
31- Tra l’inizio degli anni Novanta e la metà degli anni Duemila, il software culturale ha rimpiazzato molte tecnologie mediali emerse nel Diciannovesimo e nel Ventesimo secolo. Gran parte della cultura contemporanea è creata o mediata dal software culturale eppure, sorprendentemente, pochi ne conoscono la storia. Quali sono stati il processo creativo e le ambizioni degli studiosi che tra gli anni Sessanta e i tardi anni Settanta hanno sviluppato concetti e tecniche che sottendono il software culturale di oggi? In che modo negli anni Novanta il passaggio a sistemi produttivi basati sul software ha trasformato il concetto di medium? In che modo le interfacce e gli strumenti software per lo sviluppo dei contenuti hanno rimodellato, e continuano a farlo, l’estetica e i linguaggi visivi che i media e il design utilizzano oggi? Infine, in che modo una nuova categoria di software culturale , emersa negli anni Duemila, quella del ‘social software’ (o ‘social media’) ha ridefinito ancora una volta la funzione dei media e la loro identità? Questi sono gli argomenti che intendo affrontare in questo libro.
15- Se è vero che la società industriale è figlia dell’elettricità e del motore a scoppio, il software è stato altrettanto determinante per la nascita della società dell’informazione globale. Nessuno dei protagonisti della società dell’informazione- i lavoratori della conoscenza, gli analisti di simboli, le industrie creative e l’industria dei servizi- esisterebbe senza il software. Il software che visualizza i dati dello scienziato, il software di calcolo dell’analista finanziario, il software per il web design del grafico pubblicitario, il software che gestisce le prenotazioni di una compagnia aerea. Il software guida anche il processo di globalizzazione , poiché consente alle aziende di coordinare su scala planetaria centri decisionali e strutture per la produzione, lo stoccaggio e la distribuzione.
16- DAGLI STUDI SUI MEDIA CI STIAMO MUOVENDO VERSO QUALCOSA CHE POTREMMO CHIAMARE STUDI SUL SOFTWARE. (…) Penso che i ‘software studies’ debbano investigare sia il ruolo del software nella formazione della cultura contemporanea, sia le forze economiche, sociali e culturali che stanno plasmando lo sviluppo del software stesso. [Borges e V. Bush appartengono alla stessa episteme in quanto presentano entrambi intorno agli anni Quaranta l’idea di un’imponente struttura ad albero come sistema ideale per l’organizzazione dei dati e la rappresentazione dell’esperienza umana]
18 – [il software come nuovo oggetto di studio = teoria dell’oggetto-rete +socio-semiotica + archeologia dei media]
19- La gamma dei significati del termine inglese DESIGNER (‘progettista’) è molto più ampia rispetto al corrente uso in italiano, che compensa con una maggiore indeterminatezza. In inglese, il termine indica una figura che lavora su PROGETTI, a prescindere dalla loro natura, laddove in italiano esso designa più specificamente la figura del progettista industriale, o genericamente del creativo che lavora con le forme. [Nota del traduttore]
22- SOFTWARE CULTURALE = programmi informatici che vengono utilizzati per creare e accedere a oggetti e ambienti culturali. Ne sono esempi Word, PowerPoint, Photoshop, Illustrator, Final Cut, After Effects, Flash, Firefox, Internet Explorer ecc. In altre parole, il software culturale è un sottoinsieme di applicativi che permettono la creazione, l’editing, l’accesso, la condivisione, il mixaggio di immagini, sequenze di immagini in movimento, modelli tridimensionali, testi, mappe, elementi interattivi, oltre a rendere possibili numerose combinazioni di questi elementi come si può vedere nei siti web, nei progetti bidimensionali, nelle animazioni grafiche, nei videogiochi, nelle installazioni artistiche o commerciali. (…) La voce ‘applicativo’ di Wikipedia include le sottocategorie ‘programmi per lo sviluppo di contenuti mediali’ [=CREAZIONE DI CONTENUTI] e ‘programmi per l’accesso a contenuti mediali’. Questa definizione è genericamente utile ma non completamente esatta perché oggi molti programmi per l’accesso ai contentuti [Cfr. Quicktime Player] includono anche alcune funzioni per l’editing di contenuti mediali. (…) Questa coesistenza di funzioni di autorialità e di accesso è in sé un’importante caratteristica della cultura del software. [Aziende come Adobe indirizzano i loro programmi per ‘professionisti’ o ‘consumatori’, genericamente]. / Sebbene questo libro si concentri sulle applicazioni per lo sviluppo di contenuti mediali, il software culturale include anche altri tipi di programmi o tecnologie. Tra di esse una categoria molto importante riguarda gli strumenti per la comunicazione e la condivisione di contenuti mediali, informazioni e saperi: per esempio i browser, i client di posta, i sistemi di messaggistica istantanea, le piattaforme wiki, gli strumenti per il ‘social bookmarking’ e quelli per il ‘social citation’ e i mondi virtuali: in breve il SOCIAL SOFTWARE. [+ strumenti per l’organizzazione di informazioni personali + ambienti di programmazione + interfacce mediali]
24- Antropologi culturali, linguisti, sociologi e molti altri studiosi di scienze sociali potrebbero rimanere infastiditi da ciò che appare come una riduzione acritica di tutte [le dimensioni della cultura: simboli, significati, valori, linguaggi, abitudini, credenze, ideologie, rituali, religioni, costumi, codici di comportamento e molte altre dimensioni sia materiali sia immateriali] queste dimensioni a una serie di strumentazioni per la creazione di contenuti mediali. Naturalmente non sto dicendo che oggi cultura equivale a un particolare sottoinsieme di software applicativi e agli oggetti culturali che con essi si possono creare. Tuttavia, ritengo -e spero con questo libro di dimostrarlo- che con la fine del Ventesimo secolo gli esseri umani hanno aggiunto una dimensione fondamentalmente nuova alla cultura. Questa dimensione si riferisce in generale al software e, nello specifico, agli applicativi per la creazione e l’accesso ai contenuti mediali. / 25- Come l’alfabeto, la matematica, il torchio tipografico, il motore a scoppio, l’elettricità e i circuiti integrati , il software riadatta e rimodella , almeno potenzialmente, ogni cosa a cui si applica. In altre parole, così come l’aggiunta di una nuova dimensione di spazio aggiunge una nuova coordinata a ciascun elemento in questo stesso spazio, ‘inserire’ il software nella cultura cambia l’identità di ogni cosa di cui è composta una cultura.
26 – [DOCUMENTO o OPERA conservati in un medium (del XX secolo) vs PERFORMANCE INFORMATICHE DINAMICHE (per es. un sito web oggi-> sebbene alcuni documenti statici possano essere coinvolti in questi ultimi processi (le performance dinamiche) l’esperienza finale articolata dal software non può essere ridotta a un singolo documento conservato in qualche archivio mediale. A differenza delle opere pittoriche, letterarie o musicali o architettoniche non esiste un singolo file che conserva tutto il contenuto dell’opera->27- Nel caso di un sito web dinamico su vasta scala come Amazon.com, ciò che l’utente percepisce come singola pagina web può coinvolgere nello stesso momento più di sessanta distinti processi software]
27- [software studies ≠ code studies] Un nuovo approccio suggerisce che la teoria musicale possa aiutarci a comprendere la cultura dei software, paragonando i codici a uno spartito che viene interpretato durante la performance. Sebbene questo approccio appaia a prima vista promettente, anch’esso si dimostra molto limitato perché non riesce a rendere conto della dimensione essenziale dell’esperienza mediale guidata dal software, ossia l’interattività.
32- [Software per la creazione di contenuti o AUTHORING] / [Alan Kay intendeva progettare un nuovo e particolare tipo di media, piuttosto che simulare semplicemente le sembianze di quelli vecchi. Questi nuovi media utilizzano come materiale di base MODELLI DI RAPPRESENTAZIONE GIA’ ESISTENTI, ma assumono anche molte altre proprietà prima sconosciute. Allo stesso tempo, come già previsto da Kay, QUESTI MEDIA SONO ESPANDIBILI, cioè gli stessi utenti possono facilmente aggiungere nuove proprietà o addirittura inventare nuovi media. Di conseguenza Kay si riferisce al computer chiamandolo il primo METAMEDIUM, il cui contenuto è costituito da una vasta gamma di media già esistenti e non ancora inventati.
33- La struttura di base di questo metamedium è stata posta tra gli anni Sessanta e Ottanta. (…) [Word 1984, PageMaker 1985, Illustrator 1987, Photoshop 1989, After Effects 1993]. (…) [La fase successiva dello sviluppo del software per la creazione dei contenuti si situa storicamente intorno agli anni Novanta. (…) Possiamo immaginare questi processi come forme di REMIX. (…) Negli anni Novanta il REMIX [MUSICALE] è emerso gradualmente come estetica dominante dell’era della globalizzazione , incidendo e rimodellando ogni cosa: dalla musica al cinema, dal cibo alla moda. Se F. Jameson ha definito il post-modernismo come la ‘logica culturale del tardo capitalismo’, possiamo forse definire il ‘remix’ come la ‘logica culturale del capitalismo globale’.
41- [MEDIUM = 1. Un tipo specifico di tecnica artistica o mezzo di espressione caratterizzato dai materiali utilizzati o dai metodi creativi richiesti: il medium della litografia [la scrittura alfabetica come medium?]; 2. I materiali utilizzati in una specifica tecnica artistica : la pittura ad olio in quanto medium. (American Heritage Dictionary)]
44- [Secondo l’intuizione dei ricercatori dello XEROX PARC] il computer si sarebbe trasformato in una MACCHINA PERSONALE per la visualizzazione, la scrittura e la manipolazione di contenuti mediali diversi. (…) Per citare l’autorevole libro di J. Bolter e R. Grusin ‘Remediation. Competizione e integrazione tra media vecchi e nuovi’ possiamo affermare che il software basato sull’interfaccia grafica ha trasformato il computer in una ‘MACCHINA DELLA RIMEDIAZIONE’ cioè in una macchina che simula con efficacia una gamma di linguaggi tradizionali. / (…) 45 Bolter e Grusin definiscono la rimediazione come la ‘RAPPRESENTAZIONE DI UN MEDIUM IN UN ALTRO’. (…) “Sosteniamo che la rimediazione sia una caratteristica distintiva dei media digitali”.
50- [Nel 1977 Kay e Goldberg descrivono il loro obiettivo come creare] “un medium personale e dinamico delle dimensioni di un quaderno alla portata di chiunque, in grado di soddisfare in linea di principio TUTTI i bisogni informativi dell’utente. (…) In altre parole, il paradigma di Kay non era semplicemente un nuovo tipo di medium digitale da affiancare agli altri media, bensì un computer-ombrello, una PIATTAFORMA COMUNE PER TUTTI I MEZZI ESPRESSIVI ESISTENTI. Alla fine dell’articolo gli autori chiamano questa piattaforma ‘METAMEDIUM’. Questo paradigma cambia la nostra comprensione della natura stessa dei media. A partire dal LACOONTE di Lessing del1766 fino ai LINGUAGGI DELL’ARTE di Nelson Goodman del 1968 Il discorso moderno sui media si è sviluppato intorno all’ipotesi che mezzi espressivi diversi possiedano proprietà distinte e vadano intesi in antitesi gli uni con gli altri.
51- COMPARSA DELLA MULTIMEDIALITA’ COME FORMA STANDARD DI COMUNICAZIONE: pagine web, presentazioni PowerPoint, opere d’arte multimediali, MMS [=Multimedia Messaging Service], blog multimediali e altre forme di comunicazione che combinano diversi media. (…) In generale è come se media diversi cercassero di raggiungersi l’un l’altro in modo attivo, scambiarsi proprietà e offrire in prestito le proprie specifiche caratteristiche. Siamo agli antipodi del paradigma modernista dei media agli inizi del Ventesimo secolo, focalizzato sulla scoperta del linguaggio specifico di ciascun medium artistico.
52- Alan Turing definì concettualmente il computer come una macchina in grado di simulare una grande quantità di macchine diverse (…) [Ma] né Turing, né altri studiosi e inventori del computer hanno considerato che questa simulazione potesse includere anche i media. Solo Kay e la sua generazione hanno esteso l’idea della simulazione ai media, trasformando così la Macchina Universale di Turing in una Macchina Mediale Universale. / Per ‘tracciare’ si intende qui la trasformazione di un medium in un flusso di dati [immagini in suoni o suoni in immagini: cinema live] e la sua conversione dinamica in tempo reale in un altro medium./ 53- [Park da simulazione di foglio di carta a ‘foglio magico’] /54 Engelbart e Nelson avevano già aggiunto al ‘foglio magico’ qualcos’altro: la capacità di connettere documenti diversi o parti differenti dello stesso documento tramite l’HIPERLINK- ossia ciò che oggi conosciamo come IPERTESTO O IPERMEDIUM.
54- Dai testi degli inventori dell’informatica multimediale interattiva è evidente che le nuove proprietà del mezzo non sono state un’aggiunta tardiva. Al contrario, erano ben consapevoli di trasformare i media tradizionali in nuovi media.
58- Mediante le tecnologie di visualizzazione e memorizzazione basate sul computer, è diventato possibile creare un NUOVO MEZZO PER LA LETTURA, utile per istruirsi e divertirsi, che consentirà al lettore di trovare il suo livello, di seguire i suoi gusti e di individuare quelle parti che hanno un significato speciale per lui. CON IL NEOLOGISMO IPERTESTO INTENDO INDICARE UN CORPUS DI TESTI O IMMAGINI INTERCONNESSO IN MODO TALMENTE COMPLESSO CHE NON SAREBBE POSSIBILE PRESENTARLO O RAPPRESENTARLO IN MODO OPPORTUNO SU CARTA. / L’interesse di Nelson non era aggiornare libri e documenti cartacei, bensì creare qualcosa di veramente nuovo. Ma l’ipertesto proposto da Nelson non era la semplice estensione di vecchie pratiche testuali come l’esegesi, le annotazioni e le note a piè di pagina. / 62- [sensibilità estetica modernista di Nelson vs pagina]
61. Le conseguenze filosofiche di tutto ciò sono molto serie. I nostri concetti di ‘lettura’, ‘scrittura’, ‘libro’ crollano e siamo chiamati a progettare ‘iper-archivi’ e a scrivere ‘ipertesti’ che potrebbero detenere un potere pedagogico superiore a tutto ciò che si potrebbe mai stampare su carta. / Queste dichiarazioni allineano il pensiero e il lavoro di Nelson a quelli dei teorici e degli artisti che volevano destabilizzare in modo simile le convenzioni della comunicazione culturale. Gli studiosi dei media digitali [Landow?] hanno spesso proposto similitudini tra Nelson e i teorici francesi degli anni Sessanta: Roland Barthes, Michel Focault e Jacques Derrida. Altri hanno già evidenziato il legame tra il pensiero di Nelson e gli esperimenti letterari, come i lavori dell’Oulipo, realizzati nello stesso periodo. (…) Nel 1987 J. Bolter e M, Joyce scrissero che l’ipertesto poteva essere considerato ‘ la continuazione della tradizione della letteratura sperimentale su carta’ che annovera ‘il modernismo, il Futurismo, il Surrealismo, Dada, il Lettrismo, il Noveau Roman, la poesia concreta’. Confutando le loro ipotesi, E. J. Aarseth ha sostenuto che l’ipertesto non è una struttura modernista, benché possa accogliere anche una poetica modernista. Chi ha ragione? Dal momento che questo libro sostiene che il software culturale trasforma i media in metamedia -una semiotica e un sistema tecnologico fondamentalmente nuovi che includono gran parte delle precedenti tecniche ed estetiche mediali in quanto parte integrante dei loro elementi-, penso che l’ipertesto sia in realtà qualcosa di abbastanza diverso dalle tradizioni culturali moderniste. Concordo con E. J. Aarseth che l’ipertesto sia più universale rispetto a una particolare poetica come quella modernista. / 63- I prefissi ‘meta’ e ‘iper’ utilizzati da Kay e Nelson caratterizzano in modo appropriato un sistema che rappresentava qualcosa di più di un altro nuovo medium in grado di rimediare altri linguaggi con procedure specifiche. (…) I nuovi meta-sistemi proposti da Kay e Nelson dovevano utilizzarsi interattivamente per agevolare le attività intellettuali , la ricerca, i processi decisionali, e la creatività. Invece, l’estetica modernista poteva essere compresa solo in quanto sistema di ‘formattazione dell’informazione’, da utilizzarsi per selezionare e organizzare informazioni all’interno di presentazioni fisse destinate solo successivamente al pubblico, in modo simile alle slide di Power Point. Infine, secondo l’idea di Kay e Nelson, il compito di definire le nuove strutture informative e tecniche di manipolazione mediale -e quindi tutti i nuovi media- spettava all’utente, piuttosto che rimanere prerogativa esclusiva dei creatori. (…) 64- Da quando la programmazione e i computer sono diventati accessibili agli utenti, una cultura e una creatività maggiori sono state utilizzate per progettare nuove strutture e tecniche anziché semplicemente per creare contenuti.
64- L’industria del software e in generale l’industria tout court sono spesso più innovative delle università di informatica [: l’invenzione di nuovi media non è un obiettivo appetibile per ottenere finanziamenti di ricerca all’università] Per esempio gli applicativi definiti ‘social media’ come Wikipedia, Flickr, YouTube, Facebook, Delicious, Digg non sono stati inventati nei laboratori di ricerca universitari e nemmeno Hypercard, QuickTime, HTML, Photoshop, AfterEffects, Flash o Google Earth. Era così anche in passato. Non è casuale, perciò, che Ted Nelson e Alan Kay abbiano fatto carriera nell’industria e non nell’accademia.
71- In breve, i nuovi media sono ‘nuovi’ perché nuove proprietà (cioè nuove tecniche software) possono essere facilmente aggiunte. Durante il periodo industriale, cioè quando le tecnologie mediali hanno cominciato ad essere prodotte in serie, l’hardware e il software erano la stessa cosa. Per esempio le pagine di un libro erano rilegate in modo tale da garantirne l’ordine. Il lettore non poteva cambiare né l’ordine, né il modo in cui erano presentate, a differenza delle opzioni offerte dal “controllo prospettico della visuale” di Engelbart. (…) Ugualmente i comandi di cui disponeva una macchina fotografica standard del Ventesimo secolo non potevano essere modificati dall’utente. (…) Ciò che durante il periodo industriale era considerata un’attività di sperimentazione, nella società dei software è diventata la norma.
73- Confrontando i processi di innovazione dei media computazionali con quelli dei media tradizionali osserviamo l’emergere di una nuova logica. Apparentemente, ogni nuovo medium all’inizio simula molto bene un linguaggio mediale preesistente , poi scopre il proprio linguaggio e la propria estetica. Così le prime Bibbie stampate da Gutemberg copiavano attentamente la calligrafia dei manoscritti (…) Col tempo i libri stampati cambiarono le modalità di presentazione dei contenuti, così come il cinema sviluppò a sua volta un suo originale concetto di spazio narrativo [≠ teatro] (…) con gli spettatori che venivano posti all’interno di questo spazio narrativo, ritrovandosi letteralmente al centro della narrazione. / Si può applicare questa logica alla storia del medium computazionale? Come teorizzato da Turing e da Von Neumann, il computer è una macchina multiuso per la simulazione e questo è ciò che la distingue da tutte le altre macchine e dai linguaggi mediali precedenti. Ciò significa che l’idea che un nuovo medium trovi gradualmente il proprio linguaggio specifico non può essere applicata ai media computazionali. Se questo fosse vero sarebbe contrario alla definizione del moderno computer digitale. Questa posizione è avvallata dalla pratica. La storia del computer finora non contempla l’approdo a un linguaggio standardizzato -come è invece successo per il cinema- piuttosto riguarda la graduale espansione degli usi , delle tecniche, delle potenzialità. Invece di giungere alla definizione di un linguaggio specifico , stiamo scoprendo che il computer è in grado di elaborare un numero sempre maggiore di linguaggi.
76- Kay ricorda che la lettura del libro di McLuhan ‘Gli strumenti del comunicare’ lo aiutò a comprendere che il computer poteva essere un medium piutttosto che uno strumento. Perciò il primo paragrafo dell’articolo di Kay e Goldberg è intitolato ‘Humans and media’ e sembra un esempio di moderna teoria sui media. Tuttavia non si tratta di una teoria convenzionale che si accontenta di descrivere il mondo: come nel marxismo, l’analisi serve per studiare un piano d’azione per la costruzione di un nuovo mondo ; in questo caso per permettere agli utenti di creare nuovi linguaggi mediali.
77- [La trasformazione nel tempo del computer in una MACCHINA CULTURALE, utilizzata per la rappresentazione, l’espressione e la comunicazione culturale:] una macchina in grado di creare e manipolare testi, realizzare disegni, spostare oggetti virtuali. /78 – [Per Kay e Goldberg il computer è attivo (≈ dialogo insegnante-utente), in grado di gestire tutti i bisogni informativi dell’utente, può essere strumento di risoluzione dei problemi, offre un ventaglio di linguaggi diversi e contemporaneamente un sistema per la creazione di nuovi tipi di linguaggi] / Utilizzando l’analogia con l’alfabetizzazione favorita dall’invenzione della stampa Kay promuove così questa caratteristica: “La capacità di leggere un medium significa che l’utente può accedere a materiali e strumenti generati da altri. La capacità di scrivere un medium significa che l’utente è in grado di generare materiali e strumenti per altri. L’alfabetizzazione richiede entrambe le capacità”.
79- [CAPACITA’ DEL COMPUTER DI IMITARE TUTTI I PROCESSI E I SISTEMI] Come gli scienziati usano la simulazione per verificare le differenti condizioni e dare forma a scenari secondo la logica dei mondi possibili, (così] un progettista, uno scrittore, un musicista, un regista o un architetto che lavorano con il computer sono in grado di verificare rapidamente i diversi percorsi che potrebbero implementare i loro progetti, sia di osservare come le modifiche dei vari parametri incidano sull’intero progetto. (…) Per esempio il riquadro di formattazione che Microsoft Word mostra il carattere usato nel testo, lo colloca in un menù a tendina insieme a tutti gli altri caratteri disponibili. Provare i differenti caratteri è facile: basta scorrere la lista e selezionarne uno.
82- Attualmente ci troviamo nella seconda fase dell’evoluzione del metamedium computazionale, che segue la prima fase di invenzione e implementazione [spazio virtuale navigabile + ipermedialità]. Il fulcro di questo nuovo periodo è l’IBRIDAZIONE MEDIALE. Quando il computere diventa il contenitore ideale per la maggior parte dei media è naturale aspettarsi la comparsa di linguaggi ibridi. Tutti i tipi di media -tra cui testi, ipertesti, fotografie video digitali, animazioni bi e tri-dimensionali, spazi tridimensionali navigabili, mappe e altri dati geografici- funzionano come ‘mattoncini’ per costruire altri media. [Per esempio Google Earth ≠ semplice multimedialità] / 84- Il ‘computer multimediale’ rappresenta una tappa fondamentale nella storia dei media. Documenti multimediali esistevano già prima del computer, ma erano statici e non interattivi: ad esempio i manoscritti medievali illustrati, l’architettura sacra, o il cinema del Ventesimo secolo che accostava dal vivo musica, dialogo e grafica. / 85 – Per usare una metafora biologica possiamo affermare che l’ibridazione mediale genera nuove specie attraverso la ricombinazione di diversi DNA mediali. / 89 Un caso di combinazione vincente di ‘geni’ digitali è l’IMAGE MAP. Questa tecnica emersa alla metà degli anni Novanta è diventata presto di pubblico dominio in numerosi progetti interattivi. Come funziona? Un’immagine digitale in sé continua -una fotografia, un disegno, uno sfondo bianco o qualsiasi altra parte dello schermo- è suddivisa in alcune parti invisibili. Quando un utente clicca all’interno di una delle parti si attiva un collegamento ipertestuale/ 94- Siamo circondati da ibridi mediali [= 95 una nuova modalità di rappresentazione dell’esperienza collettiva che utilizza lo spazio tridimensionale in quanto sistema coordinato e integrato, piuttosto che come narrazione convenzionale o database] /99- Gli ibridi possono combinare e/o riconfigurare formati e interfacce mediali conosciuti per offrire NUOVE RAPPRESENTAZIONI. Per esempio Google Earth
100- ‘Lavorare con i media’ utilizzando applicativi software significa essenzialmente processare dati attraverso differenti algoritmi. / Tuttavia l’esperienza reale degli utenti è diversa. Poiché oggi la maggior parte degli utenti di applicativi mediali non sa programmare, non ha mai a che fare direttamente con le strutture di dati; l’utente lavora invece sui dati all’interno di un’applicazione che possiede un’interfaccia e i suoi strumenti. Ciò significa che nell’esperienza di una utente, LA RAPPRESENTAZIONE SI COMPONE DI DUE PARTI INTERCONNESSE: MEDIA STRUTTURATI IN DETERMINATI MODI E INTERFACCE/STRUMENTI FORNITI PER NAVIGARE E MANIPOLARE QUESTI MEDIA [PER ESEMPIO SPAZIO VIRTUALE TRIDIMENSIONALE IN VIDEOGIOCHI]
104- Negli anni Novanta l’informatizzazione degli strumenti ha inciso non solo sulla cultura dell’immagine in movimento, bensì anche su tutti gli altri ambiti del design. Tutti hanno cominciato ad adottare lo stesso tipo di processo produttivo che oggi implica o la combinazione di elementi creati attraverso diverse applicazioni oppure lo spostamento dell’intero progetto da un applicativo all’altro in modo da sfruttare le funzioni specifiche di ciascun programma. E sebbene ogni ambito disponga delle proprie applicazioni dedicate (per esempio i creatori di siti web usano Dreamweaver mentre gli architetti usano Revit) ormai i professionisti utilizzano anche numerose applicazioni di uso comune come PhotoShop, Illustrator, Flash, Final Cut, After Effects, Maya. Anche sostituendo queste applicazioni commerciali con software open source come Gimp o Cinepaint le procedure sarebbero le stesse.
106- [def. ‘Layer’ e ‘rendering’] /107- [Quando le workstation e i personal computer con annessi software per il montaggio e l’animazione , la composizione e il disegno sono diventati alla portata di grafici e illustratori freelance e di piccoli studi di post-produzione e animazione la situazione della cultura visiva moderna è stata completamente trasformata]
123- Il termine metalinguaggio indica comunemente un sistema formale autonomo utilizzato per la descrizione di mezzi espressivi o linguaggi culturali, un sistema analogo a una grammatica che descrive il funzionamento di un linguaggio naturale. Ma il prefisso ‘meta’ usato da Kay non si riferisce a questo: piuttosto significa ‘riunire’, ‘includere’, ‘raccogliere’, ossia mettere insieme ciò che era separato. / 125- Che cos’è un metalinguaggio? Se definiamo un linguaggio artistico come l’uso ‘unitario e significativo’ di un sottoinsieme di tecniche disponibili in un dato medium [≈ stile, genere] [ Se per medium intendiamo un insieme di risorse tecnologiche standard , siano esse un palco o una telecamera, l’impianto luci o un rullo di pellicola, è evidente che ciascun medium supporta molti linguaggi artistici, stili o generi ], UN METALINGUAGGIO E’ L’USO UNITARIO E SIGNIFICATIVO DI UN SOTTOINSIEME DI TECNICHE DISPONIBILI IN UN METAMEDIUM COMPUTAZIONALE. Ma non un qualsiasi insieme. Ha senso parlare di un metalinguaggio -rispetto a un linguaggio, solo se le tecniche che utilizza provengono da linguaggi culturali precedentemente distinti.
126 [Un progetto di immagini in movimento oggi ≠ da secolo Ventesimo, dove il ‘compositing’, cioè il processo di sovrapposizione di un’immagine su un’altra per creare un’unica immagine era limitato dal rapido degrado del segnale analogico per cui la copia non rispondeva più agli standard di trasmissione] /129 – Nella composizione digitale ogni singolo elemento visivo può essere MODULATO in molti modi: ridimensionato, ricolorato, animato ecc.
132- Nei paradigmi del montaggio del Ventesimo secolo, l’unità minima di lavoro è il fotogramma. Si può cambiare la lunghezza di un montaggio , decidere dove inizia e dove finisce un segmento, ma non si può modificare direttamente il contenuto di un fotogramma, una sorta di scatola nera impossibile da aprire. Ma nell’interfaccia di After Effects l’unità minima non è un fotogramma bensì un elemento figurativo posizionato nella finestra di composizione. E’ possibile accedere , manipolare, animare ogni singolo elemento che è visualizzato come un oggetto indipendente. Dunque una composizione mediale viene concepita in quanto insieme di oggetti indipendenti che possono cambiare nel tempo. In questo contesto il termine ‘composizione’ è importante perché si riferisce ai media bidimensionali -come il disegno, la pittura, la fotografia, la progettazione- e non al cinema: si riferisce allo spazio e non al tempo. [il progetto mediale da ‘time-based’ (Avid, Final Cut) a ‘composition-based’ (After Effects)] [Immagine ‘raster’ è un’immagine impressa nella memoria video pixel dopo pixel e non generata matematicamente] /135- In breve l’interfaccia di AfterEffects trasforma il cinema in un processo di design e riformula il film come un lavoro di grafica modificabile in ogni momento. (…) I software per l’AUTHORING come Maya (modellamento tridimensionale e animazioni computerizzate) o After Effects ( grafica in movimento, composizione di effetti visivi) seguono una logica differente: non simulano un singolo medium preesistente, bensì combinano e mescolano processi di lavoro e tecniche prese in prestito da media diversi e, ovviamente, aggiungono anche nuove risorse specifiche del computer, come la capacità di calcolare i valori intermedi tra due ‘keyframe’./140- Oggi un’immagine in movimento è concepita come un composto di stratificazioni di immagini, anziché come un’immagine piatta e fissa che cambia solo nel tempo , come è stato nella maggior parte del secolo Ventesimo./ 142 [nuovi paradigmi-> cinema digitale vs motion picture]
144- [MEDIA DESIGN -> FLUSSO PRODUTTIVO DEL DESIGN = progettazione al computer] /146– la maggior parte degli animatori astratti del Ventesimo secolo hanno lavorato sia nel campo cinematografico che pubblicitario. / 149 ‘Adobe Creative Suite’ consente la PROGETTAZIONE CROSSMEDIALE. Inoltre, la compatibilità tra gli applicativi implica che gli elementi (chiamati ASSETS nel linguaggio tecnico) possano essere riutilizzati in nuovi progetti. (…) Una campagna pubblicitaria spesso lavora in modo crossmediale, ossia è visibile su diverse piattaforme: il web, la televisione, la carta stampata, la cartellonistica.
152- Il linguaggio della ‘multimedialità’ combina semplicemente elementi presi da media differenti. Invece assistiamo ad un ‘ASSEMBLAGGIO PROFONDO’ quanto c’è una fitta interazione tra procedure e tecniche di media differenti all’interno di un singolo progetto. / 153- La condizione essenziale che garantisce questa nuova logica e la risultante estetica è la compatibilità tra file generati da differenti programmi [per esempio immagini rasterizzate e immagini vettoriali] Riassumendo, la compatibilità tra i software per la grafica, l’illustrazione, l’animazione, il video montaggio, la modellazione e l’animazione tridimensionali, gli effetti speciali gioca un ruolo chiave nella definizione delle forme visive e spaziali dell’epoca del software. [=ibridazione della moderna estetica visiva e presenza delle stesse tecniche di design in tutti i prodotti mediali.
154- Come nel caso dell’ibridazione , possiamo considerare questa attitudine al cambiamento perpetuo [= alla FORMA VARIABILE] come un’altra caratteristica distintiva dei software utilizzati nel MEDIA DESIGN / ‘CANALE’ per es. in AfterEffects = interfaccia per il controllo di un parametro. / FORME: VISIBILI, TEMPORALI, SPAZIALI, INTERATTIVE]
160- Come è possibile applicare a progetti di più ampio respiro l’estetica di un’unica forma spaziale o visiva in continuo cambiamento, senza tagli (per quanto riguarda il cinema) o senza ripartizioni in spazi distinti (per quanto riguarda l’architettura)?
165- La ‘rivoluzione di velluto’ [del media design] può essere letta come il periodo dell’ibridazione sistematica tra differenti specie di software originariamente creati per lavorare con media diversi. Nel 1993 i designer avevano a disposizione numerosi programmi potenti ma quasi sempre incompatibili (…) Verso la fine degli anni Novanta è diventato possibile utilizzarli tutti insieme all’interno di un unico flusso produttivo.
166. Poiché nella cultura contemporanea il REMIX è inteso come un’addizione, utilizzo (provvisoriamente) il termine ‘assemblaggio profondo’ per parlare delle trasformazioni illustrate qui di seguito-> [simulazione della profondità di campo dal fotorealismo della grafica computerizzata a una tecnica che poteva essere impiegata a prescindere da quanto fosse realistico o astratto lo stile visivo.
166- Tutti gli inventori del software culturale (anni Sessanta e Settanta hanno più volte enfatizzato il fatto che non miravano a una semplice simulazione informatica di media già esistenti./ 168- Una delle conseguenze della compatibilità dei software è che le teorie del secolo scorso utilizzate ancora oggi per descrivere i diversi ambiti culturali ( o le differenti aree dell’industria culturale) in effetti non sono più adeguate per descrivere la realtà.-> [Ambiente di produzione universale adattato a tutti gli ambiti dell’industria culturale e basato sul software dell’IBRIDAZIONE POST-MEDIALE.
171 – Ci sono buone ragioni per ritenere che le immagini in futuro saranno ancora fotografiche. Come un virus la fotografia ha mostrato di essere un linguaggio straordinariamente resistente: è sopravvissuto ad ogni successiva ondata tecnologica, inclusa la totale computerizzazione della produzione e della distribuzione culturale.
181- Oggi l’animazione è utilizzata nella cultura delle immagini in movimento in molti modi e non esiste più come strumento espressivo a se stante.
185-La cultura del REMIX non richiede singoli oggetti estetici , o singole registrazioni della realtà, ma unità più piccole: parti che possono essere facilmente scambiate e combinate all’infinito.
187- Dopo il collasso dell’impero sovietico, il postmodernismo ha conquistato il mondo. Oggi corriamo il rischio di finire imprigionati in un altro ‘stile internazionale’: il nuovo ‘stile globale’ (…) [In realtà] Il presente vede all’opera anche un’altra logica: il desiderio di assemblare creativamente, in varie combinazioni, vecchio e nuovo, locale e globale. [Per es. Barcellona come città in cui si mescolano energicamente il vecchio di Gaudì e i nuovi spazi cool dei bar…-> dove la logica del computer connesso in rete incontra la logica delle culture pre-esistenti]
188- Ho parlato di SVILUPPO ASIMMETRICO, sottolineando come spesso la struttura interna (l’infrastruttura) cambi completamente, molto prima che la superfice (la sovrastruttura) si adegui.
191- I nuovi paradigmi emersi negli anni Duemila, infatti, non riguardano nuove TIPOLOGIE di software. Riguardano invece l’incremento esponenziale del numero degli utenti e la ridefinizione del Web come nuova piattaforma universale per la circolazione di contenuti non professionali. Nel corso di questo decennio, numerose definizioni hanno cercato di descrivere questi sviluppi: ‘social software’, ‘social media’, ‘user-generated content’, ‘Web 2.0’, ‘cultura read/write’. / I professionisti della comunicazione visuale sono passati a strumenti e workflow informatizzati negli anni Novanta; nel decennio successivo è toccato ai consumatori , gradualmente trasformatisi in consumatori mediali. / (…) Se la data della rivoluzione del mondo professionale potrebbe essere il 1995, il 2005 è l’anno della rivoluzione CONSUMER.
193- La nostra argomentazione procederà discutendo di due dimensioni cruciali per il nuovo universo dei social media: la MODULARITA’ e la MOBILITA’. Questa mobilità non riguarda né il movimento di gruppi e individui, né l’accesso ai media tramite dispositivi mobili, ma il MOVIMENTO DEGLI OGGETTI MEDIALI TRA LE PERSONE, I DISPOSITIVO E IL WEB, un concetto che non mi pare abbia ricevuto l’adeguato riconoscimento teorico. / Esamineremo alcune tipologie nuove di comunicazione visiva ‘da utente a utente’ emerse sulle piattaforme social media ed esamineremo la sfida lanciata ai produttori di cultura professionisti dall’esplosione dello user-generated content. (…) Ogni giorno centinaia di milioni di persone condividono contenuti come blog, foto, video, commenti e discussioni on line. Ed è una cifra destinata a crescere: nel 2008, per citare un esempio, il numero degli utenti di cellulari è cresciuto da 2, 2 a 3 miliardi.
194- Anche l’ambito teoretico è stato universalmente coinvolto in questa universale rivoluzione mediale. Le teorie formulate dagli accademici si sono finora basate su un numero limitato e selezionato di oggetti di studio, ad esempio il ‘cinema hollywoodiano’ o il ‘Rinascimento italiano’ . Ma oggi ci troviamo di fronte a una o più ‘CULTURE DIGITALI GLOBALI’ con miliardi di oggetti culturali e centinaia di milioni di produttori. Se prima si poteva scrivere di ‘cultura’ occupandosi solo di un numero esiguo di città-capitali e scuole, oggi sarebbe necessario seguire contemporaneamente gli sviluppi di migliaia di centri e istituzioni. [NUOVA SCALA DELLA CULTURA]
198- [La nostra non è la cultura, ma l’intera epoca del REMIX] Sebbene esistano precedenti, solo con l’introduzione dei registratori multitraccia , che permettevano la manipolazione separata di ciascuna pista di un pezzo musicale (voce, percussioni ecc.) è diventato possibile il remix di un pezzo, ossia cambiare il volume di alcune piste o sostituirle con altre . Col tempo il significato si è esteso , fino a indicare ogni genere di manipolazione di opere già esistenti. / (…) 199- Di fatto non esiste un termine equivalente al remix musicale per descrivere efficacemente queste pratiche , sebbene talvolta si impieghino i concetti di ‘appropriazione’ o di ‘citazione’. / Il termine ‘appropriazione’ nato per definire un gruppo di artisti attivi a New York all’inizio degli anni Ottanta che ‘rielaboravano’ fotografie non si è mai diffuso come il termine remix. Credo che remix sia un termine più efficace perché suggerisce una rielaborazione sistematica. L’appropriazione lavora invece in maniera diversa : gli appropriazionisti semplicemente copiavano intere immagini anziché remixarle. Come nel caso dell’orinatoio di Duchamp , l’effetto estetico deriva dal trasferimento di un segno culturale da una sfera all’altra, non da una sua modifica. / Il termine ‘citazione’, invece, si riferisce a una logica molto diversa da quella del remix. Laddove il remix implica un riarrangiamento sistematico di un intero testo, la citazione si accontenta dell’inserimento di frammenti tratti da una o più fonti. La citazione non anticipa il remix , bensì un’altra pratica autoriale resa possibile dalla tecnologia elettronica e digitale: il campionamento.
202- Durante gli anni Duemila il remix si è gradualmente trasformato in un nuovo standard culturale. E’ stato stravolto il paradigma comunicativo del Ventesimo secolo in cui pochi produttori professionisti trasmettevano attraverso i propri massmedia messaggi per un vasto pubblico. Nel nuovo modello un numero molto più alto di produttori pubblica i propri contenuti in una ‘NUBE MEDIALE GLOBALE’ e gli utenti creano mix personalizzati all’interno di questa nube. Ciò determina non solo la frequente sovrapposizione tra produttore e consumatore ma anche la possibilità per gli utenti di decidere quando e dove fruire dei contenuti : i fenomeni noti come ‘time shifting’ e ‘place shifting’. Un’altra caratteristica del nuovo paradigma è la MOBILITA’ MEDIALE. Un messaggio non arriva mai a destinazione come nel modello broadcasting o dell’editoria di massa, bensì continua a muoversi tra siti, persone, dispositivi. Spesso parti del messaggio vengono estrapolate e remixate con quelle di altri messaggi , creandone così di nuovi. -> [Emergere di una nuova terminologia] A termini propri del Ventesimo secolo 203- come broadcast, editoria, ricezione, si sono aggiunti, e spesso sostituiti, termini che descrivono le nuove operazioni possibili con i messaggi mediali. Questi termini includono ‘incorporare’, ‘annotare’, ‘commentare’, ‘rispondere’, ‘feedare’ [= trasformare in un feed = ingl. To Syndicate], ‘aggregare’, ‘caricare’, ‘scaricare’, ‘rippare’ [= si intende trasformare un supporto in uno o più file: per esempio trasformare un CD in una serie di MP3] e condividere.
208- Nel modello di comunicazione del Ventesimo secolo , l’informazione si spostava da un mittente a un destinatario. Oggi il punto di ricezione è solo un passaggio intermedio. L’informazione o gli oggetti mediali sono come treni: ogni destinatario rappresenta una stazione in cui l’informazione arriva, viene remixata e riparte verso nuove stazioni, dove il processo si ripeterà. / 209- Quasi tutte le culture si sono sviluppate attraverso l’appropriazione e la rielaborazione di forme e stili altrui: producendo remix che poi venivano incorporati in altre cultura ancora. L’antica Roma ha remixato l’antica Grecia, Il Rinascimento ha remixato l’antichità.
210- In molti settori della cultura abbiamo una separazione netta tra le librerie di elementi destinati al campionamento -repertori di foto, sfondi e musiche, librerie di software- e gli oggetti culturali che ne incorporano gli elementi. (…) Gli unici settori in cui il remix e il campionamento sono praticati alla luce del sole sono la musica e la programmazione del software. / La linea di confine tra le librerie e le opere autentiche è destinata a sfumare? Le forme culturali del futuro saranno composte di campioni distinti , già progettati per essere copiati e incorporati in altre opere? Per rispondere a queste domande dobbiamo immaginare una NUOVA ECOLOGIA CULTURALE in cui ogni tipo di oggetto culturale , a prescindere dal medium e dal materiale, è composto di mattoncini di tipo Lego.
217- [Sviluppo asimmetrico->] Se la modularità è stata alla base della società industriale sin dall’inizio del Novecento, è solo negli ultimi decenni che essa ha fatto il suo ingresso nella produzione e distribuzione culturale. L’industria culturale di cui Adorno e Horkheimer scrivevano già nei primi anni Quaranta non era ancora un’industria in senso moderno, come forse non lo è neppure oggi. (…) La creazione del contenuto culturale non è stata mai stata standardizzata./ In altre parole, se il software è stato adottato soprattutto per automatizzare e rendere più efficienti i livelli più bassi della produzione culturale ( come per esempio generare fotogrammi intermedi…) i livelli più alti continuano a essere controllati dagli uomini. Per questo motivo siamo tendenzialmente restii a riconoscere la modularità semiotica dei prodotti dell’industria culturale – il loro essere costruiti a partire da elementi già familiari ai consumatori, come le costruzioni di Lego- prigionieri come siamo della teoria dell’autore romantico. / La tendenza della cultura industriale al riutilizzo di elementi culturali -il cosiddetto MEDIA FRANCHISING- non sembra scalfire la logica pre-industriale che regola il processo produttivo. Per Adorno il carattere di individualità di ogni prodotto è parte dell’ideologia della cultura di massa: “Ciascun prodotto sembra unico; la stessa individualità serve a rafforzare questa ideologia nella misura in cui si riesce a proiettare l’illusione che ciò che è completamente reificato e mediato sia un rifugio dell’immediatezza e della vita” (Adorno, L’industria culturale riconsiderata). 217- “L’espressione ‘industria’ non deve essere presa alla lettera. Si riferisce alla standardizzazione del prodotto -come quella del Western, familiare a tutti gli spettatori cinematografici- e alla razionalizzazione delle tecniche di produzione, piuttosto che al processo produttivo in se stesso . L’industria è industriale solo in senso sociologico, in quanto incorpora forme di organizzazione industriali anche quando non viene realmente prodotto nulla, come nel caso della razionalizzazione del lavoro d’ufficio, e non nel senso che qualcosa viene realmente prodotto dalla logica tecnologica.” (Adorno)
218-Né l’informatizzazione delle industrie culturali degli anni Novanta, né la comparsa negli anni Duemila dei paradigmi dello USER-GENERATED CONTENT e dei social media hanno realmente messo in discussione l’ideologia romantica dell’artista-genio. Ciònonostante, la cultura sembr essere gradualmente ‘modularizzata dagli stessi utenti. In altre parole la modularità è entrata nella cultura di massa dall’esterno, anziché essere imposta dall’interno come nella produzione industriale. / (…) 219- In campo culturale, siamo già modulari da tempo . Ma contemporaneamente -parafrasando Bruno Latour- ‘Non siamo mai stati modulari’ – il che credo è una gran bella cosa.
220- [ Il web come piattaforma per la pubblicazione negli anni Novanta, ora negli anni Duemila è sempre più piattaforma per la comunicazione]
221 – [Il fenomeno della ‘coda lunga’ ( = sviluppo dei pubblici di nicchia) vs media del secolo Ventesimo]
223- [Due stadi di sviluppo dell’industria culturale: dal consumo culturale alla produzione di oggetti culturali] / L’invenzione del quotidiano (mediale): le tattiche come strategie.-> 225 De Certau sottolinea che la maggior parte degli oggetti di uso quotidiano nelle società moderne sono prodotti in serie ed espressione delle strategie dei produttori , designer e uomini di marketing. A partire da questi oggetti, gli individui costruiscono i propri mondi e le proprie identità attraverso determinate tattiche , tra cui il bricolage, l’assemblaggio, la personalizzazione e oggi il remix, termine che certamente de Certau non utilizza. -> Dal tempo di de Certau molte cose sono cambiate, le strategie e le tattiche oggi sono strettamente intrecciate, interattive e intercambiabili. I video giochi per esempio sono esplicitamente progettati per essere personalizzati dagli utenti. [abitabile -> proprio-> personalizzato (de Certau)] /228 CIO’ CHE PRIMA ERA EFFIMERO, NON MAPPABILE E INVISIBILE DIVENTA PERMANENTE, MAPPABILE E VISIBILE./229 – La vita come contenuto-> creazione romantica ex novo vs creatività tattica che rende le cose ‘proprie’ o ‘abitabili’.
231 [Uso di gesti simboli e di scambio di simboli in una cultura + conversazione come situazione permanente di comunicazione nei social media]
234-[ L’incrocio tra la spinta innovativa dell’arte e il perdurante conservatorismo sociale ha riattivato le funzioni sociali dell’arte ormai avvizzite in Occidente ma ancora importanti e urgenti in altri paesi] /238 [arte e sfida dei social media sul terreno di creatività e innovazione]