Cujus oeconomia, ejus regio (1971)

14-Molto più profondo di quello con la geografia è il legame con le fonti mitiche del sapere storico-giuridi­ co. Esse ci sono state rese accessibili da Johann Jakob Bachofen./ ciò che il fondatore della scuola giuridica storica intendeva per storicità. Si tratta di qualcosa di diverso dall’archeologia e dal museo. Tocca la questione stessa dell’esistenza della scienza giuridica, che oggi si trova schiacciata tra teologia e tecnica, se non riesce ad affermare in una dimensione storica rettamente conosciuta e resa fruttuosa il terre­ no della propria esistenza.

15- L’ordinamento eurocentrico finora vigente del diritto internazionale sta oggi tramontando. Con esso affonda il vecchio nomos della terra. Questo era scaturito dalla favolosa e inattesa scoperta di un nuovo m ondo, da un evento storico irripetibile. /E’ agli spiriti pacifici che è promesso il regno della terra. Anche l’idea di un nuovo nomos della terra si dischiuderà solo a loro.

19- IL DIRITTO COME UNITA’ DI ORDINAMENTO E DI LOCALIZZAZIONE

19-La terra è detta nel linguaggio mitico la madre del diritto. Ciò allude a una triplice radice dei concetti di diritto e di giustizia. / In primo luogo la terra fertile serba dentro di sé, nel proprio grembo fecondo, una misura interna. Infatti la fatica e il lavoro, la semina e la coltivazione che l’uomo dedica alla terra fertile vengono ricompensati con giustizia dalla terra mediante la crescita e il raccol­ to. Ogni contadino conosce l’intima proporzione di questa giustizia. / In secondo luogo il terreno dissodato e coltivato dall’uomo mostra delle linee nette nelle quali si rendono evidenti determinate suddivisioni. (…) in queste linee che si riconoscono le misure e le regole della coltivazione, in base alle quali si svolge il lavoro dell’uomo sulla terra. / in terzo luogo, infine, la terra reca sul proprio saldo suolo recinzioni e delimitazioni, pietre di confine, m u­ ra, case e altri edifici. Qui divengono palesi gli ordinamenti e le localizzazioni della convivenza umana.20- Famiglia, stirpe, ceppo e ceto, tipi di proprietà e di vicinato, ma anche forme di potere e di dominio, si fanno qui pubblicamente visibilI /Il mare invece non conosce un’unità così evidente di spazio e diritto, di ordinamento e localizzazione./ « Sulle onde tutto è onda ». Il mare non ha carattere, nel significato originario del termine, che deriva dal greco charassein, scavare, incidere, imprime­ re. Il mare è libero. Questo significa, secondo il recente diritto internazionale, che il mare non costituisce un territorio statale e che esso deve restare aperto a tutti in modo eguale per tre ambiti tra loro molto diversi dell’attività umana, e cioè la pesca, la navigazione paci­ fica e la belligeranza. Così almeno si legge nei manuali di diritto internazionale.(…) 21-Qui il corsaro, il pirata, poteva svolgere il suo malvagio mestiere in buona coscienza (…) Un famoso giurista e umanista italiano di questo perio­ do, Alciato, sostiene che la pirateria è un crimine con circostanze attenuanti. « Pirata minus delinquit, quia in mari delinquit». In mare non vale alcuna legge.

22- I grandi atti primordiali del diritto restano invece localizzazioni legate alla terra. Vale a dire: occupazioni di terra, fondazioni di città e fondazioni di colonie. / 23-Alle occupazioni di terra e alle fondazioni di città è infatti sempre legata una prima misurazione e ripartizione del suolo utilizzabile.

24 -Verso l’esterno, il gruppo occupante si trova posto di fronte ad altri gruppi e potenze che occupano la terra o ne prendono possesso. Qui l’occupazione di terra rappresenta un titolo di diritto internazionale in due maniere differenti. [occupazione di terra libera o sottrazione di terra al padrone precedente]

25- Oggi la maggior parte dei giuristi intende la « superproprietà » in primo luogo solo come proprietà (dominium) in senso privatistico, e la « signoria territoriale » invece solo come potere e signoria pubblica (imperium), in senso solo pubblicistico./ Così l’occupazione di terra costituisce per noi, all’esterno (nei confronti di altri popoli) e all’interno (con riguardo all’ordinamento del suolo e della proprietà entro un territorio), l’archetipo di un processo giuridico costitutivo./ 26- Questo fondamento primo, legato al suolo [boden- hafter Urgrund], nel quale si radica ogni diritto e nel quale confluiscono spazio e diritto, ordinamento e localizzazione [anche ORIENTAMENTO /RADICAMENTO (S- Weil), è stato ben osservato da grandi filosofi del diritto.[Vico, Locke, Kant]

28-Anche la storia del diritto internazionale fino ad oggi conosciuta è una storia di occupazioni di terra. Ad esse si sono aggiunte in determinate epoche le occupazioni di mare. Il nomos della terra si fonda così su un rapporto determinato tra terraferma e mare libero. (…) [Con il dominio dello spazio aereo] . Muta inoltre, in seguito a ciò, anche la relazione tra protezione e obbedienza, e quindi la struttura del potere politico e sociale stesso, e il rapporto tra questi e altri poteri. Ha inizio così un nuovo stadio della coscienza umana dello spazio e dell’ordinamento globale. / Tutti gli ordinamenti preglobali erano essenzialmente terranei, anche se comprendevano domini marittimi e talassocrazie. Il mondo originariamente terraneo venne trasformato nell’epoca delle scoperte geografiche, quando la terra fu per la prima volta compresa e misurata dalla coscienza globale dei popoli europei. Nacque con ciò il primo nomos della terra. (…) Esso si fondava su un determinato rapporto tra l’ordi­ namento spaziale della terraferma e l’ordinamento spaziale del mare libero, e fu portatore, per quattro- cento anni, di un diritto internazionale eurocentrico, lo jus publicum Europaeum / 29- È questo il punto che permette di avvicinarci al segreto del nuovo nomos della terra. Fino ad oggi un solo autore, Hegel, si era approssimato a questo arcanum: citiamo pertanto le sue parole al termine di questo corollario: « Come per il principio della vita familiare è condizione la terra e la salda proprietà fondiaria, così per l’industria è il mare l’elemento naturale che la vivifica e le dà impulso verso l’esterno ». (…) Oggi sembra d ’altra parte già possibile pensare che l’aria divori il mare e forse persino la terra, e che gli uomini stiano trasformando il loro pianeta in una combinazione di depositi di materie prime e di portaerei. Vengono quindi tracciate nuove linee di amicizia al di là delle quali cadono bombe atomiche e all’idrogeno. Malgrado ciò noi continuiamo a nutrire la speranza di riuscire a penetrare il regno di senso della terra, e che siano gli spiriti pacifici a possedere il regno della terra

30- Il DIRITTO INTERNAZIONALE PRE-GLOBALE

30 -Per millenni l’umanità ha avuto un’immagine mitica della terra nella sua totalità, ma nessuna esperienza scientifica di essa. Non esisteva alcuna idea di un pianeta compreso in termini di umana misurazione e localizzazione, e comune a tutti gli uomini e popoli. Mancava ogni coscienza globale in questo senso, e quindi ogni fine politico orientato verso la medesima costellazione di valori. Non poteva esserci quindi nemmeno uno jus gentium [ = diritto internazionale]che abbracciasse tutta quanta la terra e l’umanità

30- . Il termine greco topos è divenuto col passare del tempo un locus communis. Oggi serve a designare banalità generali e astratte. Ma anche tali luoghi comuni si concretizzano e diventano oltremodo vitali se si evidenzia il loro senso spaziale. La dottrina dei topoi è stata sviluppata da Aristotele come parte della retorica. Quest’ultima, a sua volta, come mostra l’eccellente tesi di Eugène Thionville (De la théorie des lieux communs, Paris, 1855), è un pendant, una antistrofe della dialettica. È la dialettica del luogo pubblico, deìYagora, contrapposta a quella del Liceo e dell’Accademia. Ciò che un uomo può dire a un altro è discutibile, plausibile o convincente solo nel giusto contesto e nel giusto luogo. Così esistono ancor oggi gli indispensabili topoi del pulpito e della cattedra, del tribunale e del comizio, delle conferen­ ze e dei congressi, del cinema e della radio. Ogni analisi sociologica di questi differenti luoghi dovrebbe partire da un’esposizione dei loro differenti topoi

31-Molteplici grandi complessi di potere – regni egizi, asiatici ed ellenistici, l’impero romano, forse anche regni negri dell’Africa e regni inca in America — non furono affatto entità irrelate e isolate; ma le loro relazioni reciproche mancavano di globalità. [Non c’era una naturale inimicizia come ha sostenuto Mommsen T.]Ognuno di questi regni considerava se stesso come il mondo, o perlomeno come la terra abitata dall’uomo, il centro del mondo, il kosmos, la casa, e considerava la parte della terra situata al di fuori di questo mondo, quando non minacciosa, affatto priva di interesse o quale strana curiosità; quando invece minacciosa, come un caos malvagio, ma in ogni caso come uno spazio aperto, « libero » e senza padroni, disponibile per conquiste, acquisizioni di territorio e colonizzazioni.

32-2 I confini dell’orbis erano indicati da immagini mitiche come l’oceano, il drago che avvolge la terra o le colonne d’Ercole. La loro sicurezza politica era garantita da costruzioni di difesa poste ad escludere il mondo esterno: fossati di confine, una grande muraglia, un limes o (secondo il diritto islamico) l’immagine della casa della pace, al di fuori della quale è guerra. Il senso di questi confini era di separare un ordinamento pacifico da un disordine senza pace, il cosmo da un caos, la casa da una non-casa, un luogo custodito da un territorio selvaggio (…) 34-inoltre tutto restò confinato — e questo è il punto decisivo — nel quadro e nell’orizzonte di una visione non complessiva e non globale dello spazio, e di una terra ancora non misurata scientificamente.

37- peri erano condotte come guerre di annienta­ mento. Quanto al diritto tra i popoli di un impero, esso era determinato dal principio della comune appartenenza di questi al medesimo orbis imperiale. Anche il territorio dei popoli foederati indipendenti e autonomi faceva parte dell’orbis. Al contrario, accadeva che popoli resi anche completamente schiavi, vale a dire del tutto privati del loro territorio, potessero ancora serba­ re una sorta di esistenza sul piano del diritto internazionale. Ciò è quanto dimostra (esempio reso più chiaro dal negativo) la dichiarazione di guerra che, ogni anno, a Sparta, gli Efori erano soliti rivolgere agli Iloti, vale a dire a coloro che erano stati vinti e sottomessi, quindi privati del loro campo agricolo. All’idea di una coesistenza di veri e propri imperi — ovvero di grandi spazi indipendenti entro un’area comune — mancava ogni forza ordinatrice, poiché mancava l’idea di un ordinamento spaziale comune che abbracciasse tutta la terra

38- CENNI SUL DIRITTO INTERNAZIONALE DEL MEDIOEVO CRISTIANO

42- E’ essenziale il fatto che all’interno del territorio cri­ stiano le guerre tra principi cristiani fossero guerre limitate, diverse cioè da quelle rivolte contro principi e popoli non cristiani. Le guerre interne, limitate, non distruggevano l’unità della respublica christiana, ma erano « faide », nel senso di affermazioni del diritto, realizzazioni concrete di esso, ovvero attivazioni di un diritto di resistenza, e avvenivano sempre nel quadro di un unico ordinamento complessivo, comprendente entrambe le parti in conflitto. Ciò significa che esse non dissolvevano e non negavano affatto questo ordina­ mento complessivo comune. Non solo quindi perm ettevano una valutazione teologico-morale e giuridica della propria giustezza, ma la facevano diventare addirittura necessaria / L’impero cristiano come forza frenante (kat-echon) L’unità di questa respublica christiana aveva nell’imperium e nel sacerdotium i suoi ranghi gerarchici adeguati e nell’imperatore e nel papa i suoi portatori visibili. Il legame con Roma significava la continuazione di anti­ che localizzazioni nello spazio, fatte proseguire dalla fede cristiana.

43-1 Nella concreta localizzazione spaziale in rapporto a Roma, e non già in norme e idee generali, sta dunque la continuità che lega il diritto internazionale medioevale all’impero romano. Carattere essenziale dell’impero cristiano era di non essere un regno eterno, ma di avere sempre presente la propria fine e la fine del presente eone, e malgrado ciò di essere capace di esercitare potere storico. Il concetto decisivo e storicamente importante, alla base della sua continuità, era quello di «forza frenante» [.Aufhalter], di kat-echon. «Impero» significa qui il potere storico che riesce a trattenere l’avvento dell’Anticristo e la fine dell’eone attuale: una forza qui tenet, secondo le parole dell’apostolo Paolo nella seconda epistola ai Tessalonicesi, capitolo secondo / 44- Non credo che la fede cristiana originaria possa ave­ re in generale un’immagine della storia diversa da quella del kat-echon (…) Non credo che la fede cristiana originaria possa ave­ re in generale un’immagine della storia diversa da quella del kat-echon

47. [Impero, cesarismo, tirannide] I grandi teologi e filosofi imperiali adeguarono cer tamente senza sforzo la loro dottrina dell’impero anche alla dottrina aristotelica delle communitates perfectae, che si fece strada a partire dal secolo XIII.  Le comunitàperfette e autarchiche (<communitates, civitates, societates)erano in grado di realizzare da sé il proprio significato e il proprio fine, il proprio obiettivo e principio immanente: quello della vita buona e autosufficiente,del bene sufficienterque vivere. Quando poi l’impero veniva

considerato, come nella Monarchia di Dante, la « più perfetta » tra le comunità umane, una communitas perfectissima,non s’intendeva con ciò una comunità simile al regnum e alla civitas autarchica ma ancora più perfetta, bensì una particolare unità trascendente, in grado di assicurare la pace e la giustizia tra le comunità autarchiche, e solo perciò più elevata e più ampia.

48- Ma il cesarismo è una forma di potere tipicamente non cristiana, anche quando conclude concordati. In quanto designazione e in quanto problema consciamente posto della sfera spirituale, il cesarismo è un fenomeno moderno, che incomincia solo nel 1789 con la Rivoluzione francese, e che appartiene storicamente all’epoca in cui viene prospettato il grande parallelo tra la situazione del cristianesimo primitivo e quella del secolo XIX. La Rivoluzione introduce termini e concetti quali cesarismo, guerra civile, dittatura e proletariato, che traggono completamente origine dal grande parallelo. Questo particolare, onnidominante grande parallelo tra il tempo presente e la svolta dei tempi che rappresenta l’inizio della nostra cronologia, non va confuso con i numerosi altri paralleli storici che proliferano tra gli storici e gli uomini politici. Pur con molte variazioni, questo grande parallelo è stato tracciato da prospettive diverse da Saint-Simon, Tocqueville, Proudhon, Bruno Bauer, fino a Oswald Spengler. L’impero di Bonaparte fu il primo e più vistoso esempio moderno di cesarismo puro, svincolato cioè da un regno e da una corona reale.

49- Bartolo e tutti gli altri giuristi e pubblicisti italiani del secolo XIV non erano più a conoscenza del fatto che l’imperatore pos­ sedeva questo compito del kat-echon, giungendo persi­ no a scordare il fatto storico-giuridico che egli, oltre che imperatore romano, era per le città italiane del Nord e del Centro anzitutto re d’Italia. Nella dissoluzione di tali concetti spaziali si annuncia già la generale dissoluzione dell’ordinamento medievale, benché rimanessero ancora persino nella dottrina delle autonome «civitates superiorem non recognoscentes» [XIII sec. in Francia]forti elementi di un’unità complessiva, rappresentata dall’imperatore e dal papa. In particolare, l’imperatore rimaneva, ancora nel secolo XIV, il custo­ de del diritto e della libertà di quelle civitates autonome. Egli aveva ancora il compito di rendere inoffensivi i nemici del diritto e della libertà di una civitas, in primo luogo i tiranni. / 51-Tutto ciò non può essere compreso né pensando ad un astorico «allontanamento da Roma», né a rappresentazioni moderne, vale a dire statalistiche, centralistiche e positivistiche, tipiche del tardo secolo XIX. Per le «civitates superiorem non recognoscentes » italiane il re germanico rimase nella veste di imperatore — anche se praticamente solo per effetto della sua particolare posizione di re d’Italia — a svolgere, ancora fino al tardo secolo XIV, la funzione di pacificatore, di arbitro nelle dispute e di combattente contro i tiranni,

52- Solo un ordinamento spaziale completamente diverso mise fine al diritto internazionale dell’Europa medioevale. Esso sorse con lo Stato territoriale europeo spazialmente chiuso e accentrato, sovrano nei confronti dell’imperatore e del papa, ma anche di ogni altro vicino: uno Stato che disponeva dinanzi a sé di uno spazio libero e illimitato, destinato all’occupazione, nelle terre d ’oltremare. I nuovi titoli giuridici, compietamente sconosciuti al Medioevo cristiano, che dovevano caratterizzare questo nuovo diritto internazionale, legato al sistema degli Stati, furono la scoperta e l’occupazione di fatto [Entdeckung und Okkupation]. Il nuovo ordinamento dello spazio non consisteva più in una localizzazione sicura, bensì in un bilanciamento, in un «equilibrio». Fino a quel momento non erano certo mancate, anche sul territorio europeo, brutte situazioni di tumulto e di «anarchia», in questo senso del termine, ma non era mai esistito quello che neXIX e XX sarebbe stato chiamato nichilismo. Se non si vuole che anche la parola nichilismo si riduca a una vuota espressione, si deve essere consapevoli della negatività specifica mediante la quale il nichilismo assume la sua posizione storica, il suo topos. Solo allora si potrà vedere in che cosa il nichilismo dei secoli XIX e XX differisce dalle situazioni anarchiche del Medioevo cri­ stiano. Nella connessione esistente tra utopia e nichilismo si può infatti vedere che solo una definitiva e radicale separazione tra ordinamento e localizzazione nello spazio può essere detta nichilismo in un senso storico specifico.

54- SUL SIGNIFICATO DEL TERMINE NOMOS

54- La parola greca che designa la prima misurazione e da cui derivano tutti gli altri criteri di misura; la prima occupazione di terra, con relativa divisione e ripartizione dello spazio; la suddivisione e distribuzione origina[1]ria, è nomos. / Questa parola, intesa nel suo significato originario, legato allo spazio, è quella che meglio si presta a rendere l’idea del processo fondamentale di unificazione di ordinamento e localizzazione. Vorrei restituire a questa parola la sua forza e grandezza primitiva, benché nel corso dei tempi, già fin dall’antichità, essa abbia perduto il proprio significato originario (…) cosicché alla fine, nel nostro secolo XX, potè comparire il termine nomomachia a designare la lotta contro l’abuso, divenuto evidente, di statuizioni e di provvedimenti legislativi nel quadro di una legalità ormai soltanto statale. / 55-E’ dall’epoca dei Sofisti che si incomincia a non aver più esatta consapevolezza del collegamento esistente tra nomos e occupazione di terra.

57-Il termine nomos è per noi utilizzabile perché in grado di preservare cognizioni che sorgono dalla problematica mondiale odierna da una confusione di tipo legal-positivistico, in particolare dal pericolo di essere scambiate con termini e concetti appartenenti alla scienza giuridica dello Stato del secolo XIX. È quindi necessario ricordare il senso originario e la sua connessione con la prima occupazione di terra. Il futuro nomos della terra non consisterà in una riesumazione di antiche istituzioni, ma non potrà nem ­ meno essere scambiato con il sistema della legalità normativistica e con i processi di proliferazione delle leggi del secolo scorso.

59- Nella situazione mondiale odierna essa[parola nomos] esprime ormai soltanto l’artificialità di quanto è posto e dovuto in senso meramente positivistico, vale a dire la mera volontà di imporsi, ovvero — per usare l’espressione sociologica di Max Weber — la volontà di realizzare una possibilità di coercizione. / ercizione. Nomos, per contro, viene da nemein, una parola che significa tanto «dividere» quanto « pascolare » [Wei- den]. Il nomos è pertanto la forma immediata nella quale si rende spazialmente visibile l’ordinamento politico e sociale di un popolo, la prima misurazione e divisione del pascolo, vale a dire l’occupazione di terra e l’ordinamento concreto che in essa è contenuto e da essa deriva; nelle parole di Kant: «la legge che ripartisce il mio e il tuo sul territorio» o, in un’altra ben significativa espressione inglese, il radicai title. Nomos è la misura che distribuisce il terreno e il suolo della terra collocandolo in un determinato ordinamento, e la forma con ciò data dell’ordinamento politico, sociale e religioso. Misura, ordinamento e forma costituiscono qui una concreta unità spaziale. Nell’occupazione di terra, nella fondazione di una città o di una colonia si rende visibile il nomos con cui una tribù o un seguito o un popolo si fa stanziale, vale a dire si colloca storicamente e innalza una parte della terra a campo di forza di un ordinamento. Solo per un simile nomos, e non per un qualsiasi atto di posizione o per una norma sofisticamente separata dalla physis concreta e contrapposta a questa come thesis, hanno senso i detti più volte citati di Pindaro ed Eraclito. In particolare, il nomos può essere definito come un muro, poiché anche il m uro si basa su localizzazioni sacrali.

60- La croce peggiore di questo vocabolario è la parola legge [Gesetz]. Mediante l’uso di questa infelice parola, termini, concetti e antitesi concettuali tipiche della nostra situazione odierna, completamente lacerata, vengono proiettati sulla discussione del termine autentico e originario nomos. La situazione attuale è da decenni caratterizzata dall’abuso del concetto di legalità tipico dello Stato legislativo centralistico, il cui unico correttivo, oggi divenuto piuttosto inefficace, è il concetto di legittimità. Ma la legalità è ormai solo un modo di funzionamento della burocrazia statale, la quale si deve ovviamente attenere ad atti di posizione [Setzung von Setzungen] [=ATTI DI STATUIZIONE66]che scaturiscono dal luogo per essa competente del comando centrale. /61- Al positivismo – come già aveva detto il suo fondatore Auguste Comte – interessa solo la «legge dell’apparire », e non quella dell’origine. Luogo d ’origine e di provenienza non sono per il positivismo caratteri specifici fondanti. Con ciò esso sopprime la connessione di ordinamento e localizzazione.

63 [nomos come sovrano] ». Il nomos invece, nel suo significato originario, indica proprio la piena «immediatezza» di una forza giuridica non mediata da leggi [= POTERE COSTITUENTE]; è un evento storico costitutivo, un atto della legittimità che solo conferisce senso alla legalità della mera legge.

65- Questa consapevolezza del fatto che il diritto e la pace poggiano originariamente su delimitazioni in senso spaziale la incontreremo ancora spesso nel proseguimento della nostra trattazione, e sarà fruttuosa. In particolare, ci aiuterà a com prendere che il problema centrale di ogni ordinamento giuridico non è tanto quello dell’abolizione della guerra, ma piuttosto quello della sua limitazione o regolamentazione. / [NOMOS = DIMORA] Nomos significa luogo di dimora, distretto, luogo di pascolo. Il termine nemus, di egual radice, può avere anch’esso un significato di culto come lo hanno «selva», «bosco», «foresta» [Wald, Hain, Forst].

67– Il moderno positivismo « dell’atto di posizione » fu la creazione di giuristi disillusi, il cui atteggiamento spirituale – dopo le delusioni politiche del 1848 – tradiva la completa sottomissione alle pretese egemoniche delle scienze naturali, alla pretesa di progresso dello sviluppo tecnico-industriale e alla nuova pretesa di legittimità della rivoluzione. I giuristi non si erano accorti, nel quadro nichilistico del loro tempo, che gli atti di posI zione [Setzungen] finivano per diventare disgregazioni [Zersetzungen], e non avevano nemmeno notato — malgrado l’ammonimento di Savigny – fino a che punto il loro preteso positivismo legale li avrebbe condotti a porre in dubbio le loro stesse premesse storiche, intellettuali e professionali. La legge si riduceva, di conseguenza, ad atto di posizione rivolto all’apparato statale che lo applica con «possibilità di costrizione all’obbedienza ». «Legge» e « provvedimento » non si potevano più distinguere tra loro. Ogni comando pubblico o segreto, purché eseguito all’interno dell’apparato statale, poteva essere chiamato legge; la sua possibilità di costringere all’obbedienza non era minore, ed anzi era forse maggiore di quella delle statuizioni acclamate e proclamate dopo lunghi dibattiti del tutto pubblici. Da una simile filosofia del diritto non venne alcun aiuto terminologico o concettuale al fine di tradurre adeguatamente il termine nomos.

70-Le parole di Eraclito e di Pindaro significano in realtà soltanto che tutte le regolamentazioni successive, scritte e non scritte, traggono la loro forza dalla misura interna di un atto originario, costitutivo e ordinativo in senso spaziale. Questo atto originario è il nomos. Tutto quanto viene dopo sono o effetti e inte[1]grazioni oppure nuove ripartizioni: anadasmoi; dunque, o una continuazione del vecchio fondamento o varianti disgregatrici dell’atto costitutivo dell’ordinam ento spaziale, rappresentato dall’occupazione di terra, dalla fondazione di città o dalla colonizzazione. /71 Per noi si tratta del processo fondamentale della suddivisione dello spazio, che è essenziale a ogni epoca storica; si tratta della combinazione strutturante di ordinamento e localizzazione, nel quadro della convivenza tra i popoli sul pianeta nel frattempo scientificamente mIsurato. In questo senso si parla qui di nomos della terra. Poiché alla base di ogni nuovo periodo e di ogni nuova epoca della coesistenza tra i popoli, tra gli imperi e i paesi, i detentori del potere e le forme di potere di ogni specie, vi sono nuove suddivisioni dello spazio, nuove delimitazioni e nuovi ordinamenti spaziali della terra.

72 LA CONQUISTA TERRITORIALE COME PROCESSO COSTITUTIVO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE

72-Per noi si tratta del processo fondamentale della suddivisione dello spazio, che è essenziale a ogni epoca storica; si tratta della combinazione strutturante di ordinamento e localizzazione, nel quadro della convivenza tra i popoli sul pianeta nel frattempo scientificamente misurato. In questo senso si parla qui di nomos della terra. Poiché alla base di ogni nuovo periodo e di ogni nuova epoca della coesistenza tra i popoli, tra gli imperi e i paesi, i detentori del potere e le forme di potere di ogni specie, vi sono nuove suddivisioni dello spazio, nuove delimitazioni e nuovi ordinamenti spaziali della terra / Per noi si tratta del processo fondamentale della suddivisione dello spazio, che è essenziale a ogni epoca storica; si tratta della combinazione strutturante di ordinamento e localizzazione, nel quadro della convivenza tra i popoli sul pianeta nel frattempo scientificamente miSurato. In questo senso si parla qui di nomos della terra. Poiché alla base di ogni nuovo periodo e di ogni nuova epoca della coesistenza tra i popoli, tra gli imperi e i paesi, i detentori del potere e le forme di potere di ogni specie, vi sono nuove suddivisioni dello spazio, nuove delimitazioni e nuovi ordinamenti spaziali della terra

75 [FONDAZIONE DI UN NUOVO NOMOS] dal punto di vista storico-giuridico esistono inoltre (se si tralasciano i meri atti di violenza, destinati presto ad autodistruggersi) due diversi tipi di conquiste territoriali, cioè quelle che si verificano all’interno di un ordinamento complessivo di diritto internazionale già esistente, ottenendo perciò senza difficoltà il riconoscimento da parte di altri popoli, e altre invece che distruggono l’ordinamento spaziale esistente e fondano un nuovo nomos dell’area spaziale complessiva di popoli coesistenti. A ogni mutamento territoriale è legata una conquista di territorio, ma non ogni conquista di territorio, ogni spostamento dei confini e ogni fondazione di una nuova colonia è già per questo un processo costitutivo di un nuovo nomos, sovvertitore del diritto internazionale. In particolare, determinante è se vi sia lo spazio di manovra di un territorio libero e se vi siano forme riconosciute per l’acquisizione di territori non liberi. La dottrina della guerra giusta di Vitoria rende ad esempio possibile la conquista territoriale di suolo straniero non libero.

76- [Sull’origine della burocrazia] [I positivisti] i rifiutano volentieri, come non giuridica, la questione dei processi di fondazione dell’ordinamento, ritenendo sensato ricondurre ogni legalità alla costituzione o alla volontà dello Stato inteso come persona. Alla questione ulteriore della provenienza di questa costituzione e delle origini di questo Stato, essi si limitano a rispondere che entrambe, la genesi di una costituzione e le origini di uno Stato, sono meri dati di fatto. Tutto ciò possiede, in tempi di non problematica sicurezza, un certo suo significato pratico, soprattutto se si pensa che la moderna legalità è in primo luogo il modo di funzionamento della burocrazia statale. Quest’ultima non si interessa del diritto della propria origine, ma solo della legge del proprio funzionamento. Ma anche la dottrina dei processi costitutivi e delle forme in cui il potere costituente si manifesta fa parte della problematica giuridica. Vi sono infatti più tipi di diritto. Non vi è soltanto la legalità statale, ma anche il diritto pre-, extra- e interstatale./ [nota] Lo Stato è, secondo Hauriou, un’istituzione il cui diritto è circoscritto principalmente alla sfera interna e presuppone inoltre una normale situazione di pace. Nelle relazioni extrastatali e durante i disordini interni a uno Stato – in particolare nel corso di una guerra civile — c’è un diritto primitivo che non è però meno diritto di quello della legalità statale. Ogni costituzione statale si rifà a un diritto prestatale: non è quindi un semplice dato di fatto. Del resto, non è lecito neppure confondere le leggi costituzionali dello Stato  oderno e il suo potere costituente con questi atti costituenti ch), e nel fatto che essi attribuiscono allo Stato un valore assolu­ to ». Lo Stato è, secondo Hauriou, un’istituzione il cui diritto è circoscritto principalmente alla sfera interna e presuppone inoltre una normale situazione di pace. Nelle relazioni extrastatali e du ­ rante i disordini interni a uno Stato – in particolare nel corso di una guerra civile — c’è un diritto primitivo che non è però meno diritto di quello della legalità statale. Ogni costituzione statale si rifà a un diritto prestatale: non è quindi un semplice dato di fatto. Del resto non è lecito neppure confondere le leggi costituzionali dello Stato moderno e il suo potere costituente con questi atti costituenti che risalgono al diritto di una liberté primitive. Il pouvoir constituant negli Stati moderni può già essere compreso nella legalità statale ed essere solo un tipo particolare di pouvoir législatif

79 LA CONQUISTA TERRITORIALE DI UN NUOVO MONDO

81-[Le prime linee globali. (Dalla « raya », attraverso la« amity line », alla linea dell’emisfero occidentale) NUOVI ORDINAMENTI VS ATTI DI VIOLENZA CHE SI SONO AUTODISTRUTTI] Il diritto internazionale europeo tra il secolo XVI e il secolo XX considerava le nazioni cristiane d ’Europa quali creatrici e portatrici di un ordinamento valido per tutta quanta la terra. Con «europeo » si designava allora lo status «normale», che si pretendeva determinante anche per la parte non europea del globo. Civiltà era sinonimo di civiltà europea. In questo senso l’Europa continuava a essere il centro della terra.

85- La prima in senso assoluto [fra le linee globali] fu la celebre linea stabilita nell’editto di papa Alessandro VI Inter caetera divinae, del 4 maggio 1493, dunque pochi mesi dopo la scoperta dell’America Essa andava dal Polo Nord al Polo Sud, cento miglia a ovest del meridiano delle Azzorre e di Capo Verde.

88-La prima distinzione diventa visibile con il mutamento storico che portò dalle linee di divisione ispano-portoghesi, le rayas, alle linee d’amicizia francoinglesi, le amity lines. Un universo intero — si può ben dire — separa il tipo storico della raya da quello dellaamity line inglese. / Anche se la linea [raya] viene posta mediante una convenzione contrattuale, restano tuttavia ancor sempre stabili sullo sfondo l’autorità di un ordo comune, e quella di un arbitrato comune, che – quale istanza di diritto internazionale -distingue il territorio di principi e popoli non cristiani da quello cristiano. Anche se il papa non assegnava in quel tempo il possesso di terre, ma soltanto territori di missione.

90- Il modello storico delle cosiddette amity line si riferisce anch’esso alla conquista europea delle terre e dei mari del nuovo mondo. Si fonda tuttavia su premesse completamente diverse. Le linee d’amicizia qui considerate compaiono per la prima volta in una clausola segreta – convenuta dapprima solo verbalmente – del trattato ispano-francese di Cateau-Cambrésis (1559). Esse appartengono dunque essenzialmente all’epoca delle guerre di religione tra le potenze marittime conquistatrici cattoliche e protestanti. Durante il secolo XVII divengono una componente importante del diritto internazionale europeo, anche se i giuristi del tempo non sanno molto che farne e le trattano solo occasionalmente in relazione al problema dell’« armistizio ». /91- Che infatti il re di Francia, cattolico e cristianissimo, si fosse alleato con pericolosi eretici e pirati selvaggi, filibustieri e bucanieri, contro il re cattolico di Spagna, mettendo a ferro e fuoco assieme a tali alleati città spagnole in America, si poteva spiegare soltanto tenendo presente che le scorrerie di simili pirati erano avvenimenti « al di là della linea »

91- Geograficamente queste linee d’amicizia passavano: a sud per l’Equatore o per il Tropico del Cancro; a ovest nell’Oceano Atlantico, a un grado di longitudine passando per le isole Canarie o per le Azzorre;/92- «nuovo mondo». Qui cessava il diritto europeo, o perlomeno il vecchio « diritto pubblico europeo ». Qui aveva fine dunque anche la limitazione della guerra operata dal diritto internazionale fino ad allora vigente, così che la lotta per la conquista territoriale diventava sfrenata./ 93-Da ciò sarebbe nata l’idea che quanto accade « al di là della linea » rimane affatto al di fuori delle valutazioni giuridiche, morali e politiche riconosciute al di qua di essa.Questo significa un enorme sgravio della problematica intraeuropea.

95- Non di simili banalità si tratta, bensì del fatto –sconvolgente per un uomo di pensiero come Pascal -che principi e popoli cristiani si fossero trovati d’accordo nel considerare come non esistente, per determinati spazi, la distinzione tra diritto e torto. /96-Ma nei secoli XVI e XVII la frase homo homini lupus  [Hobbes]acquistò un significato concreto grazie alle linee d’amicizia./97 – Anche in Locke le rappresentazioni dello .« stato di natura » sono legate, nella prospettiva storica del tempo, a quelle del «nuovo mondo». Solo che questo stato di natura è già divenuto uno stato sociale [Sozial-Zustand] assolutamente sopportabile, ben diverso dall’antico beyond the line. Non si deve dimenticare che l’opera di Locke è già prossima all’epoca dei trattati di pace di Nimega e di Utrecht (1713), ovvero alla fine dell’epoca eroica della pirateria.

98- La delimitazione di una zona di lotta extraeuropea servì insomma a limitare la guerra europea. Questo è il suo senso sul piano del diritto internazionale / Del resto  in una prospettiva storico-giuridica si può ben dire che l’idea della delimitazione di uno spazio d’azione liberato da ostacoli giuridici, di una sfera -esclusa dal diritto- in cui possa darsi l’uso della forza corrisponde a un modo di pensare certamente molto antico, che però è rimasto fino alle epoche più recenti tipicamente inglese, mentre è divenuto sempre più estraneo al pensiero legalista e statale delle nazioni europee continentali./ 99-La varietà del possesso coloniale, le distinzioni tra dominions e non dominions mantenevano vivo il senso di specifici ordinamenti spaziali e della diversità degli status territoriali. Il diritto inglese ha anche operato una chiara distinzione tra l’ambito territoriale della madrepatria, quale ambito spaziale di validità del common law, e gli altri ambiti spaziali, e ha considerato il common law come law of the land, lex terrae / Questa limitazione del diritto alla terra e al suo suolo appartiene a un’antica tradizione storico-giuridica, che è stata definita con un termine sociologico quale « doppia morale ». A mio parere, si tratta qui soltanto dell’antichissimo detto: « Ogni diritto è tale solo nel retto luogo » [« Alles Recht ist Recht nur am rechten Ort»]. Pertanto, è storicamente più esatto tenere sott’occhio il nesso tra ordinamento e localizzazione e il radicamento nello spazio che è proprio di ogni diritto

100- Anche la costruzione teorica inglese dello stato d’eccezione, il cosiddetto martial law, si basa in maniera evidentemente analoga sull’idea di uno spazio delimitato, libero e vuoto. Mentre in Francia lo stato d ’eccezione divenne, nel corso del secolo XIX, un’istituzione giuridicamente regolata nella forma dello stato d ’assedio, il martial law del diritto inglese, al contrario, rimase un ambito, temporale e spaziale, di sospensione di ogni diritto.

101- La terza e ultima linea globale è quella dell’emisfero occidentale [=Dottrina Monroe: Gli europei non dovevano mettere le mani sulle americhe]. Questa linea produce nel diritto internazionale il primo contraccolpo del nuovo mondo sul vecchio mondo. (…)La  raya romanica possedeva un senso distributivo; nel trattato di Tordesillas (1494) era appunto detta «linea de la partición del mar». La amity line inglese aveva invece un carattere agonale. (…) Avendo come sfondo le linee globali, si pervenne a razionalizzare, umanizzare e legalizzare, in una parola a limitare, la guerra. Ciò accadde — come avremo modo di constatare più avanti, almeno per quanto riguarda la guerra terrestre e continentale del diritto internazionale intraeuropeo — mediante la riduzione della guerra a relazione militare tra Stato e Stato. /102 –La terza e ultima linea globale, quella dell’emisfero occidentale, comparve solo in seguito al consolidamento dell’ordinamento spaziale degli Stati sul territorio europeo. Con essa il nuovo mondo si contrappose come entità autonoma all’ordinamento spaziale tramandato dal diritto internazionale europeo ed eurocentrico, ponendolo in discussione fin dai suoi fondamenti.[Nuovo concetto di guerra: 112 guerra regolata vs guerra non regolata]

108- [Ideologia umanitaria del XVIII sec. -> l’uomo come umanità assoluta-> Questa era, nella sua formulazione più radicalizzata, non più cristiana e si impose solo con la vittoria della filosofia dell’umanità assoluta nel XVIII secolo] Soltanto con l’apparire dell’uomo inteso come umanità assoluta fa infatti la sua comparsa, quale rovescio del medesimo concetto, il suo nuovo nemico specifico, il non-uomo [il bruto]. Alla demarcazione fra il non­ umano e l’umano seguì poi, nella storia dell’uomo del secolo XIX, una spaccatura ancora più profonda: quella tra superuomo e sottouomo [gemello nemico del primo]

114 [Argomentazione astorica dello scolastico teologo Vitoria vs filosofia idealistica della storia] Nelle lezioni di filosofia della storia di Hegel si trova l’affermazione che la cultura dei Messicani e dei Peruviani « dovette tramontare non appena lo spirito si avvicinò ad essa». È questa una affermazione in cui si manifesta l’altera autocoscienza della filosofia della storia idealistica. Ma anche uno storico del secolo XIX così critico e pessimista come Jacob Burckhardt rammenta il – come egli si esprime – « diritto sovrano della civiltà, ammesso comunque dai più, alla conquista e all’asservimento dei barbari »

121- Questo jus gentium medioevale venne meno solo con l’avvento dello Stato territoriale, sovrano e in sé chiuso, dello jus publicum Europaeum, che mise fine a tutti i concetti specifici del diritto internazionale medioevale, soprattutto alle idee della guerra giusta e dell’acquisizione legittima di territorio [dello scolastico Vitoria]

127 [Stadi nel processo di ripartizione della terra ] Gli Stati europei erano diventati mercantilisti e non facevano più valere gli argomenti del liberum commercium. Già Molina concedeva in fondo a ogni Stato il diritto di respingere le relazioni d ’amicizia non desiderate e Pufendorf era già apertamente un mercantilista.1 Questa trasformazione dell’argomenta­ zione è di grande importanza per la storia del diritto internazionale moderno e per il problema della guerra giusta.

130  [Dopo la prima guerra mondiale un nuovo concetto di guerra->] la criminalizzazione della guerra d’aggressione (le crime de l’attaque), un documento di portata storica mondiale. /132- Ciò che qui ci interessa è soltanto la giustificazione della conquista territoriale: una questione che Vitoria riduce al problema generale della guerra giusta. Tutte le questioni importanti dell’ordinamento giuridico internazionale finiscono per convergere sul concetto di guerra giusta. Qui, dunque, il rischio di un’eterogenesi dei fini raggiunge il grado massimo di intensità. La dottrina medioevale della guerra giusta, malgrado numerose anomalie interne, si situava in ogni caso nel quadro di una respublica christiana. / Sotto questo punto di vista essa distingueva tra vari tipi di faide e di guerre, riconoscendo d’altronde sia il diritto feudale di faida sia quello cetuale di resistenza come diritti pienamente validi. Questa dottrina doveva distinguere le faide e le guerre tra cristiani, cioè condotte tra avversari sottomessi all’autorità della Chiesa, da altri generi di guerra. Le crociate e le guerre di missione autorizzate dalla Chiesa erano eo ipso guerre giuste, prescindendo dal fatto che fossero d’aggressione o di difesa. Principi e popoli che invece si sottraevano ostinatamente all’autorità della Chiesa, come Ebrei e Saraceni, erano eo ipso considerati hostes perpetui. Il presupposto di tutto ciò era l’autorità giuridica internazionale esercitata da una « potestas spiritualis ».

134- In questi due punti consiste il passaggio decisivo dal diritto internazionale medioevale a quello moderno, da un sistema di pensiero ecclesiastico-teologico a uno giuridico-statale. / Alberico Gentile, ha formulato il grido di battaglia che, sotto il profilo della sociologia della conoscenza, può valere come il motto tipico dell’epoca: Silete theologi in munere alieno!

137 –[Diritto cetuale di resistenza vs polizia centralizzata->] Mentre per l’ordinamento giuridico medioevale il diritto all’autodifesa insito nella faida e nel diritto di resistenza è un buon diritto, la giustizia e la polizia dello Stato moderno hanno eliminato proprio questa forma di autodifesa e l’hanno convertita in figure giuridiche di crimine come l’alto tradimento, il tradimento della patria, l’attentato alla pace e altri delitti ancora. Non appena i fondamenti istituzionali della dottrina medioevale della guerra giusta furono messi da parte, la dissoluzione del concetto di guerra apparve ovvia. / Un contemporaneo luterano di Vitoria, il giurista Johann Oldendorp (1480-1567), sosteneva del tutto apertamente e candidamente che la guerra giusta non è guerra, ma giustizia, e che a sua volta la guerra ingiusta non è neppur essa guerra, ma ribellione, senza immaginare che da questa cancellazione della guerra scaturiva per l’Europa soltanto un nuovo difficile problema: quello della guerra civile di religione. In senso contrario, i giuristi fondatori del moderno diritto internazionale interstatale — Ayala, Alberico Gentile e Richard Zouch – hanno separato, sotto l’influsso di tali guerre civili europee, la questione giuridico-formale del bellum justum da quella della justa causa belli, vedendo nella guerra una relazione paritetica tra Stati sovrani in cui justi et aequales hostes si affrontano vicendevolmente senza discriminazioni di diritto internazionale.[COME IN UN DUELLO]

140- I teologi medievali non argomentavano da un vacuum in un vacuum: stavano tutti in un ordine istituzionale e ognuna delle loro parole può essere intesa solo concretamente, ovvero in quanto legata all’ordo. Ora invece, a partire dal secolo XVI, erano i giuristi (al servizio di un governo) a portare avanti lequestioni di diritto internazionale, in parte su un piano teorico, mediante la secolarizzazione delle argomentazioni teologico-morali degli Scolastici in una filosofia « naturale » e in un diritto « naturale » di cui era portatrice l’universale ragione umana.

142- Quello di « statualità » non è quindi un concetto universale, valido per qualsiasi epoca e qualsiasi popolo, ma un fenomeno storico concreto legato a un’epoca determinata. [STATO COME CONCETTO STORICO E COME VEICOLO DELLA SECOLARIZZAZIONE] /143 La Francia è la potenza che si pone alla testa di questo processo ed è il primo Stato giuridicamente consapevole della propria sovranità. La guerra civile tra le fazioni religiose viene superata per la prima volta proprio in Francia verso la fine del secolo XVI grazie al concetto della sovranità del re (in quanto capo di Stato sovrano). In Spagna e in Italia non Si giunse mai a un’aperta guerra civile tra fazioni religiose. In Germania e in Inghilterra ciò accadde solo nel XVII sec.-> 145 Nacque così l’ordinamento territoriali ‘Stato’, spazialmente in sé chiuso e sgravato del problema della guerra civile tra i ceti, le Chiese e le confessioni. [146 Passa un secolo prima che lo jus gentium diventi un jus inter gentes ] 149 Che il semplice atto di scoprire una nuova terra fino ad allora sconosciuta allo scopritore non possa rappresentare jure gentium un titolo giuridico è facilmente comprensibile. 152 [ORDINAMENTO SPAZIALE PRE-GLOBALE]

158 – Non è certamente difficile di per sé distinguere la questione dell’acquisizione originaria della proprietà all’interno di una società ordinata e localizzata dalla questione, completamente diversa, della conquista di un determinato territorio ad opera di una società (con successiva « divisione »). Qualsiasi giurista può capire pure senza grande fatica che l’acquisizione di territorio mediante la conquista di un intero popolo è « originaria » in un senso ben diverso dall’acquisizione da parte del singolo membro della comunità. Sia Grozio che Pufendorf operano inoltre una distinzione tra jus gentium e jus civile, e sottolineano entrambi la distinzione tra potere pubblico (imperium o jurisdictio) e proprietà privata o civile di cose (dominium).

161- LO “JUS PUBLICUM EUROPEUM”

163- La comparsa di spazi liberi immensi e la conquista territoriale di un nuovo mondo resero possibile un nuovo diritto internazionale europeo a struttura interstatale./164- Fu così reso possibile per un periodo di tre secoli un diritto internazionale comune non più ecclesiastico o feudale, ma appunto statale. [LA GUERRA GIUSTA MEDIEVALE E’ GUERRA TOTALE + GUERRA CIVILE]

164-Il primo effetto di razionalizzazione operato dalla forrmazione spaziale dello « Stato » consistette, in politica interna e in politica estera, nella deteologizzazione della vita pubblica e nella neutralizzazione dei contrasti sorti dalle guerre civili di religione. Ciò significa che le formazioni di fazioni superterritoriali che avevano ispirato le guerre civili dei secoli XVI e XVII erano state eliminate. Le guerre civili di religione cessarono. I contrasti tra le fazioni confessionali furono superati per via dello Stato mediante una decisione di diritto pubblico — non più ecclesiastica, ma statale e di polizia —su tutto l’ambito territoriale dello Stato. /Fare in modo che la guerra diventasse in tutto rigore una guerra tra Stati sovrani europei, e che essa fosse inoltre statalmente autorizzata e statalmente organizzata, tutto ciò fu un’impresa europea.

166-In confronto alla brutalità delle guerre di religione e di fazione, le quali sono secondo la propria natura guerre di annientamento in cui i nemici si discriminano l’un l’altro come criminali e pirati, e in confronto alle guerre coloniali, che vengono condotte contro popoli «selvaggi», tutto ciò comporta una razionalizzazione e un’umanizzazione di grandissima efficacia. Ad entrambe le parti in guerra compete con pari diritto un medesimo carattere statale. Entrambe le parti si riconoscono come Stati. Questo consente di distinguere il nemico dal criminale. Il concetto di nemico diviene capace di assumere una forma giuridica. Il nemico cessa di costituire qualcosa «che deve essere annientato ». Aliud est hostis, aliud rebellis. Diventa così possibile anche stipulare un trattato di pace con il vinto.

168- Giusta nel senso del diritto internazionale europeo delVepoca interstatale è pertanto ogni guerra interstatale che sia condotta da eserciti militarmente organizzati appartenenti a Stati riconosciuti dal diritto internazionale europeo, sul suolo europeo e secondo le regole del diritto bellico europeo (cfr., sotto, pp. 179 sgg.)./ [La guerra come relazione tra persone ugualmente sovrane: justus hostis vs justum bellum / STATO E ALLEGORIA: ENTITA’ DI POTERE RAFFIGURATE COME MAGNI HOMINES, VISTI DALLA FANTASIA DEGLI UOMINI COME PERSONE REALMENTE SOVRANE, NON ESATTAMENTE DISTINGUIBILI DALLE PERSONE FISICHE DEI RAPPRESENTANTI DEL POTERE-> In Boccalini e Shakespeare questo principio della personalizzazione allegorica della politica-> Cfr. Othello]/ 170 -Chi fossero propriamente, nella realtà concreta, questi nuovi magni homines che subentrarono in Europa alla respublica christiana, lo si vide praticamente ben presto. E quanto fu deciso a partire dal XVI secolo in numerose guerre e in congressi, in battaglie o anche in controversie di rango e di cerimoniale./ 172- Una questione secondaria di tal fatta è ad

esempio la controversia tra chi pensa che tali « grandi uomini » siano posti l’uno di fronte all’altro nello

« stato di natura » al di là di una linea d’amicizia e che questo stato di natura sia a sua volta (secondo Hobbes) rappresentato come una lotta asociale tra Leviatani o (con Locke) come una comunità già sociale di gentlemen, e chi concepisce invece le relazioni tra entità ritenute giuridico-positive secondo l’analogia con una societas o invece secondo quella con una communitas di diritto civile. / 173- pure non è affatto priva di regolamentazione giuridica. Poiché le persone sovrane sono « per natura », cioè nello stato di natura, uguali, hanno cioè la stessa qualità di persone sovrane, esse non hanno sopra di sé né legislatore né giudice comune. Par in parem non habet jurisdictionem.

178- Una tragica ironia è insita nel fatto che proprio il Contrai social di Rousseau, con il suo concetto puramente statale di guerra, sia poi diventato la Bibbia dei giacobini, gli stessi che diffamavano la classica guerra puramente militare tra gli Stati del XVIII secolo come guerra a tavolino dell9ancien régime, e che rifiutavano come affare di tiranni e di despoti la liquidazione della guerra civile e la limitazione della guerra esterna, che erano state ottenute mediante lo Stato. Essi sostituirono la guerra puramente statale con la guerra di popolo e con la levée en masse democratica. /Stato europeo e la riduzione della guerra territoriale europea a semplice guerra tra gli Stati si presentarono come un capolavoro della ragione umana.

179 -La trasformazione delle guerre medioevali (crociate o faide) in guerre statali non discriminanti (da Ayala a Vattel)

180- Ayala, ispano-olandese, sottolinea naturalmente, nel prendere posizione contro gli Olandesi insorti, la differenza esistente tra le guerre condotte tra potenze statali sovrane e le guerre civili. Solo la lotta armata tra sovrani statali è guerra nel senso del diritto internazionale e può giustificare il concetto àijustus hostis. Il resto è azione punitiva e repressione di banditi, ribelli e pirati. La guerra privata è definita esplicitamente come una non guerra- Nam ad privatum non spectat bellum movere/ Se il privato oppone resistenza, deve essere considerato un ribelle, e il ribelle non è justus hostis, non ha alcun diritto di guerra, alcuno jus postliminii; non viene trattato come prigioniero di guerra e non può catturare prede belliche. Aliud est hostis, aliud rebellis./ Justum bellum è la guerra tra justi hostes: giusto significa in questo caso « ineccepibile »,« perfetto » nel senso di « adeguato sul piano della forma», così come quando si parla di justum matrimonium./ 181– Pertanto banditi, pirati e ribelli non sono considerati nemici, justi hostes, ma oggetto di azione penale e di repressione.

182 – [Agostino e Tommaso: dubbi sulla guerra giusta / dal come (per esempio rappresaglie sproporzionate al tener conto della forma in giurisprudenza / 186 guerra giusta e autorità spirituale] /187 La guerra non pubblica è la guerra non statale. Non solo essa è ingiusta, ma non è più nemmeno guerra nel senso del nuovo diritto internazionale. Può essere tutto il resto: ribellione, sedizione, turbamento della pace, barbarie e pirateria, ma non guerra nel senso del nuovo diritto internazionale europeo.

191- [Il trattato di Vienna (1814-15) rimase in vigore fino al 1914]

195 -Zouch distingue – a proposito di una controversia tra sovrani liberi ed eguali, vale a dire non legati tra loro da rapporti di dominatio, praepotentia o beneficium – i seguenti tipi di avversario:

1) inimici, ovvero avversari tra i quali non esiste alcuna amicitia, o comunanza giuridica, alcun hospitium e

alcun foedus (come tra Greci e barbari, Romani e peregrini); essi non sono hostes: nel corso delle guerre tra tali inimici la proprietà non viene rispettata; ma Zouch  aggiunge, richiamandosi a Bodin, che questo non vale più oggi tra noi, « ob eam quae homini cum homine intercedit humanitatis rationem » ;

2) adversarii, ovvero avversari tra i quali esiste una comunanza giuridica ( juris communio) che solo la guerra scioglie, come ad esempio nel caso della guerra civile tra Cesare e Pompeo;

3) hostes in senso proprio (proprie), ovvero avversari che si possono ferire e uccidere, ma sempre distinguendo se questi siano possessori degli jura belli o no, se siano justi hostes o no.

I traditori e i ribelli, che conducono una guerra contro i loro principi o il loro Stato, non possiedono — come i pirati sul mare — alcuni jura belli.

202 [Kant] Nessuna guerra tra Stati indipendenti può essere guerra punitiva (bellum punitivum) ». Tanto meno può essere guerra di sterminio (bellum internecinum) o guerra di soggiogamento (bellum subjogatorium). Vale infatti « il diritto all’equilibrio nell’azione di tutti gli Stati contigui ». Dall’altro lato, però, Kant introduce in  maniera del tutto sorprendente il concetto di nemico ingiusto. (…) Non si potrebbe fraintendere più di così il concetto di nemico giusto. Ma Kant aveva già mostrato nel suo scritto Per la pace perpetua (1795) una chiara sensibilità per il carattere globale di un diritto internazionale che valga per quei popoli che, « non potendo espandersi all’infinito», debbono «alla fine tollerarsi reciprocamente». (…) Kant definisce « nemico ingiusto » colui « la cui volontà, pubblicamente esternata (con parole o con azioni), tradisce una massima che, qualora diventasse regola generale, renderebbe impossibile lo stato di pace tra i popoli, perpetuando invece lo stato di natura./ 204- Abbiamo qui, ancora una volta, la grandezza e l’umanità di Kant, che rifiuta di riconoscere nella guerra giusta il titolo giuridico di una conquista territoriale. Egli nega che si possa « far sparire uno Stato dalla faccia della terra; ciò costituirebbe un’ingiustizia contro il suo popolo, il quale non può perdere il proprio diritto originario a unirsi in un’entità comune»./206-  La creazione dei giuristi dello jus publicum Europaeum, il concetto di justus hostis, qui in Kant viene dunque negata nella prospettiva di un’etica filosofica così come in precedenza era stata negata dalla teologia, e viene infine soppressa mediante l’introduzione di guerre discriminanti.

207-Nella prospettiva dello jus publicum Europaeum ogni terra del globo è un territorio statale europeo o un territorio ad esso equiparato, oppure una terra liberamente occupabile, vale a dire un territorio statale (o colonia) potenziale. Nel secolo XIX si svilupparono per i paesi semicivilizzati o esotici forme giuridiche particolari, comprendenti l’extraterritorialità degli Europei e la giurisdizione consolare. Il mare rimane invece al di fuori di ogni ordinamento spaziale specificamente statale. (…) Il mare non conosce altri confini che quelli delle coste. Esso rimane l’unica superficie spaziale libera per tutti gli Stati e aperta al commercio, alla pesca e al libero esercizio della guerra marittima e del diritto di preda, senza preoccupazioni di vicinato o di confine geografico.

209-Gli Inglesi del XV secolo erano stati in parte cavalieri che facevano bottino in Francia, in parte pastori che commerciavano la lana con le Fiandre. Solo dalla metà del secolo XVI in poi apparvero su tutti gli oceani del globo i pirati inglesi, i quali realizzarono le nuove libertà: in primo luogo le linee d’amicizia e la grande conquista territoriale, e quindi la nuova libertà dei mari, che divenne per loro un’unica grande conquista di mare. Essi aprirono la strada alla nuova libertà dei mari, che era una libertà essenzialmente non statale. [211- Il mare come res nullius o res omnium]

215-nostra grande controversia sulla nuova libertà dei mari. L’opera di Thomas More non tocca assolutamente le questioni giuridico-internazionali della nuova libertà. Ma in essa, e in modo assai pregnante nella parola artificiale « utopia », si manifesta la possibilità di una immane negazione di tutte le localizzazioni sulle quali poggiava l’antico nomos della terra.

227- E’ un errore assai diffuso quello di parlare di anarchia a proposito del Medioevo, perché nel Medioevo la faida e il diritto di resistenza erano riconosciuti come istituzioni e metodi per l’affermazione e per la difesa del diritto. Per altri motivi è altrettanto inesatto chiamare anarchia l’ordinamento giuridico-internazionale tra il XVII e il XX secolo solo perché esso ammetteva la guerra. Le guerre interstatali europee tra il 1815 e il 1914 furono in realtà processi ordinati, limitati da grandi potenze neutrali, pienamente giuridici, a confronto dei quali le moderne misure di polizia e di ristabilimento dell’ordine pubblico contro i suoi perturbatori possono essere terribili azioni d’annientamento.

228- L’essenza di tali guerre era un ordinato misurarsi delle forze, che si svolgeva di fronte a testimoni in uno spazio delimitato. Tali guerre sono il contrario del disordine. In esse sta la forma più alta di ordine di cui le forze umane siano capaci. Sono l’unica difesa contro la spirale delle rappresaglie, ovvero dall’odio nichilistico e dalle azioni di vendetta, il cui fine insensato sta nell’annientamento reciproco. Eliminare o evitare la guerra d’annientamento è possibile solo se si trova una forma per il misurarsi delle forze. A sua volta ciò è possibile solo se l’avversario è riconosciuto come nemico ed equiparato d\\o justus hostis. Ciò fornisce il fondamento della limitazione. /229 – Anarchia e diritto non si escludono necessariamente. Il diritto di resistenza e quello all’autodifesa possono essere buoni diritti, e al contrario una serie di disposizioni senza possibilità di opposizione, tali da annichilire ogni idea di autodifesa, ovvero un sistema di norme e di sanzioni capace di eliminare tacitamente ogni perturbatore, possono significare una terribile distruzione nichilistica di ogni diritto. I grandi problemi del diritto internazionale non sono così semplici come li presenta il pacifismo della Società delle Nazioni, con il suo slogan « anarchia »./ È quindi inammissibile chiamare indifferentemente anarchia ogni uso della violenza in forma di guerra e ritenere questa definizione come l’ultima parola sulla questione giuridico-internazionale della guerra.

234- Le grandi potenze, più di tutti interessate all’ordinamento  spaziale comune, svolgono in questo un ruolo guida. Proprio in ciò consiste l’essenza di una grande potenza, nella misura in cui questa parola non sia intesa solo genericamente, ma designi nel modo più pregnante una posizione di evidenza nel quadro di un dato ordinamento, all’interno del quale parecchie grandi potenze siano riconosciute in quanto tali. (…) 235- Prese dunque l’avvio dall’Asia, con l’ingresso di una grande potenza est-asiatica [Giappone], il passaggio a un nuovo ordinamento mondiale non più eurocentrico.

244- [Successione tra Stati e problema dell’occupazione 247 = presa di possesso provvisoria]

255- Si stabilì in questo modo un ‘opposizione concettuale tra l’occupazione militare, Xoccupatio bellica, e il mutamento non solo di sovranità, ma anche di regime.

258- [Sui problemi della teoria dualistica interno-esterno] La scienza positivistica del diritto costituzionale continentale non offre alcun aiuto rispetto al problema dello stato d’eccezione. Ciò dipende dalla natura del metodo positivistico, il quale – a causa della sua  dipendenza dalla posizione del diritto ad opera della volontà statale — soccombe di fronte alle difficoltà tanto di diritto internazionale quanto di diritto costituzionale. Perlopiù si arresta semplicemente di fronte al problema, dichiarandolo non giuridico, ma politico.

260 [costituzionalismo liberale = civiltà europea]

263- Dopo il 1900 è diventato usuale distinguere rigorosamente dualistico tra interno ed esterno. Ma così facendo si è offuscato il senso della realtà del diritto internazionale interstatale. In particolare, non si è prestata sufficiente attenzione al fatto che lo Stato del diritto internazionale europeo reca in se stesso, nella sua configurazione classica, un netto dualismo, e precisamente quello tra diritto pubblico e privato. Entrambi i dualismi non possono essere isolati./ 264 A ciò si aggiunse il fatto che il common law inglese rifiutò il dualismo tra pubblico e privato, come pure il concetto di Stato proprio dello Stato continentale europeo. (…) quanto più duramente, nell’ambito del pubblico, si chiusero le porte al dualismo tra interno ed esterno, tanto più importante fu il fatto che, nell’ambito del privato, le porte restarono aperte e che continuò a sussistere una rilevante influenza della sfera privata, in particolare dell’economia, tendente ad esorbitare dai propri confini. Da questa situazione dipendeva l’ordinamento spaziale dello jus publicum Europaeum

265 – Il diritto internazionale. Lo jus gentium nel senso di uno jus inter gentes, dipende naturalmente dalla forma organizzativa di queste gentes e può significare:

1) diritto tra popoli (tra famiglie, stirpi, clan, tribù, ceppi, nazioni);

2) diritto tra città (tra poleis e civitates autonome; diritto intermunicipale);

3) diritto tra Stati (tra gli ordinamenti territoriali centralizzati di entità sovrane);

4) diritto vigente tra autorità spirituali e potenze mondane (papa, califfo, buddha, dalai lama nelle loro relazioni con altre entità aventi un potere, soprattutto in quanto portatori della guerra santa);

5) diritto tra imperi, jus inter imperia (tra grandi potenze dotate di una sovranità spaziale più ampia del territorio statale), che deve essere però distinto dal diritto internazionale tra popoli, tra Stati o d’altro

tipo, valido all’interno di un impero o di un grande spazio.

II. Accanto allo jus gentium nel senso di uno jus inter gentes (diverso a seconda delle forme strutturali delle gentes) può sussistere un diritto comune generale, valido anche al di là dei confini delle gentes chiuse in sé (popoli, Stati, imperi). Esso può sussistere all’interno di uno standard costituzionale comune o di un minimo di organizzazione interna presupposta o di concezioni e istituzioni comuni in campo religioso, civile ed economico. Il caso più importante è rappresentato da un diritto degli uomini liberi alla proprietà e ad un minimo di procedura (due process of law), generalmente riconosciuto al di là dei confini degli Stati e dei popoli.

266- Sussisteva così nel diritto internazionale europeo del XIX secolo, accanto al diritto propriamente inter-statale, distinto dualisticamente tra interno ed esterno, un diritto economico comune, un diritto privato internazionale, il cui standard costituzionale comune (la costituzione nel senso del costituzionalismo) era più importante della sovranità politica dei singoli ordinamenti territoriali chiusi (politicamente, ma non economicamente). Solo quando la sovranità politica cominciò a diventare autarchia economica venne meno assieme allo standard costituzionale comune presupposto anche l’ordinamento spaziale comune. (…) Da tale collegamento derivano dunque le due grandi libertà di quest’epoca: la libertà dei mari e la libertà del commercio mondiale.

267-LA QUESTIONE DI UN NUOVO NOMOS DELLA TERRA

269-Il periodo tra il 1870 e il 1890 [NM: Età degli imperi] fu per l’Europa un periodo di grandissimo ottimismo. Erano ormai svaniti i moniti degli anni 1815-48 ed erano state dimenticate le prognosi di uomini illustri, come Berthold Georg von Niebuhr, Alexis de Tocqueville e Donoso Cortés. Va da sé che anche la voce di un povero hegeliano come Bruno Bauer era caduta nel vuoto. Dopo la vittoriosa guerra di Crimea contro la Russia (1854-56) e la terribile guerra civile negli Stati Uniti (1861-64) l’Europa si era gravemente ingannata circa la sua vera posizione tra Oriente e Occidente. I successi di Bismarck (1864-71) e l’unificazione nazionale dell’Italia (1870) non avevano fatto altro che rendere ancor più grave questo generale autoinganno. La fede crescente nella civiltà e nel progresso europeo si manifestava in numerosi progetti di organizzazione complessiva dell’Europa, di federazione degli Stati europei o addirittura di un unico Stato federale. A presentare tali progetti erano celebri teorici del diritto pubblico, come Lorimer (1877) e Bluntschli (1878). Il documento più sorprendente di questo ottimismo, che pervadeva allora l’intera Europa, è costituito dalla proposta avanzata nel 1885 da Lorenz von Stein — celebre maestro tedesco di scienze dello Stato — onde garantire in tempo di guerra la sicurezza del normale traffico ferroviario attraverso i paesi belligeranti. « In nome dell’integrità del grande organismo degli scambi europei e dell’unità costituzionale dell’Europa » Stein chiedeva la neutralizzazione delle grandi linee ferroviarie del continente. Oggi, alla luce delle esperienze successive, tali progetti degli anni anteriori al 1890 appaiono ormai ancora più profondamente patetici.

272- [Conferenza sul Congo – Berlino 1884.1885] fLa Weltanschauung civilizzatrice di questi anni è l’ultimo relitto di un’altra epoca, nella quale l’Europa era ancora il centro sacrale della terra; è una secolarizzazione ormai scaduta a caricatura. /273 -La baldanzosa civiltà europea e la fede in un sistema liberale dell’economia mondiale si combinano qui con il concetto giuridico di occupazione  in una giustificazione della conquista di territorio non europeo. Va notato che l’Europa e l’Africa continuano a essere viste qui come spazialità tra loro essenzialmente diverse sul piano del diritto internazionale. Non si era ancora giunti alla piena soppressione di ogni distinzione specificamente territoriale, come è nella logica dell’economia di mercato e del commercio mondiale. Restavano invece diversi nel loro status giuridico-internazionale, da una parte, il territorio statale europeo,ovvero il territorio metropolitano, e dall’altra il territorio coloniale

282-[Diritto internazionale = Comunanza e solidarietà internazionali] Questo passo fa capire che cosa significhi in realtà il richiamo al principio dell’occupazione effettiva: significa il rifiuto del titolo giuridico — fondato sulla comunanza e sulla solidarietà internazionale — del « riconoscimento » e la rottura dell’ordinamento spaziale complessivo incluso in questo titolo di diritto internazionale. Il Belgio, un piccolo Stato europeo che doveva la propria esistenza e la difesa del proprio status al riconoscimento delle potenze europee, col sostenere l’occupazione effettiva si rendeva indipendente dall’ordinamento spaziale del diritto internazionale europeo, onde poter acquistare come colonia il territorio congolese. (…) Ora, pochi anni più tardi, il Belgio stabiliva da sé il proprio diritto sul Congo, grazie al titolo giuridico dell’occupazione effettiva. In verità getta luce sulla realtà concreta di tale occupazione il fatto che lo stesso giurista belga, nel  medesimo passo, indicasse il numero degli abitanti del territorio occupato tra i 14 e i 30 milioni, e questo nel 1909, ovvero venticinque anni dopo la fondazione dello Stato indipendente del Congo! È in effetti un tipo di organizzazione e di effettività ben singolare quella che dopo un quarto di secolo non sa ancora neppure se nel proprio territorio vi siano 14 o 30 milioni di abitanti! Comunque stessero le cose, lo Stato belga si considerava adesso il successore di diritto dello Stato indipendente del Congo /283 – Un sintomo non minore del processo di decadenza che aveva investito dal 1890 l’antico ordinamento spaziale europeo era poi dato dal fatto che le potenze garanti europee fossero giunte una per una a questi metodi invece di fornire — come ancora avevano tentato nel corso della conferenza sul Congo – una risposta comune e di principio al problema in questione.

286- L’evoluzione verificatasi nella politica mondiale tra la conferenza sul Congo e la prima guerra mondiale mostra che la fede europea nella civiltà e nel progresso non era più in grado di dare forma a istituzioni giuridiche internazionali. (…) La fede nella civiltà e nel progresso era decaduta a mera facciata ideologica.

289- Quanto alle grandi opere inglesi ( Travers, Twiss, Phillimore, Sumner Maine, Hall, Lorimer, Stephen) e francesi di quest’epoca, anch’esse hanno un concetto ancora eurocentrico di civiltà e distinguono tra popoli civilizzati, semicivilizzati e selvaggi. Ma questi autori consentono di vedere meglio il p

291– La grande diversità tra jus inter gentes e jus gentium, [CFr.: pag. 265] che sta dietro alla diversità linguistica di droit des gens e diritto internazionale, non fu più osservata dai giuristi.Essa venne sostituita da una netta accentuazione del carattere puramente interstatale del diritto internazionale. La conseguenza fu che svanì completamente ogni consapevolezza del grande problema dell’ordinamento spaziale della terra. Se mai ne rimase una certa memoria, essa si manifestò nel concetto di diritto internazionale degli Stati civilizzati e nella coscienza del fatto che il suolo europeo e quello ad esso equiparato possedevano sotto il profilo del diritto internazionale uno status territoriale diverso dal suolo appartenente ai popoli non civilizzati o non europei.l

297- un grande passo dallo jus publicum Europaeum verso un diritto internazionale non più europeo, nel senso tradizionale del termine.

298- La parola « grande spazio » (Groflraum) comparve solo più tardi, dopo la prima guerra mondiale; essa fu espressa mediante circonlocuzioni come « territorio mondiale », « blocchi continentali », « sfere d’influenza », « sfere d’interesse », e in diversi altri modi.

299- Dobbiamo ricordare che un ordinamento giuridico-internazionale concreto sorge generalmente da un collegamento e da un intreccio di più ordinamenti diversi. Così il diritto internazionale del Medioevo cristiano consisteva in un collegamento e in un intreccio del diritto feudale e di quello ecclesiale. L’ordinamento europeo dei secoli XVII e XVIII riuscì a connettere un diritto dinastico interfamiliare ad un diritto interstatale. Il diritto interstatale del secolo XIX consistette invece in un collegamento tra libera economia, mare libero e sovranità interstatale. Al dualismo tra diritto pubblico e privato corrispondeva il dualismo  tra diritto internazionale inter-statale e libera economia internazionale. La comunità del liberum commercium internazionale stava infatti dietro l’immagine, posta in primo piano, di Stati sovrani tra loro rigorosamente separati sul piano territoriale. / 300 [Diritto internazionale vs diritto territoriale / Burocrate vs mercante]/ 301 – Ma tutti gli sviluppi concettuali che sono caratteristici di questo stadio conducono allo stesso risultato: alla constatazione che il  positivismo della legge statale, dominante nei giuristi di quell’epoca, non era più in grado di apprestare gli strumenti concettuali idonei a formare istituzioni convincenti  a partire dalla realtà di una simile confusione di sovranità statale e di libera economia soprastatale. La riserva deW’ordre public, che ogni Stato sovrano faceva valere nei confronti del diritto internazionale privato, si estendeva ora con la stessa forza disgregatrice di cui disponevano le riserve nel cosiddetto diritto internazionale pubblico.

301- Un grande giurista inglese, John Westlake, pensò qualcosa di molto giusto allorché sostenne, di fronte a questo passaggio dal principio del domicilio a quello della cittadinanza, che con ciò si era verificata la trasformazione più grande che la storia del diritto avesse conosciuto dal XIII secolo in poi. Il movimento generale verso la libertà, che comportava una negazione delle tradizionali localizzazioni e, in tal senso, una mobilitazione totale del genere più intenso, ovvero una de-localizzazione generale, scardinò il mondo eurocentrico, precipitandolo in altri campi di forza, rispetto ai quali il positivismo della legge dello Stato non era, all’interno dello Stato, di alcun aiuto. Ma anche all’esterno delloStato mancava al positivismo dei trattati internazionali ogni consapevolezza storica della propria Si può così spiegare perché soltanto il dualismo tra diritto internazionale e diritto territoriale, vale a dire il dualismo tra esterno e interno, fosse visto come problema centrale e discusso in modo molto puntuale, mentre il  dualismo tra diritto interstatale-politico e diritto internazionale-economico restò inosservato.

302 – [GB come nuovo kate-echon / Potenze imperialistiche mondiali]

305- Silete theologi in munere alieno! Così, alla fine del secolo XVI, aveva intimato il giurista umanista ai teologi  del proprio tempo, per poter fondare una scienza giuridica autonoma dello jus gentium. Trecento anni dopo, sul finire del XIX secolo, la scienza giuridica, in nome  di quello che essa riteneva positivismo giuridico, si impose da sé il silenzio su tutte le grandi questioni giuridiche del proprio tempo. Sileamus in munere alieno. Con questa abdicazione del diritto internazionale l’Europa entrò vacillando in una guerra mondiale che destituì il più antico continente dalla posizione di centro della terra e annullò la limitazione della guerra fino ad allora riuscita.

309 – Abbiamo fin qui spesso ricordato come non l’eliminazione, ma la limitazione e la moderazione dellaguerra, ovvero l’esclusione della guerra d’annientamento, costituisca il senso di ogni diritto internazionale. Sotto questo punto di vista la Lega di Ginevra non era assolutamente di alcun aiuto. La guerra non discriminante tra gli Stati, tipica del diritto internazionale europeo fino ad allora vigente, venne posta in questione mediante il concetto di sanzione, ma non venne affatto eliminata o soppressa apertamente. / a una limitazione della guerra nel suo complesso. Il primo e unico grande caso di ricorso alle  sanzioni economiche, nel 1935-36, non si verificò contro  la Germania, come la Francia si era originariamente aspettata, ma contro l’Italia.

311- Lo sviluppo planetario aveva condotto già da tempo a un un chiaro dilemma tra universo e pluriverso, tra monopolio e polipolio, ovvero al problema se il pianeta fosse maturo per il monopolio globale di un’unica potenza o fosse invece un pluralismo di grandi spazi in sé ordinati e coesistenti, di sfere d’intervento e di aree DI CIVILTÀ, a determinare il nuovo diritto internazionale della terra.

315- A quest’ambiguità e inconciliabilità intrinseca nei  concetti spaziali fondamentali corrispondeva un altrettanto grossa ambiguità nel concetto di guerra che questa strana Lega aveva. Da un lato, infatti, essa restava ferma al concetto di guerra militare interstatale del diritto internazionale europeo fino ad allora vigente;  dall’altro lato cercava invece di introdurre, per mezzo di pressioni economiche e finanziarie, nuovi strumenti di costrizione e nuove sanzioni, il che finì per cancellare la guerra non discriminante del diritto internazionale interstatale e, con essa, il fondamento del diritto di neutralità fino ad allora riconosciuto.

324- Sorge così il tipo moderno di accordo internazionale d’intervento. Il controllo e il dominio politico si fondano qui sull’intervento, mentre lo status quo territoriale rimane garantito. Lo Stato esercente il controllo ha il diritto di intromettersi negli affari dello Stato controllato per proteggerne l’indipendenza o il regime della proprietà privata, per salvaguardarne l’ordine e la sicurezza, per tutelare la legittimità o la legalità di un governo o per altre ragioni ancora, sull’esistenza delle quali è esso stesso a decidere con libero apprezzamento. Il suo diritto d’intervento è assicurato dalla presenza di basi militari d’appoggio, porti della marina da guerra e mercantili, insediamenti e dislocazioni territoriali, o in altre forme ancora.

325 – Con ciò l’Europa risultava posta in ombra dall’emisfero occidentale. La stessa Lega di Ginevra vi si era sottomessa fin da principio. Nell’art. 21 del suo statuto si era apertamente piegata dinanzi alla dottrina di Monroe. In quest’articolo si diceva che la dottrina di  Monroe, in quanto entente régionale tesa ad assicurare il mantenimento della pace, « non » era « inconciliabile » con lo statuto della Lega ginevrina.

329- La separazione tra politica ed economia è stata fino ad oggi considerata da numerosi teorici francesi, inglesi e americani  come l’ultima parola del progresso umano, come criterio dello Stato moderno e della civiltà in generale.

333- Questa linea [dell’emisfero occidentale] non creò un nuovo nomos della terra,ma d’altra parte non lasciò neppure sussistere oltre il vecchio nomos del diritto internazionale europeo. Separando violentemente la politica e l’economia, in un’epoca di industrialismo assai intenso, essa finì per confondere il problema dell’ordinamento spaziale del diritto internazionale e le formule, per lungo tempo valide, cujus regio, ejus oeconomia e cujus oeconomia, ejus regio. Con tale linea si credeva di poter ridurre il politico alla facciata esteriore dei confini territoriali e di fare   dell’economico un contenuto sostanziale in grado di travalicare i confini, ma non si potè impedire che al momento decisivo diventasse determinante per la situazione  complessiva il raggruppamento politico secondo amico e nemico. La linea risultò insomma impotente di fronte agli sforzi per il monopolio globale della pace che potenze mondiali più forti, ad occidente e ad oriente, tentavano di imporre. [Economia = produzione?] [Linea di confine = aggiudicazione di territori]

335- La prima guerra mondiale iniziò nell’agosto 1914 come una guerra statale europea di vecchio stile. Le  potenze belligeranti si consideravano reciprocamente  quali Stati sovrani equiparati, i quali si riconoscevano in questa qualità ed erano justi hostes nel senso dello jus  publicum Europaeum. Quello di aggressione non era ancoraun concetto giuridico nel diritto internazionale del tempo. All’inizio stava ancora una dichiarazione formale di guerra

336- In due articoli del trattato di Versailles si trovano gli spunti più importanti per un nuovo concetto di guerra, divergente da quello del diritto internazionale europeo fino ad allora vigente: nell’art. 227, che pone sotto accusa il vecchio imperatore Guglielmo II, e nell’art. 231, il cosiddetto articolo sulle responsabilità di guerra. / 340 – Fu così che l’art. 227, che chiamava in causa una persona determinata, Guglielmo II, per una fattispecie tanto indeterminata e minacciava una pena egualmente indeterminata, conservò in sé la carica di odio tipica di un diritto eccezionale dichiaratamente personalizzato.chiamava in causa una persona determinata, Guglielmo II, per una fattispecie tanto indeterminata e minacciava una pena egualmente indeterminata, conservò in sé la carica di odio tipica di un diritto eccezionale dichiaratamente personalizzato.

337- Con la parola « crimine di guerra » viene oggi designata una quantità di fattispecie diverse tra loro non solo esteriormente e nei dettagli, ma anche nella struttura giuridica. La differenza non è solo teorica. Essa assume subito un grande significato pratico, quando riguarda un’esecuzione giuridica e l’utilizzazione in un

processo. Diventa allora importante la diversità giuridica della fattispecie, che investe tutti i punti qualificanti, tanto nelle questioni del diritto materiale — qual è la fattispecie del crimine? chi è l’autore? chi il complice e il favoreggiatore? — quanto nelle questioni procedurali — chi è l’accusatore? chi l’accusato? quali sono le parti? chi è il giudice e quale il tribunale, e in nome di chi deve essere emessa la sentenza?

339 – L’obbligo per lo Stato vinto di consegnare allo Stato nemico i propri cittadini che fossero stati criminali di guerra. Viene così introdotto un serio mutamento fondamentale riguardante un istituto primario del diritto, l’amnistia.

344- « I capi delle potenze centrali, animati dal desiderio di entrare in possesso del territorio e dei diritti sovrani di altre potenze, si sono gettati in una guerra di conquista, una guerra che per la sua estensione, per l’inutile annientamento di vite umane e di proprietà, per la spietata crudeltà e i dolori insopportabili arrecati, ha superato ogni guerra dell’età moderna. Le prove di questo crimine morale contro l’umanità sono convincenti e decisive. Trattenute dal rispetto per il diritto, che è inseparabile dal sentimento di giustizia, le nazioni che hanno sofferto così crudelmente non avevano però il potere di punire i colpevoli in modo adeguato con gli strumenti della legge. Ma i promotori di questa guerra vergognosa non dovevano passare alla storia senza il marchio dell’infamia. Dovevano dunque comparire alla sbarra del tribunale dell’opinione pubblica mondiale per subire il giudizio dell’umanità nei confronti degli autori del più grande tra i crimini perpetrati contro il mondo ».

349 – Anche qui come già a proposito delle numerose accuse di responsabilità della guerra nella discussione sull’obbligo di riparazione, si presentano le domande: siamo già di fronte a un completo mutamento di significato della guerra? Si è già compiuto il passaggio dal concetto politico di guerra del diritto internazionale interstatale europeo a una guerra discriminante, vale a dire giusta da una parte e ingiusta dall’altra? E può in questo contesto vedersi nel termine aggression il precedente della già perfetta criminalizzazione della guerra d’aggressione?

351- Ogni uomo di Stato e ogni cittadino europeo sapeva che la questione dell’abolizione della guerra coincideva in realtà con quella del disarmo e della sicurezza. Egli poteva valutare le formulazioni giuridiche del problema dell’abolizione della guerra solo sulla base dei loro effetti pratici.

354 – L’orizzonte di filosofia della storia in cui si situa il mutamento di significato della guerra. Shotwell considera la guerra come un fenomeno proprio dello stadio pre-scientifico e /^¿-industriale della  storia umana. In questo stadio tutto sarebbe avvenuto ancora nella prospettiva statica prevedibile, ciclica, del susseguirsi naturale delle stagioni. Il tempo presente, dominato dalla scienza e dall’industria, sarebbe invece imprevedibile e dinamico, così che la guerra non potrebbe essere più controllata. Perciò essa deve essere bandita e sostituita con una giurisdizione internazionale. In ogni caso di azione contro un aggressore dovrebbe essere contemporaneamente attivata una corte internazionale di giustizia con il compito di sopraintendere all’azione stessa.

357- distinguere attentamente se il discorso verte sulla guerra di aggressione in quanto guerra nel suo insieme (nel qual caso si pone la questione se le successive  forme di evoluzione della guerra, guerre di coalizione,  ecc. costituiscano un tutto unitario), o se invece  si intende l’aggressione in quanto fattispecie distinta  dall’eventuale guerra che ne può seguire. Sparare il primo colpo o oltrepassare per primi i confini non coincide evidentemente con l’essere gli autori della guerra nel suo complesso. Il crimine della guerra, il crimine dell’aggressione, il crimine della guerra di aggressione e infine il crimine della guerra ingiusta sono  ovviamente crimini diversi relativi a fattispecie concrete del tutto diverse. Ma per una condanna della guerra nel suo complesso essi si confondevano e a un largo  settore dell’opinione pubblica la loro distinzione appariva un artificio giuridico. (…) aggressione è però solo a prima vista artificiosa e formalistica. Non appena viene posta la questione di definire in che cosa propriamente consistano le azioni di coloro che vengono puniti come criminali, appare subito necessaria una certa precisazione giuridica. Su un piano giuridico la distinzione non è difficile da comprendersi ed è in fondo addirittura indispensabile. Ogni guerra, anche la guerra di aggressione, è normalmente,  in quanto guerra, un processo bilaterale, una lotta da entrambe le parti. L’aggressione, invece, è un atto unilaterale. La questione della liceità o dell’illiceità della guerra, anche di una guerra di aggressione, significa qualcosa di completamente diverso dalla questione della giustizia o dell’ingiustizia di un determinato atto di aggressione, sia che questo atto conduca poi a una guerra, sia che venga bloccato in tempo. Attacco o difesa non sono concetti assoluti, morali, ma eventi legati a situazioni concrete.

359- Quando si dice che la guerra deve essere vietata giuridicamente, si intende ovviamente solo la guerra ingiusta. Il divieto della guerra di aggressione non è semplicemente un caso del divieto della guerra ingiusta. Vi sono infatti anche guerre di aggressione giuste, come ha sempre sottolineato la dottrina tradizionale della guerra giusta (cfr., sopra, p. 95). Resta in piedi, in particolare, la riserva del diritto all’autodifesa, e con essa la riserva di una certa decisione sui mezzi necessari all’autodifesa, così che può risultare pratico persino il vecchio detto secondo cui la migliore difesa è l’attacco. (…) Ogni sforzo di pervenire all’abolizione della guerra si è immediatamente scontrato con l’insieme di tre grandi problemi reali, più politici che giuridici, se proprio si vuole distinguere tra giuridico e politico: la sicurezza, il disarmo e il peaceful change.( = cambiamento pacifico)

363- [Differenza tra proprietario e richiedente, tra proprietà e possesso]

364- Il dilemma tra una mentalità giuridica e una mentalità politica si mostra qui in modo particolarmente arduo e pericoloso. Da un lato è necessaria la precisazione  giuridica, posto che il fine di una criminalizzazione della guerra debba essere realmente conseguito, dall’altro lato l’esigenza (fortemente sentita proprio dalle masse) di stabilire oggettivamente il giusto e l’ingiusto oltre che le responsabilità della guerra, passa in secondo piano e in tali definizioni dell’aggressore restano deliberatamente fuori dell’attenzione le cause più profonde della guerra, quali ad esempio il riarmo generale e la mancanza di sicurezza. Il dilemma tra il trattamento giuridico-formale del divieto della guerra — come quello corrispondente al protocollo di Ginevra del 1924 — e una soluzione oggettiva, politica e morale del grande problema delle cause della guerra — quali il riarmo e la sicurezza — divenne sempre più forte. Applicato  poi a un problema talmente enorme come quello di una guerra condotta con moderni mezzi di annientamento, crebbe fino a diventare un vero incubo.

369- Viene così designato uno spazio che va largamente oltre il territorio statale, un grande spazio nel senso giuridico-internazionale del termine. La tradizionale dottrina americana del diritto internazionale lo costruiva giuridicamente come zona di autodifesa. In realtà ogni autentico impero del gran mondo aveva mantenuto per sé la pretesa di possedere un simile ambito di sovranità spaziale che travalicava i confini dello Stato. Ma di questo fatto solo raramente i giuristi degli Stati mitteleuropei, che erano pigiati gli uni sugli altri ed erano fissati sul loro esclusivo territorialismo dei piccoli spazi, ebbero consapevolezza. Per oltre cent’anni si parlò molto della dottrina Monroe, senza che si riflettesse sul suo significato per la struttura spaziale giuridico-internazionale della terra.  

378- [Linea dell’emisfero occidentale come linea d’isolamento con forza mitica]

381- Chi però ha occhi per leggere e orecchie per intendere sa ricavare anche dal testo e dalla lettera del messaggio di Monroe il fondamentale giudizio di riprovazione morale che viene esteso all’intero sistema politico delle monarchie europee e che conferisce alla linea di separazione e di isolamento americana il suo significato morale e politico e la sua forza mitica. Stranamente, la formula dell’emisfero occidentale era diretta proprio contro l’Europa, l’antico Occidente. Non era diretta contro la vecchia Asia o l’Africa, macontro il vecchio Ovest. Il nuovo Ovest avanzava la pretesa di essere il vero Ovest, il vero Occidente, la vera Europa. Il nuovo Ovest, l’America, voleva sradicare l’Europa, che fino ad allora aveva rappresentato l’Ovest, dalla sua collocazione storico-spirituale, voleva rimuoverla dalla sua posizione di centro del mondo.

383 La pretesa dell’America di essere la vera Europa, l’egida del diritto e della libertà (…)  Milioni di Europei delusi e disillusi lasciarono allora, nel XIX secolo, la vecchia Europa reazionaria ed emigrarono in America, per iniziarvi una nuova vita in condizioni verginali. Il falso cesarismo di Napoleone III e le correnti reazionarie negli altri paesi europei mostrarono, dopo il 1848, che l’Europa non era in grado di risolvere i problemi sociali, politici e spirituali che erano stati sollevati con tanta forza nel decennio  precedente al 1848 in Francia, Germania e Italia. Non si deve dimenticare che il Manifesto comunista risale al 1847 e che già nel 1842 Bakunin era comparso a Berlino. Invece di cercare una risposta, tutti i popoli e i governi europei del tempo si affrettarono dopo il 1848 a soffocare la profonda problematica che era venuta alla luce sotto il nome di socialismo, comuniSmo, ateismo, anarchismo e nichilismo e a ricoprire l’abisso con costituzionalistica. I grandi critici di quest’epoca sono stati singoli individui isolati e inattuali: Kierkegaard e Donoso Cortés, Bruno Bauer e Jacob Burckhardt, Baudelaire e – infine – Nietzsche. Nei confronti di una simile Europa, che era ormai solo reazionaria, l’autoconsapevolezza americana di costituire la nuova e vera Europa conteneva in sé una grandiosa pretesa storico universalistica.

386 -Un  importante rilievo critico del giovane Marx, risalente agli anni 1842-43, prende spunto dalla diagnosi hegeliana e la prosegue, citando anch’esso in particolare gli Stati Uniti d’America. Karl Marx osserva che tanto nelle repubbliche quanto nelle monarchie del secolo XIX è la proprietà privata borghese a determinare la vera costituzione e lo Stato. In seguito alla separazione tra Stato e società e tra politica ed economia, il contenuto materiale dello Stato politico viene a porsi fuori della politica e della costituzione.

388- E’ spesso accaduto nel corso della storia che popoli e imperi si isolassero dal resto del mondo e cercassero di proteggersi dal rischio di un’infezione mediante una linea di difesa. Il problema è solo quello di vedere a quale comportamento dia luogo una simile chiusura e un simile isolamento dagli altri popoli. La pretesa dell’America di rappresentare il nuovo mondo,

393- Ogni riconoscimento giuridico-internazionale significa, nella sostanza, che chi esercita il riconoscimento ritiene gli effetti prodotti da un mutamento territoriale o da un nuovo regime sull’ordinamento spaziale esistente o ancora da formare compatibili con questo ordinamento spaziale. [Dottrina Stimson .> 408 – La dichiarazione di Stimson dell’8 agosto 1932 conteneva anche — e in maniera del tutto consapevole — l’espresso rifiuto della guerra-duello e l’aperto passaggio alla criminalizzazione.] /394 – Tali esempi sono il riconoscimento degli insorti come belligeranti e il riconoscimento di un nuovo governo. Entrambi sono particolarmente  istruttivi ai fini della questione dell’ordinamento spaziale, poiché fanno capire in modo quanto mai chiaro che l’intervento è inseparabile da ogni forma di esistenza giuridico-internazionale e indica, nel sistema complessivo del diritto internazionale, il punto in cui la guerra si converte in guerra giusta – il che vuol dire: in guerra civile. Prima delle due guerre mondiali la rappresentazione della guerra negli Stati Uniti si era potuta formare – se si eccettuano le guerre coloniali e le guerre con gli Indiani – soltanto in base alla grande esperienza di due guerre civili’, la guerra d’indipendenza del 1775-83 e la guerra di secessione del 1861-65. (…) In realtà i precedenti casi di riconoscimento di belligeranti di solito ricordati non erano altro che l’espressione del controllo e dell’intervento esercitato dalle potenze dominanti, le quali davano luogo in questa maniera a guerre ufficiali nel senso giuridico-internazionale, riconoscevano justi hostes e infine provocavano quei mutamenti territoriali che esse stesse ritenevano compatibili. Il riconoscimento degli insorti greci (1821) da parte delle potenze europee dominanti è a questo proposito un tipico esempio. [Guerra civile spagnola e non riconoscimento di nessuna delle parti = intrinseco nichilismo del diritto internazionale del tempo ]

400- Ogni riconoscimento che una grande potenza pronuncia nei confronti degli insorti di un altro Stato rafforza il potenziale di lotta non solo morale, giuridico e propagandistico, ma anche militare di questi insorti, rei di alto tradimento e di sabotaggio, e ciò in modo immediatamente effettivo. Di fronte a questo dato di fatto tutte le affermazioni relative al carattere soltanto fattuale o dichiarativo del riconoscimento sono semplicemente false. Se si astrae dalla justa causa e si riconosce un bellum justum degli insorti, ciò rappresenta per il governo legale — proprio in ragione dell’astrazione  da tutte le questioni giuridiche — un grave danno e anche un grave torto. [RICONOSCIMENTO = INTERVENTO]

408 – Lo stesso segretario di Stato Stimson aveva precisato la sua concezione dello spazio in una conferenza tenuta il 9 giugno 1941 di fronte ai cadetti di Westpoint. La terra intera, egli affermava, non era allora più grande di quanto all’inizio della guerra di secessione, nel 1861, fossero gli Stati Uniti d’America, i quali già a quel tempo erano troppo piccoli per contenere ilSud. È questa in effetti un’affermazione davvero importante per il problema del nuovo nomos della terra, soprattutto se si richiamano alla memoria le precisazioni che abbiamo fatto a proposito del principio cujus regio, ejus oeconomia e del suo rovesciamento altamente moderno cujus oeconomia, ejus regio

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