsi sino all’estremo all’imbavagliamento della patria attraverso lo stato d’assedio; proclamare la necessità di un immediato armamento del popolo e di una delega ad esso del potere di pace e di guerra; esigere con tutte le enegie che la rappresentanza popolare sedesse in permanenza per la durata della guerra , onde assicurare un vigile controllo del governo attraverso la rappresentanza popolare e di quest’ultima mediante il popolo; pretendere l’immediata abolizione di tutte le discriminazioni politiche, perché solo un popolo libero può difendere efficacementee il proprio paese; finalmente contrapporre al programma di guerra imperialistico diretto al mantenimento dell’Austria e della Turchia, cioè della reazione in Europa e in Germania, il vecchio programma autenticamente nazionale dei patrioti e dei democratici del 1848, il programma di Marx, Engels e Lasalle: la parola d’ordine dell’unica grande repubblica borghese(…) Invece la risposta della rappresentanza parlamentare della classe operaia, a cui in quel momento spettava la parola è suonata come un atto di rinunzia miserevole e senza precedenti. La socialdemocrazia, grazie ai suoi capi, ha svolto non una politica sbagliata, ma semplicemente nessuna politica, si è pienamente disgregata come specifico partito di classe con una propria Weltanschauung, ha abbandonato il paese senza guida critica allo spaventoso destino della guerra imperialistica all’esterno e della dittatura militare all’interno, e si è assunta per di più la responsabilità della guerra.

15-La socialdemocrazia non aveva affatto bisogno di votare i mezzi per questa DIFESA, cioè per il massacro imperialistico ad opera degli eserciti di una monarchia militare, perché la loro disponibilità non dipendeva affatto dall’approvazione socialdemocratica: di fronte alla minoranza che essa rappresentava stava compatta la maggioranza borghese di tre quarti del Reichstag.

16- Ciò che i dirigenti della socialdemocrazia, in quanto avanguardia del proletariato cosciente, avevano da dare non era dunque ridicole prescrizioni e ricette di natura tecnica [proclamare lo sciopero di massa, invitare i soldati a rifiutarsi di servire, ‘se scoppia la guerra facciamo la rivoluzione’: le rivoluzioni non vengono ‘fatte’ e i grandi movimenti popolari non vengono inscenati con ricette tecniche tratte pronte dalle istanze di partito] ma LA PAROLA D’ORDINE POLITICA, LA CHIARIFICAZIONE SUI COMPITI E GLI INTERESSI POLITICI DEL PROLETARIATO IN GUERRA [≈ SCIOPERI DI MASSA DELLA RIVOLUZIONE RUSSA] (…) Invece di rompersi la testa col lato tecnico, col meccanismo del movimento di massa, la socialdemocrazia è chiamata ad assumere la direzione politica anche in mezzo alla crisi storica, (…) La tattica della socialdemocrazia per decisione e rigore non sta mai SOTTO il livello del rapporto di forza reale , ma piuttosto lo precorre, questo l’importante compito di ‘direzione’ nella grande crisi storica. (…) Una tattica socialdemocratica conseguente , decisa, progressiva, suscita nelle masse un sentimento di sicurezza, di confidenza e di ardore combattivo; una tattica oscillante, debole, basata sulla sottovalutazione del proletariato ha un effetto paralizzante e disgregatore.(…) Proprio la TRIBUNA PARLAMENTARE, in questo caso quale oasi di libertà, di larga ricezione e internazionalmente in vista , poteva diventare un potente strumento di agitazione del popolo.(…) 17- Sì, grandi persecuzioni sarebbero state verosimilmente la ricompensa di un comportamento virile da parte del nostro partito, come nel 1870 erano state la ricompensa di Bebel e di Liebkneecht. [legge antisocialista del 1878: caccia ai socialisti] (…) In un primo momento non si sarebbe forse ottenuto altro che salvare l’onore del proletariato tedesco, di non lasciare morire in uno stato di smarrimento spirituale migliaia e migliaia di proletari che oggi periscono dentro le trincee, nel buio e nella nebbia. (…) Ma poi la voce coraggiosa del nostro partito avrebbe agito come una doccia fredda sull’ubriacatura sciovinistica e sul disorientamento delle folle. (…) Quanto più il piede forcuto dell’imperialismo avesse fatto capolino (…) tutto ciò che è vivo, onesto, umano, progressivo si sarebbe poi schierato intorno alla bandiera della socialdemocrazia. (…)18-In tutti i paesi l’inclinazione pacifista e la pressione delle masse popolari per la pace si sarebbero accentuate, la conclusione del massacro accelerata, il numero delle vittime diminuito.

18- [Che cosa si può attendere il proletariato da una vittoria?] Ciò che la guerra [del 1870 ha portato in Germania] è stato il consolidamento della monarchia militare del regime prussiano degli Junker, mentre la sconfitta ha procurato alla Francia la liquidazione dell’Impero e la repubblica. 19- E’ chiaro oggi anche al più superficiale osservatore che persino lo stato vittorioso non può oggi pensare ad alcun risarcimento di guerra che sia lontanamente in grado di sanare le ferite di questa guerra. 21-Ma passiamo ai risultati politici della guerra. (…) Da sempre le simpatie e il sostegno dei socialisti sono andati a quel belligerante che difendeva il progresso storico contro la reazione. Nell’attuale guerra mondiale quale parte rappresenta il progresso e quale la reazione? (…) 22- In nessuna circostanza potrebbe scaturirne un equilibrio politico mondiale in qualche misura stabile, [ci sarebbero subito i preparativi per una nuova guerra mondiale] /23- La politica proletaria, qualora avesse da prender partito nell’attuale guerra per l’una o per l’altra parte (…) si troverebbe stretta tra Scilla e Cariddi e l’alternativa: vittoria o sconfitta, sia sotto il profilo politico sia sotto quello economico, una scelta senza speranza tra due scariche di legnate.(…) E’ LA GUERRA COME TALE, e quale ne sia l’esito militare, a significare la maggiore sconfitta possibile per il proletariato europeo; farla finita con la guerra (…) ecco ciò che può rappresentare l’unica vittoria per la causa proletaria./

24-Fintanto che il dominio di classe capitalistico continua ad aver il coltello dalla parte del manico rivendicazioni che mirino a un ‘disarmo’ completo o parziale, all’abolizione della diplomazia segreta, allo smembramento di tutti i grandi stati in piccoli stati nazionali e via discorrendo, rimangono tutte senza eccezione nell’ambito dell’utopia. (…) Il proble specifico imposto dalla guerra mondiale ai partiti socialisti, e dalla cui soluzione dipendono i futuri destini del movimento operaio, è la capacità d’azione delle masse popolari contro l’imperialismo. NOn di rivendicazioni, di programmi, di parole d’ordine soffre carenza il proletariato INTERNAZIONALE, ma di fatti, di capacita’ di resistenza attiva , di qualificazione a cogliere il momento decisivo per l’assalto all’imperialismo precisamente nella guerra, e a tradurre in pratica la vecchia parola d’ordine ‘guerra alla guerra’.

25- La spinta espansiva imperialistica del capitalismo, in quanto espressione della sua estrema maturità, del suo ultimo scorcio di vita, ha come tendenza economica di trasformar tutto il mondo in un cantiere di produzione capitalistico (…) e a schiavi salariati la popolazione lavoratrice di tutte le zone della terra. In Asia e Africa, dalle spiagge dell’estremo Nord alla punta meridionale dell’America (…) interi popoli sterminati, antichissime civiltà annientate, perché cedano il posto alla corsa al profitto nella sua forma più moderna. (…) Questo l’unico aspetto civilizzatore e progressivo della cosideetta grande opera di civiltà nei paesi primitivi. Per gli economisti e i politici borghesi-liberali, le ferrovie, i fiammiferi svedesi, la canalizzazione stradale, e i ‘bazar’ sono progresso e civiltà.

26- L’attuale guerra mondiale rappresenta una svolta storica nella sua carriera. Per la prima volta oggi le bestie feroci liberate dall’Europa capitalista contro tutte le altre parti del mondo , hanno fatto di un sol balzo irruzione nel bel mezzo d’Europa [Cfr. Belgio, piccola e graziosa gemma della civiltà europea + LA DISTRUZIONE IN MASSA DEL PROLETARIATO EUROPEO] Mai una guerra ha sterminato in questa misura interi strati di popolazione (…) Milioni di vite umane sono annientate sui Vosgi, nelle Ardenne, in Belgio, in Polonia, sui Carpazi, sulla Sava milioni di uomini vengono ridotti all’invalidità. MA DI QUESTI MILIONI I NOVE DECIMI SONO RAPPRESENTATI DALLA POPOLAZIONE LAVORATRICE DELLA CITTA’ E DELLA CAMPAGNA. E’ la nostra forza, la nostra speranza, che viene colà falcidiata come erba sotto la falce. Sono le forze migliori, più intelligenti, meglio educate del socialismo internazionale, i rappresentanti delle più sacre tradizioni e del più ardito eroismo del moderno movimento operaio, le avanguardie di tutto il proletariato mondiale, i lavoratori inglesi, francesi, belgi, tedeschi, russsi  ad essere ora ridotti al silenzio, ad essere massacrati in massa. (…) Il fiore dell’età virile e il vigore giovanile di centinaia di migliaia, la cui educazione socialista in Inghilterra e in Francia, in Belgio, in Germania e in Russia era stato il prodotto di un lavoro di propaganda e di agitazione durato decenni, altre centinaia di migliaia, che domani potevano essere guadagnati per il socialismo, cadono e imputridiscono miseramente sui campi di battaglia. Il frutto di sacrifici decennali e di fatiche di generazioni va distrutto in poche settimane, il nerbo del proletariato internazionale è colpito alla radice. (…) Ancora una guerra mondiale del genere e le prospettive socialiste saranno seppellite sotto le macerie accumulate dalla barbarie imperialista. Il che è ancor più che l’infame distruzione di Lovanio e della cattedrale di Reims.

28 TESI SUI COMPITI DELLA SOCIALDEMOCRAZIA INTERNAZIONALE

  1. La guerra mondiale ha annientato i risultati di 40 anni di lavoro del socialismo europeo [e il suo prestigio morale]
  2. Con l’approvazione dei credi di guerra i capi dei partiti socialisti hanno assicurato le spalle all’imperialismo e indotto le masse a una paziente sopportazione della miseria e degli orrori della guerra
  3. Codesta tattica delle istanze ufficiali di partito dei paesi belligeranti rappresenta un tradimento dei principi più elementari del socialismo internazionale
  4. Sacrificando la lotta di classe in tempo di guerra la socialdemocrazia ha dato tempo alle classi dominanti di rafforzarsi enormemente sul piano economico, politico e morale
  5. La guerra mondiale non serve né alla difesa nazionale né agli interessi economici e politici di alcun popolo: è esclusivamente un parto delle rivalità imperialistiche tra le classi capitalistiche
  6. Dalla politica degli stati imperialistici e dalla guerra imperialistica non possono sorgere libertà e indipendenza per nessuna nazione oppressa. Le piccole nazioni sono appendici e conniventi dei loro compagni di classe dei grandi stati
  7. In queste circostanze l’attuale guerra mondiale rappresenta, a parte chi vinca o chi perda, una sconfitta del socialismo e della democrazia.
  8. La pace mondiale non può essere assicurata da piani utopici o fondamentalmente reazionari come l’arbitrato di tribunali internazionali di diplomatici capitalistici, accordi diplomatici sul ‘disarmo’, ‘libertà dei mari’. ‘abolizione del diritto di preda marittina’, ‘Confederazione di stati europei’, ‘unioni doganali centro-europee’, stati nazionali cuscinetto e simili
  9. L’imperialismo come ultima fase ed estremo sviluppo dell’egemonia mondiale del capitale è il comune nemico mortale del proletariato di tutti i paesi. (…) Esso accelera la concentrazione del capitale, la putrefazione del ceto medio, la moltiplicazione del proletariato, desta la resistenza crescente delle masse e porta all’acutizzazione intensiva delle contraddizioni di classe. (…) La II Internazionale è saltata con la guerra (…) Non c’è socialismo al di fuori della solidarietà internazionale del proletariato, e non c’è socialismo al di fuori della lotta di classe. Il proletariato socialista non può rinunciare né in pace né in guerra alla lotta di classe e alla solidarietà internazionale senza andare incontro al suicidio
  10. L’azione di classe del proletariato di tutti i paesi in pace come in guerra deve essere diretta fondamentalmente alla lotta contro l’imperialismo e all’impedimento delle guerre.
  11. Nell’Internazionale sta il centro di gravità dell’organizzazione di classe del proletariato
  12. Il dovere di eseguire le deliberazioni dell’Internazionale passa avanti ad ogni altro dovere dell’organizzazione. Le sezioni nazionali che contravvengono alle deliberazioni, si pongono fuori dell’Internazionale
  13. Nelle lotte contro l’imperialismo e la guerra (…) l’obiettivo findamentale della tattica delle sezioni nazionali deve perciò essere diretto all’educazione delle grandi masse, alla capacità di azione politica e a un deciso spirito d’iniziativa . Il compito più immediato del socialismo è la liberazione spirituale del proletariato dalla tutela della borghesia, la quale si esprime nell’influenza dell’ideologia nazionalistica. (…) La patria, alla cui difesa va tutto subordinato è per i proletari l’Internazionale socialista.

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.